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10 Febbraio 2005 PALEONTOLOGIA
Newswise
NUOVI STUDI AFFERMANO L´AFFIDABILITÀ DEI DATI FOSSILI
tempo di lettura previsto 4 min. circa

I dati fossili potrebbero non essere perfetti, ma hanno passato un test critico a pieni voti, secondo uno studio dei paleontologi dell´Università di Chicago, guidati dalla dr.ssa Susan M. Kidwell, che sarà pubblicato sul numero dell´11 febbraio della rivista Science.

Mentre i fossili degli affascinanti dinosauri ottengono il più dell´attenzione, si è ancora distanti dal riuscire a rispondere alla domanda più difficile circa l´evoluzione della vita sulla Terra. Così, per decenni, i paleontologi si sono dedicati all´esame delle creature dotate di guscio come ricci di mare o molluschi, il cui enorme numero e distribuzione geografica rende i loro fossili un indicatore molto migliore della storia della vita. Ma i paleontologi sono anche preoccupati che alcuni di questi fossili si siano disintegrati in modo molti più rapido degli altri, così che i resti raccolti oggi potrebbero non rappresentare le vere proporzioni della vita passata, riscrivendo le precedenti conclusioni.

Per verificare questo sospetto, Kidwell ha accuratamente analizzato i dati fossili dei bivalve marini, un gruppo diversificato di molluschi con il guscio, che includono pettini, ostriche, e mitili. Lo studio ha confutato le attuali convinzioni, secondo le quali l´andamento dei dati fossili sarebbe determinato dalle differenze nella durezza dei gusci tra le diverse linee evoluzionistiche.

Tutte le analisi sul modo in cui la composizione delle conchiglie possa aver distorto i dati sui bivalve negli ultimi 500 milioni di anni, hanno evidenziato sia nessun effetto, che l´effetto opposto, paragonato a quello che ci sarebbe aspettati se la preservazione delle conchiglie fosse il fattore più importante. "Le grandi linee dei dati bivalve possono essere considerate come un quadro attendibile della storia evoluzionistica" ha dichiarato Kidwell, il cui lavoro è stato supportato da un finanziamento della Fondazione Nazionale della Scienza.

Ciononostante, non si discute che, seppure inizialmente abbondanti, anche i gusci duri possano essere spariti dai dati fossili.

"I gusci potrebbero essere stati schiacciati da predatori o da ondate in tempesta, disintegrate da acidi e microbi nei sedimenti che li seppellirono, o dissolti durante il loro interramento in profondità o dall´acqua sorgiva nel corso dello scorrimento continentale. Più antiche sono le rocce, e più probabile che intervenga una qualche forma di distruzione" ha spiegato. "Basandosi su esperimenti sul breve termine, alcuni tipi di gusci dovrebbero essere più inclini alla distruzione che altri. Così la domanda è, in che modo queste perdite si sono andate a sommare sul lungo termine?

Per scoprirlo, Kidwell ha esaminato la struttura dei gusci di esseri viventi e di fossili, dalla letteratura scientifica. "Ogni guscio bivalve è composto di carbonato di calcio" ha spiegato "lo stesso materiale del guscio dell´uova degli uccelli. Ma i bivalve possono produrre due differenti forme minerali di carbonato, e, oltre a ciò, possono formare cristalli di minerale di diverse forme e dimensioni ed impacchettarli entro un´ampia varietà di tessuti. Queste differenze nella reattività potrebbero distorcere il segnale dai dati storici."

Le ostriche creano gusci di una forma particolarmente stabile di carbonato di calcio, per esempio, mentre le lumache si dissolvono più prontamente se immerse in acqua di sorgente. I mitili usano entrambe le forme minerali, ma hanno molto più materiale organico nel loro guscio, dei pettini, che sono composti di due minerali, e così si disintegrano in modo relativamente rapido per la perdita della loro matrice organica.

"Tutte queste differenze nelle condizioni di preservazione potrebbero aggiungersi ad un dato fossile secondo cui lumache, muscoli ed i loro equivalenti hanno – in via preferenziale – perso o assottigliato il loro guscio, e determinato il prevalere di un dato fossile che favorisce gli organismi cui accadde di mantenere gusci più durevoli" ha spiegato Kidwell.

Ma a dispetto dei decenni di ricerche riguardo questi effetti, si sono rivelati minori, sostiene Kidwell.

Ha combinato il suo inventario sulla composizione di conchiglie raccolto attorno al mondo, con un database globale della gamma geologica di tutti i bivalve noti, che era stato creato da Jack Sepkoski, anch´egli dell´Università di Chicago. Quindi ha verificato i dati che, in questo contesto, era più probabile fossero stati modellati dalla preservazione dei fossili che dalle vere e proprie dinamiche evoluzionistiche.

"Non vi è traccia del fatto che la preservabilità sia la molla che fa scattare il processo" ha dichiarato. Infatti, i gruppi di bivalve aventi gusci che sembravano avere meno probabilità di essere preservati, in realtà avevano una più lunga durata evoluzionistica delle forme con gusci più duri.

"Questo risultato, francamente sorprendente, potrebbe avere diverse spiegazioni – molta ridondanza nei dati fossili sulla scala dei letti individuali, per esempio, o forse qualche rimineralizzazione compensativa e stabilizzazione dei tipi di guscio altamente reattivi" ha spiegato Kidwell. "Ma qualunque sia la causa ultima, i risultati sono fondamentalmente una buona notizia per i paleontologi ed i biologi dell´evoluzione.

"I dati fossili non sono completi – la grande maggioranza dei gusci individuali bivalve viene indubitabilmente riciclata in calcio, carbonio ed ossigeno. Ma perfino se vi è un grande potenziale perché il riciclo alteri la completezza dei dati di alcuni gruppi di bivalve rispetto agli altri, non vi sono evidenze del fatto che i contesti, sul lungo termine, possano esserne influenzati."

E poiché i bivalve coprono una gamma così vasta di tipi di gusci, questi risultati suggeriscono che le linee di tendenza dei dati fossili, come per le lumache, ricci di mare e coralli, potrebbero essere comparativamente non influenzate, ha spiegato Kidwell.

TAG: Dinosauri