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19 Gennaio 2010 ARCHEOLOGIA
GOFFREDO SILVESTRI Repubblica.it
Firenze, Caravaggio e soci e quel morto che non c'è
tempo di lettura previsto 12 min. circa

FIRENZE - Il 25 marzo non è un giorno qualunque per Firenze: è il primo dell'anno, dedicato all'Annunciazione. Naturalmente dell'antico calendario fiorentino. Ma è anche il primo giorno di "Anno ad arte" con le mostre 2010 della soprintendenza e Polo museale fiorentino. E non potrebbe incominciare con migliore presentazione: il profilo di una giovane donna del Botticelli, tutta trecce e treccine, ciocche bionde e mosse, nastri rossi e fili di perle che il maestro aveva sperimentato nel volto della più pudica delle Veneri. Scelta doverosa, il 2010 è il quinto centenario della morte di Botticelli.

La giovane donna, presentata da Cristina Acidini, a capo della soprintendenza speciale per il patrimonio storico-artistico e il polo museale di Firenze, introduce la prima mostra dedicata ai cammei e intagli dei Medici. Segue Caravaggio nell'anno del quarto centenario della morte, insieme ai caravaggeschi presenti o attivi a Firenze. Poi l'apertura del luogo che nel Rinascimento era "il più intimo e protetto", la camera degli sposi. Dall'amore e vita alla morte, con la mostra più originale del programma, centrata sui dipinti tolti dai depositi e restaurati che rifanno il "funerale in effigie" celebrato dai Medici per l'assassinato Enrico IV re di Francia, marito di Maria dè Medici. E l'archeologia: da Firenze al Mediterraneo antico per l'arte, la scienza e i miti del vino. Chiude l'anno una scoperta: quella dei tre grandi bronzi restaurati di Giovanfrancesco Rustici, forse il vero allievo ed erede di Leonardo nella scultura, tolti a coronamento della porta Nord del Battistero di San Giovanni. Bronzi che non torneranno sulla porta. Queste mostre e quelle di altre organizzazioni sono possibili ancora una volta per il puntello economico dell'Ente Cassa di risparmio di Firenze che ha stanziato per tutte quattro milioni di euro, e per "Firenze Musei".

La giovane donna botticelliana è la cosiddetta Simonetta Vespucci ed è una presenza di non poco conto perché Simonetta lascerà Francoforte, lo Städel Museum, dove fino al 28 febbraio è uno dei pezzi pregiati della mostra dedicata a Botticelli. Ma la tavoletta non poteva mancare: Simonetta ha al collo una gemma, una corniola, il cosiddetto "Sigillo di Nerone", con l'orrenda punizione (lo scorticamento) inflitta da Apollo a Marsia e che nel Quattrocento è stata dei Medici. E la mostra si intitola proprio "Pregio e Bellezza. Cammei e intagli dei Medici" (dal 25 marzo al 27 giugno), al Museo degli Argenti a Palazzo Pitti. A cura degli specialisti Ornella Casazza e Riccardo Gennaioli (catalogo Sillabe).

Una selezione di pezzi di "eccezionale qualità" di quel tesoro di incisioni su pietre dure e preziose che dal Quattrocento cominciò ad essere messo insieme dai Medici. Pezzi che possono far capire le somme folli che papi, regnanti, principi, erano pronti a pagare, ben superiori a quelle per capolavori di pittura. Era la preziosità del materiale. La perfezione perché non venivano accettate lavorazioni imperfette. La sfida della durezza dei materiali e delle dimensioni infinitesimali che ne moltiplicava la rarità. I poteri magici di certe pietre e i poteri simbolici dei soggetti. Regali ideali fra i potenti e pegni ideali per ottenere finanziamenti. Le gemme dei Medici ispirarono numerosi artisti, anche Ghiberti, Donatello e Botticelli. Come si vedrà in mostra in dipinti, sculture e disegni, codici miniati, medaglie.

