Si è capovolto e inabissato nelle acque a largo della capitale omanita Mascate il battello ricostruito sperimentalmente da alcuni studiosi sul modello delle imbarcazioni che nel terzo millennio avanti Cristo avevano l'esclusiva del commercio tra la Mesopotamia e la valle dell'Indo. Come 5.000 anni fa, ieri sera "Magan" doveva raggiungere l'India seguendo la più antica rotta commerciale conosciuta, ma è affondato poco dopo essere salpato dal porto di Sur, a 300 chilometri da Mascate. Gli 8 studiosi di navigazione antica che l'avevano progettato e si trovavano a bordo sono stati tratti in salvo.
Lo scafo capovolto è stato recuperato in mare dopo il naufragio. Carpentieri ed esperti a bordo della nave appoggio hanno tentato di riparare il battello, per vedere se fosse possibile fargli riprendere il mare e portare a compimento il tentativo. Gli studiosi di storia della navigazione, tra i quali c'è anche un italiano, avevano fedelmente ricostruito la nave sul modella di un'antica imbarcazione di 5mila anni fa e volevano tentare, con i soli strumenti e le tecniche usate dai navigatori dell'età del bronzo, arrivare in India sfruttando il monsone che in questa stagione è favorevole.
Quella ricostruita per questa impresa di archeologia sperimentale è la nave oceanica più antica conosciuta: frammenti di scafo costituiti da corde tenute insieme da bitume, rinvenuti da archeologi italiani e francesi sulla costa omanita, hanno ispirato il progetto del battello. Diversi ritrovamenti avevano ispirato gli studiosi a ricostruire modellini di quelle antiche navi.
Per rendere più realistico il viaggio, il battello salpato ieri e purtroppo affondato, trasportava un carico con i generi commerciali che il Paese di Magan esportava verso l'India: miele, incenso, rame, ed altro. La volontà di ricostruire il viaggio per mare come lo vivevano i marinai di cinquemila anni fa, non ha fatto dimenticare la prudenza: il battello è stato seguito passo dopo passo da una moderna nave militare di appoggio logistico, il cui intervento è stato infatti provvidenziale.
Idealmente, il papà della "Nave di Magan" è un italiano. Era il 1985 quando l'archeologo Maurizio Tosi, a capo di una spedizione italo-francese con il collega Serge Cleuziou, scoprì centinaia di pezzi di bitume spessi un paio di centimetri nel pavimento dei magazzini del porto di Ras 'al-Jins. L'insediamento risale all'antica Età del bronzo, ed era un villaggio stagionale di pescatori che si erano insediati in quel punto per sfruttare la pescosità del luogo.
Osservando i reperti, gli archeologi notarono una particolarità: da un lato c'erano segni di corde e stuoie, mentre dall'altro impronte di crostacei dei mari tropicali. Intuirono così che dovevano essere i resti di antiche imbarcazioni e Tosi si mise in testa di ricostruirle.
Per riuscire nell'impresa, l'archeologo Tosi si è affidato al collega americano Tom Vosmer, che nel 1980 aveva ricostruito la nave di Sinbad. Il progetto è partito nel 1997: con l'aiuto di alcuni ricercatori dell'Università di Bologna, Vosmer ha prima disegnato un modello della nave al computer, quindi (nel 1999) ha realizzato un modellino in scala 1:20, e infine nel 2002 a Ravenna ha costruito un prototipo in scala 1:3. Subito dopo si è trasferito in Oman e lì sono iniziati i lavori per la versione definitiva della nuova Nave di Magan.
Le canne sono tenute insieme da corde realizzate da esperti indiani con pelo di capra, mentre per rivestirle è stato utilizzato un bitume naturale giunto apposta dall'Iraq. Ne è servita una tonnellata: a stenderlo hanno provveduto direttamente alcuni marinai di Bassora che lo usano ancora sulle loro barche da palude. Infine, dopo aver ricoperto esternamente lo scafo con delle stuoie, sono stati montati due alberi uniti sulla cima e leggermente spostati verso la prua dell'imbarcazione. Così lo scorso 11 luglio la nave era stata varata.
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