sei in Home > Archeologia > News > Dettaglio News
27 Luglio 2009 ARCHEOLOGIA
GOFFREDO SILVESTRI Repubblica.it
I principi etruschi signori di Maremma
FOTOGALLERY
tempo di lettura previsto 11 min. circa

Gli Etruschi di Maremma, cioè di quel territorio costiero e interno tosco-laziale da Populonia (altezza dell'Elba) a Vulci-Tarquinia, l'antica Etruria tirrenica, nel periodo fra VII e VI secolo avanti Cristo, erano i capi militari e civili più ricchi fra quanti di pari grado abitavano nello stesso periodo la penisola italiana? Certamente esibivano i corredi funerari che avevano usato in vita (i campionari attraverso i quali noi moderni li conosciamo), più ricchi in oro e argento e in lavorazioni ricercate e raffinate, e più vari, dalle origini più diverse del Vicino Oriente e del Mediterraneo. Una "internazionalizzazione" cominciata da molto prima. L'archeologo Giovannangelo Camporeale ci ricorda i tre bronzi sardi, fra i quali una figurina di sacerdote-guerriero, a Vulci, in una necropoli della fine del IX secolo. Oggetti sardi che nell'VIII secolo aumentano in modo considerevole in Etruria (bottoni, pendagli, modellini di faretra, armi, navicelle di bronzo) e, concentrate a Vetulonia, brocchette d'impasto dal collo allungato usate in qualche cerimonia. Dai decenni centrali dell'VIII secolo ecco l'apertura al Vicino Oriente. Così a Tarquinia una boccettina d'argilla di produzione fenicia e un vaso in fa%u0457ence con iscrizione geroglifica con il nome del faraone Bocchoris di produzione egizia. A Vulci un lebete bronzeo di produzione cipriota. A Vetulonia una coppa bronzea con decorazione a sbalzo, fenicia. A Veio un secchiello assiro. In vari centri, scarabei e idoletti di terra smaltata, di produzione ancora egizia. Dai decenni centrali dell'VIII secolo, dall'isola greca di Eubea arrivano vasi del servizio da vino, la coppa o la brocchetta o il cratere lavorati al tornio, dipinti nello stile geometrico. Quasi certamente questi oggetti furono "distribuiti" dai mai fermi mercanti fenici che già nel X secolo attraversavano il Mediterraneo, allora interessati ai minerali della Spagna meridionale.

Ma l'artigianato locale "consegue progressi tecnici e qualitativi" in modo tale che gli oggetti etruschi sempre più raffinati vengono apprezzati "all'estero". Lo provono la pisside-incensiere e la situla "made in Vetulonia" trovati nell'Heraion di Samo e i due lebeti e numerose fibule della stessa produzione ad Olimpia, i bronzi in tombe in Alsazia, a Francoforte, in Costa d'Oro, a Lione, a Bologna, ad Este, in Slovenia. Alle tombe dei "principi" si aggiungono le tombe di un ceto benestante rivelato dagli unguentari di Corinto, affermazione di una moda che si preoccupa della cura della persona.

Ma quali erano le fonti che alimentavano questi ricconi, "in verità non molti" come si può immaginare, detentori del potere economico e politico? Innanzi tutto le miniere di ferro e rame dell'Elba e della costa, le Colline Metallifere, e il commercio dei minerali e dei metalli. Poi l'agricoltura che significa anche vino che dopo l'importazione dall'Eubea (di servizi da vino e vignaioli greci) "si carica di una valenza economica, sociale, antropologica" con "la cerimonia in cui si consuma il vino (il simposio) e l'ideologia (aristocratica) che vi sottende". Ancora, la selvicoltura, l'allevamento del bestiame da lavoro e da carne. Ma anche i giganteschi buoi maremmani (allora ancora più monumentali come stazza e dalle corna ancora più gigantesche), che facevano una gran bella figura nelle cerimonie e nei cortei, "da parata", erano una fonte di reddito. La pesca (mare e bacini interni). La produzione di sale marino e salgemma. I prodotti "per quantità e qualità erano in grado non solo di soddisfare il fabbisogno locale, ma di entrare in un giro di traffici a largo raggio", con una "valenza economica notevole". Il movimento delle merci era facilitato dalla "viabilità segnata dalle valli di molti fiumi".

Ma è ora di vedere da vicino quello che promette l'archeologia, nella mostra a Grosseto, al Museo archeologico e d'arte della Maremma, sui "Signori di Maremma - élites etrusche fra Populonia e il Vulcente" (fino al 31 ottobre). Doppia occasione con gli itinerari fra una decina di località dove sono le tracce potenti di tombe e necropoli, mura, santuari di questi dominatori dal punto di vista economico, ma naturalmente non è solo storia etrusca.

