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25 Settembre 2009 ARCHEOLOGIA
Corriere della Sera
GHIACCIO SULLA LUNA, arriva la seconda prova da una sonda indiana
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La sonda indiana Chandrayaan-1 in orbita lunare ha regalato un altro indizio circa la possibile presenza di ghiaccio d'acqua nei primi millimetri superiori delle sabbie seleniche. In passato le sonde Clemetine del Pentagono e Lunar Prospector della Nasa avevano fornito un altro tipo di prova. Ora Carle Pieters della Brown University di Providence (Usa) analizzando i dati trasmessi dalla sonda di New Delhi assieme a quelli raccolti da altre due sonde americane (Cassini nel 1999 mentre era in viaggio verso Saturno e Deep Impact nel giugno 2009 in volo verso la cometa Hartley), ha scoperto la possibile esistenza di molecole d'acqua e di idrossile nei primissimo strato superiore della superficie. Lo studio uscirà sulla rivista Science.

IPOTESI - Gli atomi di idrogeno portati dal vento solare si combinano con atomi di ossigeno presenti nel suolo e formano molecole d'acqua, oppure si accoppiamo con altri materiali ricchi di ossigeno formando idrossili. La loro esistenza sarebbe suggerita da una lunghezza d'onda assorbita della radiazione solare. Misurando quale e quanta luce viene riflessa si nota l'assorbimento che sarebbe, appunto determinato, dalla presenza dei due tipi di molecole. «È interessante, affascinante e utile in prospettiva, questo risultato. Si apre un nuovo campo di studi che pone molte domande a cui bisogna trovare delle risposte», dice con cautela Paul Spudis, uno dei più importanti specialisti americani della geologia lunare. «Se c'è davvero, la quantità possibile ricavabile è comunque minima», nota Carle Pieters, «e quella ricavabile con metodi estrattivi ancora da inventare da un'estensione pari a un campo di calcio potrebbe riempire a malapena un bicchierino».

PROVE - Un altro aspetto è legato alla località dove si troverebbe. Questa molecole sono state notate nelle zone dove si registra il sorgere e il tramontare del Sole. La sua quantità è variabile sia nel tempo che nel luogo. Ci può essere in un momento e scomparire in un altro. Quindi se in teoria si pensa a una risorsa utilizzabile da future colonie di astronauti il dato è interessante ma anche molto contenuto nel significato. Finora con i radar da terra e con le ricognizioni di Clemetine e Lunar Prospector si era rilevato un flusso di neutroni che si ipotizzano essere emessi dall'idrogeno presente nel ghiaccio d'acqua conservatosi nei crateri dei poli lunari dove non arriva mai la luce del Sole. Proprio con questa premessa si è organizzata una spedizione che avrà il momento più importante il 9 ottobre prossimo quando in un cratere del polo Sud (finora è stato identificato un gruppo di possibili crateri a poca distanza fra loro, ma non ancora il cratere preciso come qualche fonte di informazione ha affermato nei giorni scorsi) verranno fatti schiantare l'ultimo stadio di un razzo Atlas V e una sonda (LCROSS) i quali solleveranno una gigantesca nube di polvere che sarà analizzata prima dalla stessa LCROSS e poi anche da un'altra sonda (LRO) in orbita lunare. Ad esse si aggiungeranno osservazioni con i telescopi terrestri. Questa sarà la prova più importante per l'eventuale ghiaccio esistente nei crateri che sarebbe stato portato da antiche comete. Se così fosse la quantità di acqua disponibile sarebbe ben maggiore per la futura colonia rispetto a quello volatile ed effimero forse esistente nei primi millimetri di regolite lunare. Fra poco sapremo la risposta. Intanto la sonda indiana Chandrayaan-1 ha smesso di funzionare nell'agosto scorso dopo dieci mesi di osservazioni e non potrà fornire ulteriori supporti all'ipotesi ad essa legata.

Giovanni Caprara

TAG: Geologia