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22 Febbraio 2003 ARCHEOLOGIA
Il Gazzettino Online
Un palazzo del periodo augusteo
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Quelle mura, emerse dal sonno degli anni e dei secoli in seguito ai lavori che sono in corso per la realizzazione di una nuova ala del museo nazionale di piazzale degli Etruschi, parlano di un edificio pubblico romano. Lo si fa datare all'epoca dell' imperatore Augusto e deve essersi trattato sicuramente di un edificio destinato alla municipalità della città. Ma non basta, perchè sotto l'edificio sono stati scoperti focolari che sono la testimonianza del fatto che in loco avveniva la fusione dei metalli. Ancora, sono stati ritrovati 30 assi che portano una datazione compresa fra il 170 ed il 150 Ac, monete ancora in circolazione legale quindi. Forse che in loco c'era una zecca?

Questo, ma non soltanto, è quanto è emerso in un recente incontro che si è svolto a Ferrara per la presentazione, al museo archeologico nazionale, della edizione speciale del volume del Cpssae, il Centro polesano studi storici ed archeologici, un numero che raccoglie per lo più gli atti di un convegno svoltosi ad Adria sui temi inerenti l'Alto e Medio Adriatico.

In questo contesto, sottolinea con soddisfazione Edoardo Zambon, giovane adriese studente di archeologia all'Università di Padova, del Cpssae, Adria recita una parte importante. Ma molti sono gli interventi ed i contributi, da quello di Maurizio Harari e quello di Loredana Capuis, a Paola Cassola Guida.

La direttrice del mueso, Simonetta Bonomi scrive anche sui livelli arcaici di via San Francesco, Daniele Vitali tratta degli scavi di San Basilio, VI e VII secolo Ac, che pure doveva essere in stretto contatto con Adria. Peretto e Vallicelli parlano delle conoscenze archeologiche paleo ambientali dell'entroterra di Adria, Giovanna Bermond Montanari delle importazioni ceramiche greche nel quadro adriatico settentrionale.

Per restare alla città, interessante è la relazione della dottoressa Vallicelli sulle ceramiche a figure nere non attiche di Adria, testimonianza dei commerci e dei traffici che intersecavano il territorio e avevano in Adria un punto nodale. Non meno interessante la relazione di Donati e Curti sulla atticizzazione della società adriese e d'altra parte Federica Wiel Marin con uno studio sulle ceramiche attiche della collezione Bocchi, ribadisce la circolazione adriatica di questi materiali.

Certo è che, come dice qualcuno, anche in archeologia i punti fermi non esistono. Ovvero, le ricerche sinora effettuate non sono altro che l'inizio di una nuova, affascinante avventura e nel contesto della ricerca archeologica alto medio adriatica il retroterra adriese è destinato a recitare una parte sempre più importante. Per dire, sarà da chiarire, con ricerche più mirate, la vera funzione di quell'edificio pubblico ed il vero significato di quel luogo di fusione dei metalli.