"Caravaggio e caravaggeschi a Firenze" (dal 22 maggio al 17 ottobre), è diviso fra Galleria Palatina di Palazzo Pitti e Uffizi, ma la mostra è unica come unico è il catalogo (Giunti-Sillabe). I 108 dipinti, se saranno confermati i prestiti, per numero e dimensioni hanno bisogno di spazio e avranno spazio, divisi più o meno equamente fra le sedi. Antonio Natali, direttore degli Uffizi, curatore della mostra insieme a Stefano Cascìu e Gianni Papi, ha detto che nella parte degli Uffizi ci saranno tre opere per sala. Nella prima la "Medusa" del Caravaggio, la terrificante "rondella" dipinta su di una tela ingessata, stesa su di uno scudo rotondo di forma convessa, di legno di pioppo molto leggero, uno scudo da parata. Un capolavoro fragilissimo che Natali non presterà mai.

Ci saranno i dipinti realizzati a Firenze da artisti che vi hanno soggiornato: Artemisia Gentileschi ("Giuditta che decapita Oloferne"), Battistello Caracciolo e il fiammingo Theodor Rombouts, "il cui soggiorno - ha detto Gianni Papi-, spesso è dimenticato, e la mostra cercherà di valorizzare questo episodio". E i dipinti conservati a Firenze dei pittori che parteciparono alla commissione della cappella Guicciardini in Santa Felicita cioè Cecco del Caravaggio ("Resurrezione di Cristo" da Chicago), Gerrit Honthorst e Spadarino. Della cappella, progettata, ma mai completata, "sarà proposta una ricostruzione virtuale". Di "Honthorst penso che esporremo l''Adorazione dei pastorì per l'altare Guicciardini" - ha previsto Papi -. La tela è una delle opere riemerse dai lacerti ai quali l'aveva ridotta la bomba mafiosa del maggio '93. Ancora, le opere di artisti "cari ai Medici, come i senesi Rutilio Manetti e Francesco Rustici". Alla fine del percorso degli Uffizi, in quattro sale, saranno esposte opere di artisti fiorentini (Commodi, Fontebuoni, Boscoli, Martinelli, eccetera) che "mostrano qualche segno di ricezione del movimento caravaggesco, pur non essendo i loro autori caravaggeschi veri e propri".

Gli altri due dipinti di Caravaggio degli Uffizi ("Bacco" e il "Sacrificio d'Isacco") si uniranno nella Sala Bianca di Palazzo Pitti ai tre Caravaggio della Galleria Palatina. Il "Bacco", ritratto di un "pischello" romano dalla carne bianca e le labbra tumide, l'espressione malinconica. Il "Sacrificio di Isacco", ancora un "pischello" romano riccioluto, ma con il volto in primissimo piano, che urla per il terrore del coltello del padre vicino alla gola prima che l'angelo lo fermi. Il "Bacco" e il "Sacrificio" andranno prima a Roma, alle Scuderie del Quirinale, dove faranno un figurone nella mostra considerata ufficiale del quarto centenario che si aprirà il 20 febbraio, novità dell'ultimo minuto (fino al 13 giugno). Quindi torneranno a Firenze per l'apertura della mostra il 22 maggio. Alla Palatina trovano "Cavadenti", "Amorino dormiente" e il "Cavaliere di Malta" (quest'ultimo dagli Appartamenti reali).

La "Medusa" e il "Bacco" sono i "primi folgoranti dipinti del Caravaggio che il cardinal Del Monte donò al granduca Ferdinando I. Dopo di loro giunsero a Firenze pitture e pittori che fecero della città una 'capitale caravaggesca'". Ci saranno i caravaggeschi collezionati dai Medici e dalle istituzioni storiche fiorentine. Manfredi, Ribera, Cavarozzi ("San Gerolamo con due angeli"), Vouet, Baburen, Regnier, Valentin, eccetera.

Alla Galleria dell'Accademia (dall'8 giugno all'1° novembre) "Virtù d'amore" introduce all'universo privato delle camere nuziali del Quattrocento fiorentino. Sono scrigni ricoperti di dipinti, pieni di cassoni per il corredo e spalliere, di deschi offerti in occasione dei parti. Sono opere di grandi maestri o di pittori "abili e piacevoli", specializzati in queste scene colorate e di contenute dimensioni, a sviluppo orizzontale. Ispirate alla mitologia e alla storia antica, alle opere letterarie per "mettere in scena" modelli "di virtù e storie d' amore, fatti piacevoli e tragedie", sempre per "istruzione e ammonimento degli sposi", per instillare nella donna "virtù di obbedienza e abnegazione". Modello di virtù femminile, di tragico amore paterno e insieme condanna di chi governa con dispotismo, sono concentrati nella "Storia di Virginia Romana" di Botticelli. Fra i cassoni nuziali il più famoso, il cosiddetto "Cassone Adimari", piuttosto un pannello di spalliera. Raffigura una "Scena di danza" con cinque coppie eleganti che si muovono al suono di una orchestrina, una miniera di informazioni sulla vita fiorentina e i costumi del Quattrocento. Autore è il fratello di Masaccio, Giovanni di Ser Giovanni detto lo Scheggia. E così fra i deschi da parto il tondo del "Trionfo della fama" sempre dello Scheggia (dal Metropolitan). Molto probabilmente festeggia la nascita di Lorenzo il Magnifico nel 1449. Dirige la mostra Franca Falletti (catalogo Giunti editore).

