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15 Dicembre 2009 ARCHEOLOGIA
Mauro Bonciani Corriere della Sera
Rinascimento, quando i cinesi li copiavamo noi
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FIRENZE - «Paolo il fisico, al Canonico di Lisbo­na. Ti ho parlato della via di mare da qui all´India (così era chiamata la Cina nel XV secolo): una strada che è più corta. E per­ciò mando a sua Altezza una carta dise­gnata con le mie mani, nella quale ho in­dicato la costa dell´Irlanda e, opposta ad essa, direttamente a Ovest, l´inizio dell´In­dia e quante miglia tu devi fare prima di arrivare a questi posti che sono i più ric­chi di ogni tipo di spezie, gemme e pietre preziose. Nei giorni di Papa Eugenio IV è arrivato un ambasciatore del Gran Khan ed ho avuto una lunga conversazione con lui su molte cose». «Paolo il fisico, a Cristoforo Colombo. Io avverto il vostro magnifico e grande desiderio di navigare verso l´Est da Ovest. Vi mando la copia della lettera in­viata al Canonico di Lisbona per il viag­gio che non solo è vero che sia possibile, ma anche è certo che sarà onorevole, por­terà profitti incalcolabili e grande fama a tutti i Cristiani». In questa lettere, scritte nel 1474 dal fi­sico e astronomo fiorentino Paolo dal Poz­zo Toscanelli al canonico Fernan Martinez de Roriz, confessore di Re Alfonso e della corte del Portogallo, e a Cristoforo Colom­bo, potrebbe nascondersi la prova che il navigatore genovese è arrivato in America grazie a carte cinesi e che tutto partì da Fi­renze.

RINASCIMENTO COPIATO DA ZHENG HE? - Ma non solo: secondo Gavin Men­zies, storico dilettante, ex sommergibili­sta inglese, l´arrivo di un´ambasciata cine­se nel 1434 e il massiccio trasferimento di tecnologie orientali fu all´origine del Ri­nascimento, di molte delle invenzioni di Leonardo, di innovazione decisive nella la­vorazione della seta e per lo sviluppo delle risaie venete e lombarde. Colpevole, l´am­miraglio Zheng He, eunuco, musulmano, grande navigatore (celebre la spedizione del 1405 con 317 navi e 28.000 soldati a bordo che raggiunse le coste orientali del­­l´Africa, il Mar Rosso, Giappone e Corea) che nel 1434 arrivò a Venezia, guidando un´ambasciata che aveva scopi commer­ciali, ma anche l´incarico di parlare con il Papa. L´incontro con Eugenio IV ci fu, pro­prio a Firenze, e lì Paolo dal Pozzo Tosca­nelli parlò con l´ambasciatore e avrebbe appreso molte cose, copiando anche le car­te geografiche elaborate proprio grazie ai viaggi di Zheng He. Sempre attingendo al­le conoscenze portate dai cinesi — sostie­ne Menzies nel suo libro 1434, l´anno in cui una magnifica flotta cinese sbarcò in Italia e dette inizio al Rinascimento, dispo­nibile per adesso solo in inglese — l´am­biente fiorentino dette vita a quel fenome­nale movimento. Firenze e la Cina aveva­no contatti da due secoli (nel 1225 lo stori­co Zhao Ruqua parlava dei fiorentini nella sua «descrizione dei popoli barbari» e la Fiorenza era nota come Farang o Fulin), la città toscana era piena di schiave arabe, russe e mongole, i suoi commercianti gira­vano mezzo mondo, proprio in quell´anno Cosimo de´ Medici tornava in città dopo l´esilio e gli indizi «cinesi» scovati da Me­niez sono intriganti. Nel giallo, oltre a Zheg He (ritenuto anche scopritore di America, Nuova Zelanda, Australia e An­tartide) e Colombo sono coinvolti Leonar­do da Vinci e Papa Eugenio IV, Filippo Bru­nelleschi, Leon Battista Alberti, Mariano Taccola, Medici e Visconti, Amerigo Ve­spucci, Magellano, la conquista di Pisa da parte di Firenze nel 1406, un dipinto del Pisanello (datato 1433-1438, vi si vedono un ammiraglio mongolo assieme a soldati cinesi, bufali d´acqua e navi simili a quelle di Zheng), il veneziano Niccolò da Conti e altro ancora.

GLI STORICI RIBATTONO: SOLO INDIZI - Tutto vero? No, per lo storico Franco Cardini, perchè alcuni indizi non fanno una prova. E perchè la tentazione codice­davinciana è sempre dietro l´angolo. No, anche secondo gli esperti dell´Istituto Geografico Militare di Firenze. «Che Zheng He possa essere arrivato in America è un´ipotesi, ma ciò non ebbe nes­sun effetto reale esplicito ed è ancora più difficile pensare ad un effetto implicito co­me carte di navigazione copiate da Paolo dal Pozzo Toscanelli — dice Franco Cardi­ni — È facile prendere alcuni indizi isola­ti, fare di analogie sporadiche una teoria. Le conoscenze cartografiche all´epoca arri­vavano anche dall´islam turco e persiano, che forse mediava conoscenze cinesi, ma proprio in quel tempo la Cina iniziò la chiusura che sarebbe du­rata per secoli. A Firenze c´era di­mestichezza con l´Oriente, c´era­no schiave arabe e tartare che parlavano quelle lingue, i meticci non facevano scandalo e lo era anche Alessandro de´ Medici, con il Concilio del 1439 arrivarono mis­sioni diplomatiche da Russia, Etiopia e il ve­neziano Niccolò de Con­ti conosceva l´India, ma che le carte di Colombo fos­sero cinesi è solo un´idea strampalata». «La carta inviata da Toscanelli al Re del Portogallo prima e a Colombo poi non esiste, è andata persa— sottolinea Andrea Cantelli, responsabile dell´area cartografica dell´Istituto Geografi­co Militare — e quindi ogni confronto è impossibile, con carte di qualsiasi prove­nienza ».

EFFETTO DAN BROWN - Carte a parte, davvero le conoscenze ci­nesi copiate dai fiorentini innescarono il Rinascimen­to? «L´effetto Dan Brown — ride Cardini — è sem­pre in agguato. Il Concilio di Firenze del 1439 portò molte conoscenze filosofi­che e letterarie dall´Oriente ed altrettanto fecero i dotti in fuga da Costantinopoli dopo la conquista della cit­tà da parte di Maometto II nel 1453, ma lo scambio tra Oriente e Occidente c´è sempre stato, tanto che era comune il fe­nomeno dei finti ambasciatori cinesi che giravo le corti cercando di fare affari e truf­fare e che i testi scientifici greci ci sono arrivati attraverso gli arabi. Chissà se a Fi­renze venne Vlad Tepes III, Dracula, per in­contrare Papa Pio II che gli scriveva per chiedergli aiuto nella crociata contro i tur­chi, e può darsi che anche l´ambasciata ci­nese dell´ammiraglio passasse in città. Ma se Zheng He raggiunse l´America non se ne accorse nessuno allora; e lo stesso sa­rebbe oggi se non ci fossero certi libri...».