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6 Aprile 2003 ARCHEOLOGIA
Focus
La prima mummia
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Il ritrovamento di un sarcofago che risale a 5mila anni fa ha dato alla luce la mummia più antica che si conosca. È accaduto a Sakkara, vicino al Cairo, dove alcuni archeologi egiziani hanno individuato il sarcofago tra più di 20 tombe, lo hanno aperto e hanno trovato resti umani coperti con teli di lino e resina. "La mummia è considerata il primo tentativo di imbalsamazione degli antichi egizi e risale all'era del re Hor-ga", ha riportato il servizio d'informazione dello stato egiziano. Il tentativo, però, è riuscito soltanto in parte poiché la carne umana non è risultata conservata al meglio.

Secondo Zahi Hawass, direttore del Consiglio egiziano dell'antichità, le ossa appartengono probabilmente a un ufficiale vissuto intorno al 3200 a.C. sotto la prima dinastia egiziana. Proteggere i corpi dal decadimento e conservarli in forme riconoscibili era estremamente importante per questa popolazione africana: la riunificazione di corpo e spirito era considerata, infatti, la chiave per gioire della vita ultraterrena.

Gli albori della pratica. I corpi iniziarono a essere imbalsamati tra il 2613 e il 2494 a.C. sotto i faraoni della quarta dinastia. Già nel 5000 a.C., però, i corpi venivano preservati tramite la sepoltura nella sabbia calda e secca del deserto. Vere e proprie tecniche, che implicavano il ricorso a sostanze dotate di proprietà antibatteriche, furono usate tra il 1567 e il 1200 a.C.

Una recente e sistematica analisi della pratica della mummificazione, che ha coinvolto 25 mummie datate dal 2600 a.C. e il 395 d.C., ha rivelato che gli antichi egizi si servivano di ricette: oli vegetali, resine balsamiche, cera vergine, pistacchio, sono stati trovati tra gli ingredienti usati per imbalsamare. La pratica richiedeva anche la rimozione di tutti gli organi, eccetto il cuore, tramite un'incisione a quattro tagli effettuata sul lato sinistro del corpo. Durante la cerimonia, nota con il nome "apertura della bocca", occhi, bocca e orecchie erano aperte per dare la possibilità al deceduto di vedere, parlare e sentire durante la vita ultraterrena.