Assolutamente unica la mostra "Parigi val bene una messa! L'omaggio dei Medici a Enrico IV re di Francia" (dal 15 luglio al 2 novembre al Museo delle Cappelle Medicee). Con il titolo da rettificare: "Parigi val bene un funerale, anche in effigie!" Nel 1600 Enrico IV re di Francia e di Navarra sposò per procura Maria dè Medici, nipote del granduca Ferdinando I. Il 14 maggio 1610 il re veniva assassinato a Parigi e il 16 settembre il nuovo granduca Cosimo II lo celebrava a Firenze nella basilica di San Lorenzo facendo dipingere agli accademici fiorentini una serie di monocromi (ciascuno 210 per 270 cm) con le imprese del re e i fatti importanti della sua vita. Una "serie unica al mondo", sopravvissuta alla vita effimera di queste opere, tirata fuori dai depositi degli Uffizi e restaurata, osserva Monica Bietti che cura la mostra con Francesca Fiorelli, Paul Mironneau (catalogo Sillabe).

L'antica moda dei "funerali in effigie" ebbe a Firenze "un nuovo avvio" con quello per Michelangelo. La moda si diffuse poi in tutta Europa, ma solo a Firenze si conservano i dipinti eseguiti in quelle occasioni. "Questo grazie alla lungimiranza dei Medici che affidavano sempre tutti i beni artistici alla 'Guardarobà che pensava a riutilizzare il materiale distribuendolo nei vari edifici e spazi".

Delle 26 tele iniziali per la cerimonia dedicata ad Enrico IV - precisa Monica Bietti -, "ne abbiamo reperite 19 (forse un'altra, ma lo stato è comatoso) che saranno in mostra. Erano collocate in alto nella navata di San Lorenzo fra drappi neri, scheletri, virtù scolpite e dipinte, stemmi e armi. Il tutto reso 'macabro e magnificò dal gran numero di candele". I monocromi di Enrico IV "sono quasi tutti grigio-nero-bianco a olio su tela. Gli autori sono una "pleiade finora poco nota di pittori che ha preso forma visibile attorno a celebrità quali l'Empoli (Jacopo Chimenti), il Curradi, il Poccetti". Alla mostra del 2005 dedicata a Maria c'erano solo due tele e quindi "da 400 anni nessuno ha più visto esposti tutti insieme i monocromi".

Queste attenzioni "post mortem" dei Medici erano naturalmente al servizio delle relazioni internazionali della dinastia. Nel caso di Maria i Medici volevano sottolineare la legittimità della principessa fiorentina diventata regina di Francia, vedova di Enrico, alla reggenza in nome del figlio Luigi di nove anni e della relativa successione al trono col nome di Luigi XIII.

Fra le altre opere della mostra (circa 80 fra ritratti di pittura e scultura, disegni e incisioni, documenti originali, oggetti), spicca un "prezioso bozzetto di Rubens" in collezione privata, per il ciclo di Maria al Palazzo del Lussemburgo: l'arrivo della regina a Marsiglia.

Anche questo è un pluricentenario che cade nel 2010 (la morte di Enrico IV), e allora la mostra è in collaborazione con la Riunione dei musei nazionali francesi ed esordirà (31 marzo-30 giugno) al Museo nazionale del castello di Pau dove il re era nato. La Francia vuole ricordare colui che "aveva riconquistato la stabilità dello Stato".

