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19 Aprile 2010 ARCHEOLOGIA
GOFFREDO SILVESTRI Repubblica.it
Piermatteo d'Amelia, l'altro umbro celebrato dalle sue due città
tempo di lettura previsto 13 min. circa

TERNI e AMELIA - L'"Isabella Stewart Gardner Museum" è uno dei più importanti di Boston. Pieno di opere italiane e non solo. "Mistress" Isabella per esempio ha voluto che la corte del museo fosse adorna dei balconi originali di alcuni palazzi veneziani sul Canal Grande. I balconi di Palazzo Cavalli-Franchetti (si dice sostituiti da copie) e probabilmente della Cà d'Oro. Ma c'è ben altro motivo per evocare il museo di Boston. Questa coraggiosa mostra a Terni e Amelia che fa scoprire al pubblico un artista umbro, "celeberrimo ai suoi tempi, reputato dai contemporanei al livello quasi del Perugino" e che è Piermatteo d'Amelia, nato "intorno al 1448 e morto dopo il 1506" nella località sulla via Amerina che domina la valle del Tevere. Per Zeri Piermatteo era "la figura più eminente accanto al Perugino della pittura umbra della seconda metà del Quattrocento". Una pittura dall'"incredibile potenza plastica", dalle Madonne dolcissime, dalla grande attenzione naturalistica per espressioni e corpi, dai particolari raffinati nell'abbigliamento, nei gioielli.

Il museo di Boston possiede l'opera capofila, una "Annunciazione", che ha fatto uscire Piermatteo dall'anonimato. Perché Piermatteo oltre ad essere sconosciuto al pubblico era per gli studiosi un "senza opere" . Fino a quando Roberto Longhi, nel 1927, riunì un gruppo di dipinti sotto la stessa mano e lui (o Berenson che allargò il gruppo) gratificò questo autore del titolo di "Maestro dell'Annunciazione Gardner" dall'opera scelta come emblema. Nel 1953 ecco la zampata del "leone" Zeri, meglio lo scatto di un occhio di falco. Questo anonimo, originale maestro, era Piermatteo d'Amelia. Il ragionamento stringente di Zeri fu accettato dalla grande maggioranza della critica che si allineò di fronte a tre novità. Nel 1978 il padre francescano Luciano Canonici scopre che l'"Annunciazione Gardner", venduta dai francescani di Santa Maria degli Angeli nel 1906 all'antiquario londinese Colnaghi, era nella chiesa dei Minori francescani della Santissima Annunziata di Amelia. Nel 1987, Elisabetta David, dell'Archivio di Stato di Terni, trova l'atto di commissione del "Polittico dei francescani" di Terni (che è in mostra, integro), a Piermatteo (220 ducati più vitto e alloggio "per lui et sui garçoni"). E nel 1992 Laura Andreani "scava" nell'Archivio Notarile di Orvieto un documento che conferma la paternità a Piermatteo del "Polittico di Sant'Agostino" di Orvieto (smembrato, di cui sono in mostra tre dei quattro pannelli a fianco della tavola centrale).

Piermatteo è noto per essere l'autore del cielo stellato sulla volta della Sistina distrutto per far posto alla volta di Michelangelo. Un cielo rimpianto da Zeri nel palpitante libro-intervista e di ricordi raccolti e raccontati da Fernando Ferrigno ("Anni... Zeri", 247 pagine, Rai Eri). Zeri bisognava prenderlo così, in tutto e per tutto. Ma anche per Ettore Camesasca la volta di Piermatteo "era più consona" alla cappella dell'intervento di Michelangelo.

Sisto IV Della Rovere, il "dotto papa francescano, studioso di astri e pianeti" fece dipingere il cielo a Piermatteo che lo progettò e fece realizzare nel 1479-1480 "senza lesinare in lapislazzuli e foglie d'oro". Il cielo azzurro era trapuntato di stelle dorate in rilievo. La distruzione di quel cielo costosissimo fu obbligatoria per problemi statici, fonte di preoccupazioni dall'inizio del pontificato di Giulio II, quarto successore nel 1503 di Sisto IV di cui era nipote. Nel maggio 1504 una lunga crepa si aprì nella volta, fu riparata ficcandovi dei mattoni, ma "i danni furono tali da convincere il papa a programmarne il rifacimento". Che non fu solo strutturale avendo a disposizione Michelangelo sia pure estremamente restio, lui "scultore per vocazione", ad affrescare la volta.

