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21 Luglio 2003 PALEONTOLOGIA
ABC news
UN UTENSILE INSANGUINATO RACCONTA LA STORIA DEGLI OMINIDI
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Tracce di sangue e grasso su un utensile di pietra di due milioni di anni or sono, trovato in Sud Africa, offrono indizi circa quel che gli ominidi mangiavano e come vivevano, ha dichiarato un ricercatore australiano.

L´archeologo molecolare, il Dr Tom Loy dell´Università del Queensland, ha riportato la sua analisi sui residui biologici trovati su una pietra di quarzo ad una recente conferenza di antiche biomolecole a Brisbane.

"Le ho esaminate, e ho trovato tracce di sangue ovunque" ha dichiarato Loy degli strumenti, che sono tra i più antichi del loro genere, e provengono dalle grotte di Sterkfontein, 60 km a nordovest di Johannesburg.

Loy ha trovato globuli bianchi e rossi intatti e frammentati; cellule dei grassi dal midollo osseo, collagene da legamenti e tendini; tessuto muscolare e perfino capelli degradati sullo strumento.

Ha trovato inoltre residui di legno, cheratina grattata da corna e molecole di amido, che ha dichiarato, provenivano da una pianta che cresce ancora nell´area.

"Mangiavano carne e tuberi" ha dichiarato Loy. "I residui sugli strumenti di pietra ci dicono quel che mangiavano, che tipo di strumenti usavano; di corno, osso, e legno" ha spiegato. "Non avevamo mai avuto modo di studiare materiale simile prima d´ora".

Loy ha dichiarato che il cosiddetto strumento di Oldowan ci offre indizi circa il livello di evoluzione degli ominidi.

STRUMENTI SPECIFICI PER MISSIONI SPECIFICHE

Seppure gli strumenti siano rudimentali, con un lato affilato ed un piccolo ornamento, ci dimostrano che gli ominidi erano specializzati nel lavorare materiali differenti, come l´osso.

Loy ha dichiarato che alcuni pezzi di osso lavorato sono stati trovati a Sterkfontein.

"La cosa che differenzia gli umani da qualsiasi altro organismo è la nostra abilità a pensare tre passi avanti. Chiaramente gli ominidi pensavano avanti" ha dichiarato.

"Un ominide prende una roccia, crea o trova lo spigolo più appropriato, quindi esce e trova un osso e lavora l´osso per trasformarlo in uno strumento per qualcosa d´altro. Per me questa è sapienza, questo è essere umani, malgrado fossero altri solo quattro piedi ed avessero un terzo del nostro cervello."

Loy ha dichiarato che le sue scoperte sfidano anche l´idea che gli ominidi si nutrissero di carne senza però cacciarla.

"La più comune ricostruzione di ominidi li rappresenta come una piccola unità familiare che si sposta nella campagna nascondendosi in grotte o sotto gli alberi alla notte, per tenersi alla larga dai predatori; che si nutre di noci, insetti, semi, ed occasionalmente grattando un po´ di carne dalle carcasse di animali morti."

Ma Loy ha dichiarato che il sangue scoperto sullo strumento indicherebbe la sua provenienza da animali uccisi di recente, e che l´ipotesi che fossero gli ominidi stessi a cacciarli è più probabile, poiché avrebbero avuto poche possibilità di competere con altri cacciatori o altri animali che si nutrivano di rifiuti.

"Non riesco proprio ad immaginare un gruppo di piccoli ominidi che allontana i leoni o gli avvoltoi da una carcassa" ha dichiarato.

LEGGERE IL PASSATO

Per identificare i residui sulla pietra, Loy ha creato copie identiche degli strumenti e li ha usati su una varietà di materiali. Ha quindi studiato come le proteine ed altre molecole sopravvivevano nel corso del tempo sulla superficie della pietra.

Ciò gli ha permesso di identificare motivi simili sugli strumenti, quando visti al microscopio.

Una componente interessante del residuo era l´albumina proveniente dal siero delle proteine del sangue comune. Loy ha scoperto che la proteina si altera rapidamente e crea legami incrociati mentre il sangue è ancora liquido, a formare una matrice mista. Ha anche scoperto che la silice sulla superficie dello strumento di pietra avrebbe portato la proteina ad unirsi ad essa, ancorando la matrice e stabilizzandola. Questo legame, ha dichiarato, avrebbe garantito la permanenza di ogni residuo sullo strumento di pietra per milioni di anni.

Loy ha dichiarato che i residui sono stati protetti dal degrado dall´argilla del suolo che aveva ricoperto lo strumento quando fu lasciato sul terreno. La copertura d´argilla sulla superficie della roccia ha circondato le proteine di sangue, e prevenuto il degrado dovuto all´ossidazione ed all´esposizione ad acqua e microbi.

"L´argilla protegge i residui di sangue per un tempo potenzialmente infinito, fino a che la chimica del suolo non muta" ha dichiarato Loy. "Un ematologo con cui mi sono consultato ha detto che è come se queste cose fossero state essiccate e congelate. Ed è veramente così."

Ma il biochimico inglese Dr Matthew Collins dell´Università di York, specializzato in degrado delle proteine, è scettico sulla scoperta di Loy.

"Non ho esaminato questi materiali e non posso dire che quel che lui dice sia sbagliato... dico solo che lo trovo sorprendente" ha dichiarato.

Seppure Collins non abbia esaminato specificamente i residui sullo strumento di pietra, la sua ricerca ha mostrato che in climi come quello di Sterkfontein le proteine non potrebbero durare più di 100, 000 anni.

Ma Loy ha dichiarato che Collins non prende in considerazione le speciali circostanze che hanno preservato i residui sugli strumenti di Sterkfontein.

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