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1 Marzo 2005 ARCHEOLOGIA
Saverio Gaeta La redazione di La Porta del Tempo
Il Volto del Risorto – La Reliquia di Manoppello è il «velo della Veronica»
tempo di lettura previsto 8 min. circa

Nei Vangeli canonici il cammino lungo la "via dolorosa" dalla residenza di Pilato – dove Cristo fu sbeffeggiato dai soldati e ricevette sul capo la corona di spine – fino al luogo della crocifissione è liquidato in poche frasi. Ci si limita a sottolineare l´aiuto che Simone di Cirene fu costretto a dargli per portare la croce. (...) La presenza di quell´uomo a quell´ora nei pressi di Gerusalemme, invece che al lavoro nei campi, è un forte indizio di credibilità, perché i rabbini suggerivano nel venerdì precedente la Pasqua di tornare a casa proprio verso mezzogiorno, in modo da potersi preparare adeguatamente alle cerimonie rituali. Più dettagliate sono alcune narrazioni degli apocrifi e soprattutto di alcune mistiche – in particolare Caterina Emmerich e Maria Valtorta – che ebbero numerose visioni sugli eventi di quelle ore. Una figura che emerge in questi ultimi racconti, è quella della Veronica, la donna che lungo la strada verso il Calvario asciugò il volto di Gesù e si ritrovò prodigiosamente impressa sul velo la sua immagine. I biblisti non danno credito storico a questo evento, ma la tradizione ecclesiastica lo commemora nella sesta stazione della Via Crucis, che si celebra in tutte le chiese cattoliche del mondo durante i riti del Venerdì santo. Fu in particolare il francescano Leonardo da Porto Maurizio, a metà del Settecento, a promuovere questa pia devozione, tuttora ripetuta ogni anno anche dal papa nella scenografica cornice del Colosseo romano.

(...)

Il luogo della Crocifissione si trovava all´esterno dell´antico perimetro delle mura cittadine, nei pressi della porta nord-occidentale di Gerusalemme, all´inizio della strada diretta al capoluogo di Cesarea. Il nome del luogo era Golgota e derivava dalla forma del piccolo promontorio che appariva come una specie di teschio: l´ebraico gulgolet e l´aramaico golgolta significavano appunto "cranio". Lo sperone roccioso è tutt´ora visibile all´interno della Basilica del Santo Sepolcro, nel cuore di Gerusalemme, e la tradizione ha da sempre identificato con certezza il punto esatto, sul quale sin dai primi secoli si sono susseguiti i pellegrinaggi dei devoti.

Dall´ora sesta fino all´ora nona, ossia da mezzogiorno alle tre del pomeriggio, si fece buio su tutta la terra. Al momento in cui Gesù "emise lo spirito", racconta il Vangelo, «il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo, la terra si scosse, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono, e molti corpi di santi morti risuscitarono. E uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti. Il centurione e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, sentito il terremoto e visto quel che succedeva, furono presi da grande timore, e dicevano: "Davvero costui era il Figlio di Dio"» (Matteo 27, 51-54).

Ancora oggi i pellegrini che entrano nella Basilica del Santo Sepolcro possono intravedere uno squarcio laterale nella roccia del Golgota, testimonianza della scossa tellurica narrata dal Vangelo di Matteo. A poca distanza c´è la tomba di Gesù, quel "sepolcro nuovo in cui non era ancora stato posto nessuno" che Giuseppe d´Arimatea aveva predisposto per sé e che offrì generosamente nel momento in cui occorreva allestire una sepoltura per il Signore. Il patriarca Cirillo di Gerusalemme così descrisse l´ambiente che vide a metà del IV secolo: "Vi si accede per una piccola porta alta un po´ meno di una persona. Scesi alcuni gradini, si entra nel vestibolo che può contenere alcune persone. Quindi si entra nella cameretta sepolcrale che di lato ha un loculo per un solo cadavere".

La necessità di agire rapidamente per seppellire Gesù era dettata dalla Legge giudaica (...) Nel momento in cui moltissime persone stavano per giungere in città in vista delle celebrazioni pasquali del sabato, non si poteva correre il rischio di una contaminazione che avrebbe persino impedito il compimento dei riti nel Tempio.

Per gli ebrei il sabato non coincideva, come si sente talvolta dire, al tramonto del sole del venerdì, bensì quando compariva la terza stella in cielo. In quel 7 aprile 30, secondo la ricostruzione del sindonologo monsignor Giulio Ricci, il sole calò intorno alle 18:08 e la terza stella apparve circa un´´ora più tardi. Dunque furono disponibili alcune ore dal momento della morte a quello della sepoltura. (...)

A deporre Gesù dalla croce pensarono probabilmente i servitori di Giuseppe, che era un uomo ricco e autorevole. Poi il suo corpo venne poggiato su una lastra di pietra, in modo da poterlo ricoprire con il telo funerario. Gli ebrei normalmente venivano seppelliti con le loro vesti, ma nel caso dei condannati a morte le vesti divenivano di proprietà dei soldati. Per questo motivo Giuseppe aveva acquistato un rotolo di tessuto che fu posto sotto il corpo di Gesù e quindi avvolto sopra di lui. Sulla faccia gli venne poggiato un altro velo, presumibilmente per non fare evaporare troppo in fretta i tradizionali aromi. Per iniziativa di Nicodemo – uno dei personaggi più ricchi di Gerusalemme, che si era convinto della divinità di Gesù e aveva cercato di difenderlo dinanzi agli altri membri del Sinedrio – vennero infatti versate sulla sindone e nel sepolcro ben cento libbre (circa 32 chili e 700 grammi) di mirra e di aloe, una mistura protettiva contro la putrefazione dei cadaveri.