Nella mostra di Terni-Amelia è arrivato dagli Uffizi il disegno preparatorio del cielo di mano di Piermatteo in stilo, matita nera, penna ed acquerello azzurro. Le stelle sono distribuite in modo irregolare e sembrano più pianeti rotondi, fra finti profili architettonici nelle lunette e alle estremità due grandi stemmi Della Rovere in stucco (uno sopravvissuto). Della Casa Buonarroti c'è la litografia di Gustavo Tognetti, 1899, riproduzione ideale della Sistina prima della "Volta" e del "Giudizio" di Michelangelo. Il cielo di Piermatteo è tutto traforato di stelline, in alcune zone organizzate per linee concentriche e per il resto distribuite liberamente.

La mostra, "Piermatteo d'Amelia e il rinascimento nell'Umbria meridionale" è fino al due maggio a Terni, al Caos (sigla del Centro arti opificio Siri), e ad Amelia, al Museo archeologico e pinacoteca. Curatori Vittoria Garibaldi, di nuovo soprintendente al patrimonio storico-artistico dell'Umbria, e Francesco Federico Mancini, ordinario di storia dell'arte moderna nell'Università di Perugia, che sono anche i curatori del catalogo Silvana Editoriale. Curatori orgogliosi di aver completato il "trittico" dei grandi protagonisti del Rinascimento in Umbria (Perugino-Pintoricchio-Piermatteo), di essere riusciti a montare una mostra "difficile" per la rarità del catalogo e le difficoltà dei prestiti, e di aver dimostrato che Piermatteo "è un grande pittore, che non sfigura affatto accanto a maestri del tardo Quattrocento più noti e fortunati di lui". Saverio Ricci ha curato una guida (Silvana Editoriale) di itinerari in Umbria con Piermatteo e altri maestri con incontri "poetici" (edicola di Toscolano, affresco di Sant'Agostino a Narni) e restauri brutali (affresco della parrocchiale di Porchiano).

Sono una quarantina di opere, tutte, meno quattro, a Terni. Dipinti e sculture che dimostrano il "continuo travaso di moduli stilistici e iconografici". La mostra comincia con gli autori entrati nella formazione di Piermatteo. Dal 1467 "garzone di frate Filippo" con Filippo Lippi impegnato negli affreschi dell'abside del duomo di Spoleto. Fino alla sua morte a Spoleto nel 1469, a Firenze con fra Diamante, principale collaboratore di Lippi. Qui anche Piermatteo ha la fortuna di "entrare in contatto" con la più portentosa bottega di artisti, quella del Verrocchio. Di immergersi in quello "stile fiorentino", una delle componenti essenziali del suo pensare e fare pittura. A Roma, Pintoricchio, Antoniazzo Romano sono gli altri autori che entrano nella testa e nella retina di Piermatteo. In mostra i cinque dipinti di Antoniazzo sono inferiori di numero solo a quelli di Piermatteo (sette più due attribuiti, uno con tali speranze da essere stato restaurato per l'occasione).

L'"Annunciazione Gardner", tempera su tavola di 100 per 113 cm, "straordinario capolavoro", non è in mostra. Qualcuno ha scritto che il dipinto ha lasciato l'Italia nascosto nel doppiofondo di un baule riempito di bambole per ingannare la dogana. Una storia "giornalisticamente perfetta", ma senza fondamento per molti studiosi, anche per Zeri che scrisse sulla vendita e sul trasferimento a Boston e "che non si sarebbe lasciato sfuggire un particolare così ghiotto".

Il museo di Boston non ha concesso l'"Annunciazione" per "ragioni conservative", la formula che chiude la bocca. Come il Museo di Berlino per il pannello centrale del "Polittico di Sant'Agostino", 1481, una dolcissima Madonna dall'incarnato appena rosato, la piccola bocca incisa, le piegoline sul collo, lei donna di 15-16 anni, solo per la posizione verso il basso. Ma è già stata una impresa aver riunito tre pannelli laterali. Due da Altenburg (il Battista e la Maddalena) e uno da Philadelphia, Museum of Fine Arts (Nicola da Tolentino). Il quarto pannello (con Agostino che con fare serafico schiaccia le teste di due eretici), è scomparso dopo la vendita di Christie's nel 1967.

I curatori della mostra definiscono il polittico "raffinata impresa pittorica" di Piermatteo che unisce "il delicato naturalismo di Filippo Lippi con il vigore plastico di Andrea del Verrocchio e con l'impianto monumentale di Antoniazzo". Sorprendenti i sottili lacci della Maddalena che tengono strette le maniche, un motivo raffinato che Piermatteo usa quasi come firma e che torna nella "Madonna col Bambino" del Museo di San Marco, restaurata per la mostra. Un pieno naturalismo trionfa nel Battista dalla pelle bruciata dal sole, colore del cuoio, simile al bronzo. I capelli sono "scolpiti" come i peli della pelle da cammello, la veste del Battista nel deserto, sotto al manto rosa pallido. Ci si perde a seguire vene e venuzze, tendini e muscoli.

