Un caso emblematico d'interpretazione archeologica ha riguardato Bisceglie dagli anni verso il 1935, quando in una delle grotte che si aprono su Lama Santa Croce si notarono due "segni" o simboli cruciformi racchiusi in quadrilateri, tracciati sulla parete rocciosa interna di fronte all'accesso della cavità.
Sul suolo accidentato della grotta, abbondantemente coperto di pietrame, lo studioso di storia e archeologia locale Saverio Majellaro scopriva tracce preistoriche: frammenti di ceramica "a impasto" e resti fossili animali. Nell'ottobre 1940 Majellaro eseguiva il primo rilevamento planimetrico della cavità, misurandovi gli spazi interni e disegnando una pianta dei relativi ambienti, con ingresso elevato a circa 10 metri dal fondovalle e accessibile scalando il fianco roccioso tramite una grezza gradinata litica semilavorata, la grotta presentando uno sviluppo lineare di quasi 30 metri escluse appendici secondarie ed estensione complessiva in pianta di circa 90 metri quadrati. Majellaro la chiamò "Grotta delle due crocette", attribuendo a epoca probabilmente altomedievale i due disegni schematici all'interno: supposizione comprensibile, considerate le circostanze e il momento.
Majellaro infatti aveva appena intrapreso le sue escursioni nell'agro biscegliese alla ricerca di conferme sull'esistenza locale di culto cristiano già dall'inizio del II Secolo, in riferimento al racconto tradizionale del martirio dei tre "Santi patroni", per il quale mancavano prove concrete. Svolgendo tali ricerche lo studioso individuò in territorio di Bisceglie diversi indizi "cristiani" databili tra età tardo-romana e alto medioevo, in particolare a Grotta Santa Croce, scoprendo nell'occasione la valenza preistorica del sito risalente al Paleolitico. Sulla volta d'ingresso della Grotta Santa Croce, aperta circa 350 m a ovest-sud-ovest dalla minore "delle due crocette", Majellaro rilevò il residuo di un dipinto policromo a carattere sacro, forse raffigurante i tre protomartiri locali, del quale rimaneva visibile la porzione superiore con una larga croce "latina" rappresentata in rosso entro una cornice rettangolare a strisce dello stesso colore, che si suppose risalire al Medioevo. All'interno della grotta maggiore si sono individuate anche incisioni cruciformi riferibili a epoca tardoantica o paleocristiana, come frammenti di ceramica fine segnalati sul sito e anche presso la "Grotta delle due crocette". Dal 1937 Majellaro rilevava inoltre due piccoli ipogei scavati in banchi di calcarenite nei pressi del centro abitato di Bisceglie, con croci "greche" incise sulle pareti sotterranee e attribuiti a epoca paleocristiana o altomedievale.
Date queste particolari emergenze e non conoscendosi altri elementi di confronto, l'attribuzione altomedievale delle "due crocette" nell'omonima grotta era parsa verosimile e si è perpetuata senza particolare attenzione anche in pubblicazioni recenti (1991-1992-1997-2004). Oggi tuttavia, dopo oltre mezzo secolo di conformismo formale e soprattutto scarso interesse sull'argomento, sarebbe ormai opportuna una revisione comparativa dell'incerta interpretazione iniziale, considerando altre emergenze trascurate sia presso la stessa Lama Santa Croce che altrove in Puglia e più lontano.
Le "due crocette" nella grotta omonima infatti non somigliano a croci "cristiane", "greche" o "latine", rappresentando piuttosto simboli diversi. Uno, tracciato in alto accanto a un meandro naturale nella roccia, è costituito da due segmenti tra loro ortogonali che dividono in quattro parti il quadrilatero circostritto di forma subtrapezoidale isoscele con base di circa 19 cm e gli altri tre lati di circa 16: al centro dei quattro settori affiancati sono dipinti altrettanti "punti". L'altro simbolo pittografico, tracciato a media altezza e a distanza di circa due metri dal primo, è rappresentato da un segmento verticale e due più corti che si dipartono con leggera inclinazione verso l'alto da un punto soprastante il centro del tratto verticale, come formando la figura stilizzata e simmetrica di un albero con tronco e tre rami, le cui quattro estremità sono staccate da un contorno di forma approssimativamente quadrata con lato di circa 19 cm. Entrambi i disegni schematici sono di colore rossastro, a tratti dallo spessore medio di circa un centimetro, risaltando sulle superfici chiare e corrugate della roccia calcarea.
I due simboli non presentano specifiche corrispondenze formali con la tradizione iconografica cristiana o paleocristiana della croce, come la si rileva sia in contesti cultuali o funerari ipogeici o rupestri, sia relativamente a consuete espressioni artistiche o rappresentazioni sacre tardoantiche o medievali. La stessa ipotetica presentazione di croci cristiane entro contorni o campiture quadrangolari sarebbe inusuale, sia in rapporto alla diffusione di tali simboli invece inscritti entro margini circolari o subcircolari, sia rispetto alla loro frequenza iconografica elementare, nelle circostanze ed epoche considerate, senza aggiunte di contornitura, come in generale nel caso di incisioni sepolcrali e rupestri o ipogeiche e come rilevate anche a Bisceglie.