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Secondo la tradizione funeraria del popolo d´Israele, la tomba restava accessibile per tre giorni, in modo da constatare che non si trattasse di una morte apparente; in questo lasso di tempo il Talmud babilonese Semahot consentiva l´esame del corpo senza che vi fossero sospetti di superstizione. (...) Per Gesù si provvide invece a chiudere la tomba, perché era la vigilia di una festa durante la quale non sarebbe stata ammessa alcuna onoranza funebre (...).

Soltanto all´alba della domenica alcune donne, fra le quali tutti i quattro evangelisti citano Maria di Magdala, si recarono al sepolcro con gli aromi rituali, scoprendo però che la pietra era stata rotolata via e nel loculo non c´era più Gesù. E´ uno degli aspetti più significativi del racconto evangelico, che tronca alla radice qualsiasi illazione sui Vangeli come testi apologetici, in quanto le donne non erano ammesse dal diritto semitico a testimoniare: se dunque vengono citate proprio loro, appare evidente che non se ne poteva fare a meno, poiché la realtà dei fatti lo rendeva indispensabile, al di là di ogni convenienza.

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L´evangelista Giovanni, raggiunto da Maria di Magdala che era andata a riferire della scomparsa del cadavere, si mosse di corsa insieme con Pietro verso il sepolcro, dove giunse per primo. (...) «Chinatosi, vide le bende per terra, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende per terra, e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte. Allora entrò anche l´altro discepolo che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Non avevano infatti ancora compreso la scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti » (Giovanni 20, 5-10)

Tre sole parole all´ottavo versetto "vide e credette" ma sufficienti per dare origine in questi duemila anni a innumerevoli studi biblici e interpretazioni esegetiche. Quale sia il motivo di questa fede successiva ad una precisa visione non sembra infatti chiaro, leggendo il brano così come proposto dalla traduzione approvata dalla Conferenza Episcopale Italiana (...)

Nel suo Vangelo, Giovanni si avvale di ben sei verbi per indicare l´atto della visione: blépeon, horan, opsomai, theásthai, theoreîn e idein. Ed è proprio quest´ultimo ad essere adottato al capitolo 20, 8, nel "vide (eîden) e credette": (...) In questa breve affermazione, c´è dunque un raddoppiamento di concetto, si potrebbe dire, come se Giovanni avesse voluto rafforzare al massimo il significato di quelle tre parole.

Ciò che da alcuni esperti è stata proposta come traduzione alternativa per il brano di Giovanni 20, 5-8 offre una motivazione più valida e fa riferimento al passaggio del corpo di Gesù, nel momento della risurrezione, attraverso i teli funerari (...).

Lo studioso Don Antonio Persili, recuperando e approfondendo proposte di altri studiosi (ma anche di antichi padri, come Cirillo di Gerusalemme, e Cirillo di Alessandria), ha avanzato una suggestiva ipotesi di traduzione: Giovanni "chinatosi, scorse le fasce distese, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e contemplò le fasce distese (afflosciate, vuote, ma non manomesse) e il sudario, che era sul capo di lui, non con le fasce disteso, ma al contrario avvolto (rimasto nella posizione di avvolgimento, rialzato, ma non sostenuto nell´interno, perché vuoto) in una posizione unica (eccezionale, perché contro le leggi della gravità).

(...)

Leggermente diversa, ma sul medesimo solco, è la versione di monsignor Francesco Spadafora, che è stato docente di greco biblico nella Pontificia Università Lateranense: Giovanni vide « i pannilini (fasce e lenzuolo) giacenti (appiattiti) e il sudario – che era stato sul capo di Gesù – giacente (anch´esso), non con i pannilini ma a sé stante, avvolto com´era stato avvolto nella stessa posizione (di prima). »

L´idea è condivisa anche da altri. In particolare il noto biblista Jean Galot si è soffermato sull´accento che Giovanni pone nel distinguere fra sindone e sudario: di quest´ultimo, infatti, l´evangelista non parla al momento della sepoltura, ma soltanto dopo la risurrezione, come se improvvisamente questo tessuto avesse acquistato un´importanza nuova, che prima non aveva.

(...)

Che cosa avrebbe dunque visto Giovanni, tanto da essere portato a credere? Secondo don Persili e quanti condividono la sua tesi (compreso Vittorio Messori, nel volume "Dicono che è risorto – un indagine sul Sepolcro Vuoto"):

«Le prime tracce della risurrezione di Gesù si presentarono così: le fasce erano distese sulla pietra sepolcrale, perché ormai vuote, ma intatte, senza segni di effrazioni o manomissioni; il sudario, al contrario, come se ancora avvolgesse il capo di Gesù era rimasto rialzato e avvolto, irrigidito anche per l´improvviso asciugarsi degli aromi »

© Saverio Gaeta 2005

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