A pochi giorni di distanza si passa dalla sfera della morte alla sfera della vita anche più sfrenata grazie al "Vinum Nostrum" (dal 20 luglio al 15 maggio 2011, al Museo degli Argenti a Palazzo Pitti). Non c'è solo il "Mare Nostrum", ma il "Vinum Nostrum" perché se l'origine della viticoltura è in Mesopotamia, "straordinario" fu il contributo dei Fenici, navigatori e mercanti, e degli Etruschi per la diffusione della coltivazione della vite nel Mediterraneo e dei Romani per produzione e diffusione del vino su vasta scala. Titolo completo "Arte, scienza e miti del vino nelle civiltà del Mediterraneo antico" con "rilevante influenza" sulla cultura, i costumi sociali, la convivialità, la religione degli antichi. Sculture e vasi in mostra con nascita e diffusione del culto di Dioniso, il "dio della viticoltura, che col dono del vino, allieta il cuore dell'uomo e provvede al benessere e alla felicità". Vastissima, e dalle epoche più remote, le raffigurazioni di divinità, riti e feste del vino. E con la fortuna di aver ereditato Pompei e i suoi vigneti che rivivono sugli affreschi staccati, con i servizi da mensa in argento, le coppe di vetro. Ricostruita una "cella vinaria" con gli attrezzi della vigna, le anfore per il trasporto, i barili, i cesti per la vendemmia, carri e attrezzature. La mostra (catalogo Giunti Editore) è una collaborazione fra soprintendenza-polo museale e il Museo di storia della scienza che in primavera avrà il nuovo allestimento e cambierà nome in Museo Galileo.

L'ultima mostra dell'"Anno ad arte", "I grandi bronzi del battistero. Rustici e Leonardo" al Bargello dal 10 settembre al 10 gennaio 2011, segna un fatto storico e non positivo anche se inevitabile. Le tre porte del battistero di San Giovanni non sono più sormontate (e non lo saranno più) da originali. Sulla "Porta del Paradiso" il gruppo di marmo è stato sostituito da tempo da copie. Sulla porta Sud di Andrea Pisano dal 1571 i tre bronzi della "Decollazione del Battista" sono stati restaurati e presentati in mostra nello stesso Bargello fino al settembre 2008, facendo scoprire al pubblico Vincenzo Danti, un grande scultore del Cinquecento. Il gruppo sarà sostituito da copie in bronzo e gli originali sono in attesa di trovare spazio nel Museo dell'Opera del Duomo (proprietaria dei bronzi del battistero) e soprattutto nel futuro nuovo Museo dell'Opera. Ora tocca ai tre bronzi dal 1511 sulla porta Nord, la prima del Ghiberti, con la "Predica del Battista" di Rustici, capolavoro del primo Cinquecento. E sarà la seconda scoperta di un grande artista, per il pubblico e per gli studiosi dato che si tratta della prima mostra in assoluto dedicata a Rustici. Con i grandi bronzi ci sarà "una rassegna quasi completa delle sue opere (invetriati, marmi, terrecotte, dipinti, bronzi di medie e piccole dimensioni)". Dal Bargello si sposterà al piano terra della mostra la "monumentale pala robbiana del 'Noli me tangere'" e la "Zuffa di cavalli e cavalieri" in terracotta, "ispirata alla 'Battaglia di Anghiari' di Leonardo".

Leonardo, ecco l'altro aspetto affascinante della mostra perché Rustici fu di Leonardo allievo, collaboratore e amico (erano vicini di casa e chi dice nella stessa casa), nella scultura "forse il suo erede più discreto" osserva Cristina Acidini. Leonardo partecipò alla progettazione e realizzazione del gruppo del Battistero? Per il soprintendente "la nuova visibilità delle splendide statue permette di approfondire l'ipotesi del ruolo di Leonardo da Vinci, mentore del giovane scultore. Ipotesi che appare ormai molto convincente". Il contributo di Leonardo potrà essere dimostrato grazie al confronto con autografi leonardeschi.

Il restauro è stato curato dall'Opera di Santa Maria del Fiore col generoso contributo dei "Friends of Florence", la stessa benemerita associazione intervenuta per i bronzi di Vincenzo Danti. Al Bargello i bronzi di Rustici arriveranno dopo una doppia mostra negli Usa, ad Atlanta e a Los Angeles (al Museo Getty). La mostra fiorentina è a cura di Beatrice Paolozzi Strozzi, direttore del Bargello, e di Tommaso Mozzati e di Philippe Sénéchal, autori di due recenti monografie su Rustici. Il catalogo è Giunti.