Nella sua semplicita', il volto inciso nella pietra ricorda certe opere di Modigliani ma anche alcuni esempi di arte africana. Nella pietra, che era stata riutilizzata come materiale da costruzione, e' incisa la rappresentazione di un volto. Lo schema della raffigurazione (il cosiddetto ''volto a civetta''), la tecnica esecutiva che richiama quella delle statue-stele trovate ad Arco, non molto distante dal nuovo rinvenimento, il materiale con il quale è stato realizzato (marmo proveniente dalla Val Venosta) e il confronto con i pochi manufatti analoghi messi in luce nella penisola italiana (ne esistono solo altri tre esemplari) consentono di inquadrare il reperto in una fase finale del Neolitico, intorno alla prima metà del IV millennio a.C., e di attribuire ad esso una destinazione funeraria. Il reperto, trovato a Manzano, in Valle di Gresta, in una zona tra la Valle dell' Adige e il Lago di Garda, e' stato presentato oggi, presso lo Spazio Archeologico Sotterraneo del Sas, a Trento, dalla vicepresidente della Provincia e assessore alla cultura, Margherita Cogo, dal responsabile della Soprintendenza per i Beni Archeologici, Gianni Ciurletti, e dall' archeologo Franco Nicolis, della stessa Soprintendenza. L' ''idolo di Manzano'' - così è stato ribattezzato il manufatto dal luogo del ritrovamento - già alla sua prima uscita pubblica ha dimostrato di possedere una carica di forte suggestione. Allo Spazio archeologico, tra l'altro, c' era oggi in visita un gruppo di archeologi svedesi dell' Università di Lund, con cui la Soprintendenza trentina ha da tempo avviato una convenzione per attività comuni di ricerca e informazione. La scoperta dell' idolo e' dovuta alla sensibilita' dei proprietari dell' edificio in ristrutturazione, Roberto e Darina Vettori, di Germano Baldo, che si trovava sul posto quando l'antico muro ha restituito una pietra assai singolare, e di Cristina Dal Rì, la studiosa che ha subito intuito l' importanza della scoperta. Sull'idolo di Manzano sono state già effettuate analisi mineralogiche e isotopiche (ad opera del professor Claudio D' Amico del Dipartimento di Scienze della Terra e Geologico-Ambientali dell' Università di Bologna) per stabilire la composizione e la provenienza della materia prima utilizzata, ma nell' immediato futuro esso sarà sottoposto ad altre indagini di tipo scientifico ed ad uno studio archeologico approfondito. Già fin d'ora, tuttavia, si può dire che l'idolo di Manzano rientra in un sistema di rappresentazioni schematiche diffuso in vaste regioni europee ed extraeuropee, ma che ha il suo massimo sviluppo nel bacino del Mediterraneo (uno dei quattro esemplari italiani è stato messo in luce ad Arnesano in provincia di Lecce). Esso quindi ribadisce, secondo gli archeologi, il ruolo primario delle Alpi non come barriera ma come ambiente in cui le culture si incontrano e si arricchiscono in un reciproco scambio di valori. Al nuovo reperto potrebbe essere dedicata nel prossimo futuro, come ha annunciato l' assessore Cogo, una iniziativa espositiva.
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