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16 Aprile 2010 ARCHEOLOGIA
Maria Cristina Ricossa Giornale di Brescia
Prosit, l'archeoviticoltura viene sperimentata a Pompei
tempo di lettura previsto 4 min. circa

Le tecniche agricole antiche sono uno dei temi sviluppati dall'archeologia sperimentale, la branca dell'archeologia dedita allo studio sul campo delle tecniche e degli strumenti utilizzati dai nostri antenati per realizzare colture e per trasformare le materie prime.

L'esperienza di Pompei

In Italia sono in corso alcuni studi che vedono protagonista uno dei prodotti più tipici della nostra cultura: il vino. A Pompei, è in svolgimento uno dei più rilevanti e interessanti esperimenti di archeologia sperimentale. Una parte del territorio della città sommersa da ceneri e lava dell'eruzione del Vesuvio del 79 d.C. è stato trasformando in un grande laboratorio a cielo aperto per la coltivazione di vigneti secondo le modalità impiegate dalle popolazioni antiche. Già da anni a Pompei vengono coltivate viti antiche secondo le tecniche del passato. Ora, grazie ad un protocollo d'intesa siglato tra il Commissario all'area archeologica di Pompei e l'Assessorato all'Agricoltura della Regione Campania, i turisti potranno anche accedere a centri di degustazione e potranno acquistare i prodotti pompeiani.

Il progetto di ripristinare la viticoltura nell'antica Pompei è nato nel 1996, grazie ad un accordo tra la Soprintendenza archeologica di Pompei e l'azienda Mastroberardino, una prestigiosa cantina italiana. Sono state individuate le varietà di vitigni autoctoni da utilizzare per l'esperimento e le tecniche di coltivazione precedenti alla grande eruzione, grazie a studi botanici, indagini archeologiche e il rilevamento dei calchi delle radici delle piante e dei paletti di sostegno.

I ricercatori hanno poi identificato cinque siti per l'esperimento, all'interno delle mura della città antica e nei quartieri periferici nei pressi dell'Anfiteatro, dove ora sorgono i vigneti.

Gli affreschi e i luoghi

La scelta dei vigneti non è stata immediata e ha comportato uno studio comparato tra le raffigurazioni che gli artisti pompeiani hanno dato ai grappoli d'uva. La forma di grappoli e foglie di vite presenti in affreschi, mosaici e sculture di Pompei è stata confrontata con quella delle specie degli attuali vitigni presenti nell'area.

Queste informazioni sono state poi confrontate con quelle ottenute da ritrovamenti archeologici, da studi su resti o calchi di semi, frutti, pollini e radici oltre che dalla lettura di trattati agronomici e di storia naturale del tempo. Incrociando tutti i dati a disposizione sono state identificate anche le modalità e le tecniche di coltivazione: filari ravvicinati sorretti da paletti in legno di castagno piantati esattamente sulle impronte dei paletti dei vigneti di 2000 anni fa, individuate grazie ai calchi.

Dagli scavi di Pompei giungono anche preziose informazioni sulle tecniche di vinificazione.

La refrigerazione

Nel vigneto del Foro Boario davanti alle rovine dell'anfiteatro, è stata rinvenuta una cella vinaria: un piccolo edificio con anfore in terracotta interrate (i cosiddetti doli) nei quali avveniva la trasformazione del vino. In un cunicolo di terracotta tra le anfore circolava continuamente acqua fredda. La refrigerazione del mosto permetteva di rallentare la fermentazione e di ottenere vini frizzanti. Per completare la maturazione del vino le anfore, chiuse ermeticamente con sughero, cenere e pece, venivano poi trasportate in luoghi caldi.

I chicchi etruschi

Anche in Toscana si lavora a un progetto di archeologia sperimentale che ha come protagonista il vino. ArcheoVino ha l'ambizione di integrare indagini archeologiche e con la ricerca genetica per ricostruire l'evoluzione storica della produzione vinicola della zona di Scansano. Il progetto prevede la realizzazione di un parco vitivinicolo: il Parco della vite e del vino. Sito nelle vicinanze del sito archeologico di Ghiaccio Forte, il parco sarà finalizzato alla realizzazione di una produzione ottenuta con le tecniche etrusche di coltivazione dei vitigni. La fase preliminare ha comportato un censimento delle varietà selvatiche presenti nella zona, poi trasferite al Laboratorio di Biologia Molecolare del Dipartimento di Scienze Ambientali dell'Università di Siena per l'analisi genetica.

Dal confronto delle somiglianze del Dna tra le varietà è possibile tracciare una mappa di parentela tra le viti presenti nell'area e individuare i vitigni antichi da impiantare nel parco.

L'archeovendemmia

Un ulteriore passo del progetto sarà la realizzazione di una vera e propria vendemmia alla maniera etrusca, alla quale seguirà la spremitura e la fermentazione, eseguita seguendo fedelmente le prescrizioni degli autori antichi e le tecniche ricostruite attraverso lo studio delle fonti.

L'esperienza è senz'altro significativa e permetterà di sperimentare la reale capacità ed il gusto dei prodotti della vigna così come erano apprezzati e consumati dagli etruschi. Un laboratorio di archeovendemmia.