Indipendentemente dall'iconografia religiosa cristiana, simboli come la croce a bracci uguali verticale-orizzontale e il quadrato a lati orizzontali-verticali sono di molti millenni più antichi dell'avvento del Cristianesimo. Alla croce doppiamente simmetrica delle culture preistoriche erano attribuiti significati diversi sebbene anche connessi tra loro, come rappresentazione schematica del cosmo o centro dell'universo, unità e ordine naturale del mondo, ovvero anche ideogramma dell'essere e unione del segno verticale maschile con l'orizzontale femminile, oltre che totemico "albero di vita". Una croce entro un quadrato era il simbolo cinese della terra, dal significato verosimilmente analogo in diverse culture. Il quadrato infatti avrebbe rappresentato in generale la terra e suoi attributi, come permanenza e limitazione, in antitesi alla simbologia del cerchio rappresentante il cielo, il movimento, l'illimitato.
L'ocra rossa servita a tracciare le "due crocette" fu la sostanza colorante più antica usata intenzionalmente dall'Uomo, sin dal medio Paleolitico, forse concettualmente abbinata alla valenza vitale e sacrale del sangue, adoperata inizialmente nella predisposizione di sepolture o tinture rituali dei corpi, poi anche nelle prime pitture rupestri e decorazioni su pietre od ossa. Di colorazione simile sono i quattro simboli diversi (in forme subcircolari multiapicate) dipinti in allineamento orizzontale entro la Grotta Santa Croce e risalenti probabilmente alla fine del Paleolitico superiore.
Il tratto di "Lama Santa Croce" compreso tra la grotta maggiore a sud e i resti di ripari sotto roccia presso la masseria omonima a nord, nel quale si trovano la "Grotta delle due crocette" e altri ricoveri rupestri minori, fu infatti popolato a lungo o in momenti diversi da "sapiens" moderni del Paleolitico superiore, come indicato da strumentazione litica e resti fossili animali rinvenuti nei due siti di estremità.
La simbologia del quadrilatero diviso in quattro settori subrettangolari da un incrocio verticale-orizzontale di segmenti si riconosce tra culture del Paleolitico superiore in Europa centro-orientale, per le quali, da recenti acquisizioni, varie affinità si riscontrano con il popolamento coevo della regione pugliese, territorialmente parte integrante della "protonazione" detta "Old Europe".
Per esempio, uno dei segni rupestri "epigravettiani" dipinti con ocra rossa a tratti verticali-orizzontali nella Grotta Kapovaya presso Ufa (Russia europea) risalenti tra 15000 e 14000 anni dal presente, consiste in un quadrilatero rettangolo suddiviso da una croce inscritta; nella parte superiore della stessa formazione carsica si sono rinvenuti coevi dipinti realistici di animali in ocra rossa, comprese figure di cavalli stilisticamente paragonabili agli stessi animali dipinti in ocra rossa nella Grotta Paglicci presso Rignano Garganico, riferibili a cultura tra Gravettiano finale ed Epigravettiano antico, circa tra 22000 e 15000 anni dal presente.
Nell'ambito dell'arte mobiliare paleolitica della "Vecchia Europa", corrispondenza illuminante al simbolismo del quadrilatero diviso da un segno a croce si trova nella "Venere di Eliseevici", statuetta muliebre in avorio, rinvenuta in Russia nell'eponimo sito epigravettiano presso Bryansk e datata fra 17000 e 13000 anni dal presente. La "croce inquadrata" è incisa centralmente nella parte alta del petto della statuina: l'associazione del simbolo terrestre alla figura femminile è strettamente coerente con la concettualità riferita alla madre-terra, o dea-madre immagine di fecondità, generazione e rigenerazione, sviluppatasi nella "Vecchia Europa" dal Paleolitico superiore. Evidenti analogie formali si rilevano inoltre fra diverse statuette muliebri in avorio del Gravettiano o Epigravettiano antico rinvenute nella Russia europea (come ad Avdeevo presso Kursk e Kostienki presso Voronezh) e le due "Veneri di Parabita" in osso dall'omonima grotta presso Lecce, ugualmente datate tra Gravettiano ed Epigravettiano antico.
Coerentemente, recenti studi genetici sul DNA della popolazione pugliese indicano la presenza di "aplogruppi" di mutazione Mt-U5 (indicatore di ascendenza materna, antico circa 45000 anni e di origine balcanica o caucasico-anatolica) nell'8 per cento degli odierni abitanti della regione e Y-I1 (di ascendenza paterna, antico circa 22000 anni e di origine europea sud-orientale o uralica sud-occidentale) nel 10 per cento degli attuali pugliesi, a conferma di avvenute immigrazioni "sapiens" in Puglia da oriente durante il Paleolitico superiore.
I segni nella "Grotta delle due crocette" risalirebbero quindi verosimilmente alla fine del Paleolitico e a coevi portatori della cultura materiale originatasi e diffusa nell'Europa centro-orientale, abitanti con certezza l'area di Lama Santa Croce prima di 10000 anni dal presente, piuttosto che ad atipici decoratori rupestri cristiani o monaci bizantini basiliani, presumibili o eventuali frequentatori delle grotte locali durante il Medioevo.
Presupposti storici, riscontri archeologici ed elementi di confronto culturale infatti, contrapposti alle difformità di un'attribuzione "cristiana", indicherebbero i due simboli rupestri come espressioni contestuali alla frequentazione preistorica del sito e immediati dintorni: un'altra emergenza di primario valore archeologico, speciale interesse antropologico ed etnografico e particolare rilievo extranazionale, purtroppo ignorata e in pericolo di scomparsa nel solitamente maltrattato e offeso territorio di Bisceglie, dove molti millenni or sono crescevano già le radici primordiali dell'Europa.
Immagine in apertura: tra i segni rupestri fotografati nella "Grotta delle due crocette" è riportata per confronto la parte superiore dell'acefala "Venere di Eliseevici" (arte epigravettiana dell'Europa orientale) che reca sopra i seni l'analogo simbolo di fecondità terrestre a forma di "croce inquadrata".
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