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4 Febbraio 2003 ARCHEOLOGIA
LŽEco di Bergamo
La valle di Scalve era frequentata fin dalla preistoria
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"E una anomalia geologica, morfologica e vegetazionale nel territorio che, associata alle bianche rocce carbonatiche piene di fenditure sulle quali sembra appoggiata ed alla maestosità inaccessibile delle pareti della Presolana, ha forse indotto l'uomo della preistoria a considerarla sacra".

A parlare è Ausilio Priuli, archeologo, e il soggetto della descrizione è Cima Verde sopra il Rifugio Albani. L'area è stata oggetto di attenti studi da parte di Priuli e dei suoi collaboratori, che hanno riportato alla luce tutta una serie di incisioni rupestri e che oggi possono essere viste da chi percorre i sentieri della valle. Il numero maggiore di incisioni presente in valle Venerocolino, tra Ronco e Monte Bognaviso; altri siti sono quelli dell'area del lago di Ponzone e di Vilmaggiore.

La Val di Scalve, in cui la presenza dell'uomo è attestata già dalla preistoria fu, secondo Priuli, una delle vie più battute per il transito tra la Val Camonica e la Valtellina. Quindi non deve stupire se le rocce del luogo siano divenute una sorta di memoria di pietra dei tempi in cui i nostri antenati attraversavano questi luoghi per motivi pratici, ma anche per effettuare esperienze di carattere sacro di cui ci restano solo poche tracce sulla pietra.

Chi avrà la pazienza di osservare le rocce della zona cercando le tracce del nostro antico passato, si accorgerà che spesso accanto ad incisioni molto antiche, si trovano figure e scritte recenti, lasciate da pastori, militari e alpinisti che fino ai primi del Novecento ritenevano questa pratica una sorta di azione propiziatoria, come gettare la monetina nella fontata di Trevi.

Poi le cose sono cambiate, gli escursionisti attuali hanno maggiore rispetto e solo in rari casi il signor Pinco o il signor Pallino, si sentono in diritto di lasciare una becera traccia del loro passaggio per i posteri a conferma della loro presunzione di onnipotenza.

A dominare, tra le incisioni più antiche, sono quelle geometriche: la maggior parte propone una figurazione ricorrente e ben riconoscibile, quella del filetto. Si tratta di una figura complessa, quella che si trova sul retro della scacchiera ed utilizzata per il gioco del "Tris".

Per quale motivo gli antenati alpini sentissero il bisogno di incidere queste figure sui massi è ancora un mistero. Sembrerebbe troppo banale l'ipotesi tendente a considerare i filetti una scacchiera in pietra per giocare e utilizzata dai pastori a partire dalle'Età dei Metalli. E' possibile che dietro a queste suggestive realizzazioni vi fossero motivazioni di altro tipo, simboliche, in qualche modo connesse al rito. E' un'ipotesi affascinante che viene sorretta dalla notevole quantità di incisioni analoghe presenti in vari luoghi di culto sparsi nel mondo: dall'antico Egitto al Partenone di Atene, dalle tombe vichinghe alle insicisioni rupestri alpine.

Qualcuno ha lasciato un po' da parte la filologia e il mondo scientifico e si è spinto a cercare relazioni tra il filetto e la planimetria della mitica Atlantide, così come risulta dalle descrizioni di Platone...

Di certo, misteri a parte, le incisioni di questa area alpina che sono venute alla luce, mentre altre sono ancora avvolte dalla vegetazione o coperte di terra, non possono lasciare indifferente anche l'escursionista meno attento, poichè fanno ripensare ad un passato lontano in cui queste alture erano considerate sacre. Un passato in cui gli uomini avevano ancora il tempo per decorare le rocce delle loro montagne, compiendo un gesto sacro di cui oggi non ci resta che una lontana eco.