Non meno dolce, forse più donna, è Maria al centro del "Polittico dei francescani" realizzato da Piermatteo fra il 1483 e il 1485, per l'altar maggiore della chiesa di San Francesco a Terni. Anche qui un paio di piegoline nel collo, la stessa piccola bocca incisa, ma una pennellata diversa rispetto alla Madonna di Berlino. Una sciarpa di seta trasparente, con filigrana rossa, unisce Maria al Bambino che è in piedi e che lei sfiora con la destra per fargli sentire sicurezza.

Imponente nelle dimensioni (393 per 332 cm), con una cornice monumentale dorata definita da Zeri fra "le più spettacolari del Rinascimento italiano", il polittico è in fondo alla sala a capriate che chiude la mostra. Ma il particolare che attira l'attenzione è minimo: la candeletta appoggiata in equilibrio instabile (come l'ombra), sul bordo del trono in marmo di Maria e del Bambino.

Alle estremità è lo sfolgorio della Chiesa trionfante, Bonaventura da Bagnoregio e Ludovico da Tolosa dall'espressione tanto ieratica da sembrare assente, nelle sovrabbondanti vesti episcopali coperte di gioielli, perle, fibbie, gigli dorati. Accanto, l'espressione smunta e il disadorno saio grigio di Francesco a piedi nudi e con le stigmate. L'espressione penetrante del Battista che con la destra ossuta indica il Bambino, l'"Agnus Dei" del cartiglio. Questa volta il Battista ha un manto di stoffaccia marrone scuro, quasi una coperta, che Piermatteo rende come inamidato e pieno di pieghe. E il corpo è ancora più prosciugato con la gamba destra che è tutta uno stinco.

Di Filippino Lippi ci sono due "stupefacenti" tondi della Pinacoteca di San Gimignano (ciascuno di 110 cm di diametro) del 1483-1484 con "Vergine annunciata" e "Angelo annunciante". La " novità iconografica delle due figure intere" in tondi è vista da alcuni "addirittura come premessa dell''Annunciazionè di Botticelli". In questi anni Filippino si distingue per motivi naturalistici di tipo fiammingo come la "resa realistica" dell'interno della casa, il paesaggio, le cromie brillanti.

Della pittura di Antoniazzo Romano (Antonio Aquili) sono stati scelti due "fra i più alti vertici". "San Vincenzo Ferrer e donatore", databile al 1482-1485, dal museo del convento romano di Santa Sabina, di cui spicca il volto del santo (e del donatore di profilo), "così attentamente definito nella fisionomia e nelle rughe" che richiama il naturalismo di Melozzo da Forlì e dei fiamminghi. E la tavola da Montefalco, dalla chiesa-museo di San Francesco, databile fra il 1490 e il 1495, che all'origine è una tempera, ma con ridipinture ad olio che ne hanno modificato profondamente l'iconografia. In ogni caso sempre pittura di grande qualità, espressione di "massima aderenza" alla "monumentalità e pienezza naturalistica di Melozzo".

La sezione della mostra ad Amelia è una celebrazione di Sant'Antonio Abate in quattro opere. Il protettore degli animali e guaritore del cosiddetto fuoco di Sant'Antonio, è raffigurato da Piermatteo in una tavola alta 180 cm, datata al 1474-1475. Su di un trono marmoreo, il santo vegliardo dalla calma espressione ha una straordinaria barba bianca divisa in due bande formate da "onde" simmetriche e riccioli. L'impianto è sintesi ancora tardo-gotico con riferimenti a Filippo Lippi e "toscani in genere". Relazioni "piuttosto dirette" sono rilevate anche con la seconda opera, la statua in legno intagliato e dipinto del duomo di Narni, firmata e datata dal Vecchietta (Lorenzo di Pietro), il celebre scultore senese attivo nell'Umbria meridionale. Nel carattere "estremamente vivido" dell'espressione del volto, nel "forte senso naturalistico dell'opera". Il terzo Sant'Antonio è una terracotta invetriata policroma nello stile maturo di Andrea della Robbia e nello spirito del Savonarola (1510-1515). Infine, il monumentale (altezza 230 cm), Sant'Antonio: una statua in legno dalle scarse tracce di colore, dalla Chiesa Nuova di Massa Martana. Una iscrizione intagliata "in caratteri gotici di sofisticata finezza", chiarisce il "plausibile nome dell'autore, Maestro Ponziano", 1484. Le "concessioni sono ancora goticizzanti", ma con "scatti più spiccatamente rinascimentali" ("panneggi di buona finezza, plastici").

