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28 Agosto 2014 SCIENZA
di Francesca Federici http://www.nationalgeographic.it
SCOPERTO UN GENE DEI TIBETANI PER VIVERE IN ALTA QUOTA
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Una mutazione genetica di ottomila anni fa è alla base dell'adattamento dei tibetani alla vita al di sopra dei quattromila metri.

Le popolazioni dell'altopiano tibetano che vivono tra i 4000 e i 5000 metri sul livello del mare, dove per i più è difficile sopravvivere, hanno ereditato dai loro antenati un gene che li protegge dai rischi dovuti alla scarsità di ossigeno in alta quota. Questo il risultato di uno studio condotto dagli scienziati della University of Utah e pubblicato su Nature genetics il 17 agosto scorso, il primo a individuare una causa genetica dell'adattamento.

In risposta alla bassa concentrazione d'ossigeno, ridotta del 40 percento al di sopra dei 4000 metri, il nostro corpo produce più globuli rossi, nel tentativo di portare sufficiente ossigeno ai tessuti. Sebbene utile nell'immediato, l'aumento di queste cellule del sangue causa un addensamento del sangue stesso che, nel lungo periodo, può innescare serie complicazioni cardiache.

Il fatto che le popolazioni che vivono ad alta quota, per esempio negli altopiani del Tibet e delle Ande, non soffrano di questo problema ha spinto il team di scienziati internazionali a cercare nei geni dei tibetani la spiegazione di questa differenza.

"I risultati ottenuti dallo studio, " commenta Josef Prchal, professore di medicina interna presso la University of Utah e autore principale dell'articolo, "ci permettono di capire gli aspetti unici dell'adattamento dei tibetani all'altitudine, e di comprendere meglio l'evoluzione umana."

È una storia di scienza tanto quanto di diplomazia culturale. Per Prchal, infatti, non è stato facile reclutare dei volontari per la ricerca. Dopo essersi recato più volte in Asia per incontrare gli ufficiali cinesi e i rappresentanti dei tibetani esiliati in India al fine di ottenere i permessi per le sue ricerche, si è reso conto che i suoi sforzi erano inutili: i tibetani, diffidenti nei confronti degli stranieri, si rifiutavano di donare il sangue per le analisi.

Ma al suo ritorno negli Stati Uniti, Prchal è venuto a sapere di un medico nativo tibetano, Tsewang Tashi, appena arrivato allo Huntsman Cancer Institute della University of Utah. Alla richiesta di aiuto di Prchal, Tashi ha subito risposto offrendo il suo appoggio: "Ho capito che le ricerche di Prchal erano importanti non solo dal punto di vista scientifico, ma anche per capire cosa vuol dire essere tibetani." L'appoggio di Tashi, insieme a una lettera di sostegno da parte del Dalai Lama a lungo attesa, hanno permesso a Prchal di guadagnarsi la fiducia dei tibetani: più di 90 soggetti, sia dagli Stati Uniti che da altri paesi, si sono offerti volontari per lo studio.

Il duro lavoro è stato ben ripagato dall'interessante storia che il DNA dei tibetani ha da raccontare. Circa 8000 anni fa, il gene EGLN1 ha subìto una modificazione puntiforme nella sequenza di DNA che lo costituisce. Al giorno d'oggi, dopo un tempo relativamente breve sulla scala della storia dell'uomo, l'88 percento dei tibetani ha questa variazione genetica, che è virtualmente assente negli asiatici dei bassopiani strettamente legati al ceppo d'origine dei tibetani.

Le ricerche di Prchal, in collaborazione con esperti di tutto il mondo, hanno evidenziato che è proprio la mutazione di questo singolo gene a far sì che il sangue dei tibetani non si addensi in alta quota, evitando gravi complicazioni cardiache. Studi precedenti avevano già mostrato che le variazioni di alcuni geni sono legate alla resilienza delle popolazioni all'altitudine, ma non era ancora stata dimostrata la presenza di una specifica mutazione responsabile dell'adattamento.

Queste scoperte non sono che un capitolo di una storia molto più lunga. L'adattamento genetico causa probabilmente altri cambiamenti fisici che devono ancora essere compresi. Inoltre, dato che l'ossigeno gioca un ruolo centrale nella fisiologia umana e nelle malattie, una comprensione profonda di come funziona l'adattamento all'alta quota potrebbe portare a nuovi approcci terapeutici per varie malattie, compreso il cancro.

TAG: DNA