Adesso cerchiamo di conoscere Piermatteo più da vicino con l'aiuto di Francesco Mancini.

"Di Piermatteo si ricordano due circostanze sfavorevoli. Il cielo stellato della Sistina smantellato. Candidato a continuare l'opera del Beato Angelico nella cappella di San Brizio nel duomo di Orvieto, dovette cedere a Luca Signorelli.

La vera sfortuna di Piermatteo fu quella di doversi misurare in Umbria e nel Lazio con concorrenti fin troppo agguerriti e appoggiati sul tipo di Perugino, Pintoricchio e Antoniazzo Romano. Non è un caso che la sua attività, a parte qualche eccezione, si concentrò nella bassa Umbria tra Amelia, Terni, Spoleto, Orvieto, Narni e alcuni piccoli centri come Toscolano, Porchiano, Castiglione in Teverina (oggi nel Lazio)."

Quali sono i punti di forza della mostra?

"La mostra mette in evidenza, con una mirata selezione di opere, l'attenzione che Piermatteo nutrì per la contemporanea scultura. A guardar bene, le sue figure hanno un'incredibile potenza plastica, a cominciare dal San Giovanni Battista del 'Polittico dei francescani' di Terni che, non a caso, è stato scelto come immagine-guida della mostra. Ecco perché in mostra, accanto alle pitture di Piermatteo e di altri maestri che, come lui, dialogarono con la figuratività tridimensionale, ci sono sculture in marmo, in legno policromo, in terracotta invetriata o dipinta".

Di quali autori è maggiormente debitore?

"Nella fase iniziale (vedi "Annunciazione Gardner"), Piermatteo dialoga principalmente con Filippo Lippi. Dopo la morte di Lippi, avvenuta proprio a Spoleto, la sua attenzione si volge a Verrocchio e a Perugino. Qualche tangenza si nota anche con Pintoricchio. "

Piermatteo non è più un pittore "senza opere", ma in ogni caso il catalogo è sempre molto ristretto.

"Il catalogo di Piermatteo è effettivamente ristrettissimo e limitato a un arco cronologico molto, molto ridotto: dal 1475 al 1485 circa. Le sue opere in giro per il mondo sono davvero poche (all'incirca dieci). I documenti ci dicono che l'artista spostò progressivamente i suoi interessi sul versante politico-amministrativo. Nel 1497 fu nominato conservatore della città di Fano e nel 1502 è documentato come soprintendente delle fabbriche papali a Civita Castellana".

L'"Annunciazione Gardner" non dovrebbe cambiare nome dopo l'identificazione dell'autore con Piermatteo? O ci sono ancora dubbi?

"E' un nome convenzionale al quale siamo ormai abituati. Lo stesso accade per il "Maestro delle Tavole Barberini" di cui due sono in mostra, che oggi sappiamo essere fra Carnevale (alias Bartolomeo di Giovanni Corradini)".

E' fondata l'ipotesi che negli affreschi delle pareti della Sistina, Piermatteo abbia collaborato col Perugino?

"Se appoggiò il pennello sui muri della Sistina lo fece nell'affresco raffigurante il 'Viaggio di Mosè', opera progettata e in larga parte realizzata da Perugino (insieme a Pintoricchio). Secondo me ha ragione Pietro Scarpellini quando scrive che nel 'Viaggio' sono visibilmente sue le 'figure più modellate e forbite in senso verrocchiesco'".

Notizie utili - "Piermatteo d'Amelia e il Rinascimento nell'Umbria Meridionale". Dal 12 dicembre 2009 al 2 maggio. Terni, Caos Centro arti opificio Siri. Amelia, Museo archeologico e pinacoteca.

Promossa da Regione Umbria, Comune di Terni e di Amelia, soprintendenza dell'Umbria. A cura di Vittoria Garibaldi e Francesco Federico Mancini, curatori anche del catalogo Silvana Editoriale. Guida degli itinerari con Piermatteo e il Rinascimento in Umbria a cura di Saverio Ricci (Silvana Editoriale). Organizzazione Civita Servizi.

Biglietti: intero 9 euro, ridotto 7. Biglietto unico per le due sedi. Al Caos di Terni consente la visita del Museo di arte moderna e contemporanea e del Museo archeologico; ad Amelia del Museo archeologico e pinacoteca.

Orari: dal martedì alla domenica 10-19; sabato la mostra a Terni aperta fino alle 24. Lunedì chiuso; aperto lunedì 5 aprile. Informazioni e prenotazioni 199 757 516; www.ticketeria.it. Prenotazioni visite guidate e didattica 800 911 984.