La mostra è promossa dal Comune di Grosseto, dal museo diretto da Mariagrazia Celuzza, con la Soprintendenza per i beni archeologici della Toscana diretta da Fulvia Lo Schiavo. Progetto scientifico di Giuseppina Carlotta Cianferoni della soprintendenza e di Simona Rafanelli, direttore del Museo civico archeologico di Vetulonia. Catalogo Edizioni Polistampa. La mostra fa parte di un programma sviluppato dall'antiquario Gianfranco Luzzetti.

Altissime la qualità e bellezza, la novità per i visitatori perché gli oltre 200 oggetti presentati sono usciti dai depositi del Museo archeologico nazionale di Firenze, sono quasi tutti inediti e sono stati visti solo in mostre organizzate all'estero.

Il periodo scelto è quello fra VII e VI secolo avanti Cristo perché è il periodo del massimo splendore dei "principi" etruschi. Il periodo denominato Orientalizzante "per il gusto che pervade l'Italia antica di accettare, ricercare e riprodurre modelli dal Vicino Oriente". E come sempre non sono influenze recepite passivamente, ma "una adesione profonda a contenuti e simbologie destinate ad accompagnare la società degli Etruschi dalla culla alla tomba". Correnti commerciali che sono anche trasferimenti di cultura.

Molti dei materiali presentati (importati o prodotti localmente) sono beni di lusso, dalla toilette all'ornamento della persona, alla cerimonia del simposio. Spesso - osserva Camporeale- gli stessi oggetti, in particolare quelli esotici, sono stati ritrovati nei santuari della Grecia o nei palazzi reali del Vicino Oriente. In parole povere, "nel VII secolo a. C. i signori etruschi erano sullo stesso piano di un santuario, che è luogo di culto e anche tesoreria, o di un sovrano.

La mostra ha scelto cinque territori, ognuno particolare, fra l'Alta e la Bassa Maremma toscana. Populonia e Vetulonia per una aristocrazia definibile come "urbana" perché i due centri fanno parte dei "duodecim populi" d'Etruria. Roselle, probabile avamposto di Vetulonia a controllo dell'Ombrone fiume navigabile, dalle impressionanti mura poligonali, presenta materiali da uno dei più antichi edifici pubblici d'Etruria. Marsiliana (non lontana dalla foce del fiume Albenga) e Poggio Buco-Pitigliano (lontani centri della media valle del Fiora), definibili come "siti coloniali" di una grande città dell'Etruria Meridionale, Vulci, i cui capi si impadronirono di "ampi territori in località-chiave" per il controllo dei traffici dalla costa all'interno.

Populonia è l'unica delle città d'Etruria situata sul mare. Presenta uno dei più grandi complessi, la tomba a camera a pseudocupola detta "dei Flabelli" trovata nel 1928 ancora intatta sotto un cumulo di scorie di ferro alto circa dieci metri ed usata come tomba di famiglia per quasi un secolo. Prima dei Flabelli c'è da scoprire le "eccezionali" due panoplie in bronzo, quasi complete, di elmo e schinieri. Gli elmi sono uno in bronzo laminato, a calotta ovale di tipo corinzio (copertina della mostra), ed uno in bronzo fuso con due costolature parallele sulla cima, probabilmente proveniente dalla Slovenia. Finora l'unico esemplare di questo tipo trovato in Etruria. Questo per i "principi".

Per le loro donne (ma potevano essere per i capi, senza distinzione) ecco la coppia dei flabelli (ventagli) da parata, di forma semicircolare, in bronzo laminato e fuso con una ricca decorazione a sbalzo, uno restaurato, riuniti per la prima volta insieme. Uno ha diametro massimo di 50 cm e altezza massima di 54, l'altro di 56-58. Nello "splendido" servizio di vasi di bronzo per il banchetto e il simposio, una curiosa "grattugia" che serviva a preparare una bevanda "speciale" a base di vino, farina bianca e formaggio di capra (di cui si occupa anche Omero nell'Iliade). Fra la ceramica di importazione un balsamario a forma di lepre distesa lungo 20 cm, con il corpo punteggiato con colore bruno per rendere il pelo: una produzione locale su modello greco-orientale.

Vetulonia. Secondo le fonti, da qui sono passate a Roma, durante la monarchia etrusca, le insegne del potere: i fasci littori, la sella curule, la toga purpurea. Al "poggio al Bello" c'è il "grandioso" complesso della "tomba del Duce" (come condottiero), tomba a tumulo con fosse multiple. Un raro esempio di sepoltura dell'Etruria Settentrionale, scavata nel 1886, in parte saccheggiata in antico, ma in cui sono stati trovati cinque distinti nuclei di oggetti in oro e argento, bronzo (anche un piccolo scettro), ceramica di importazione, impasto, buccheri sottili, dischi in terracotta del diametro di 49 cm (la cui interpretazione va dalla cottura delle focacce ad una imitazione degli scudi). Questi oggetti sono relativi ad almeno quattro sepolture che erano collocate a quote diverse (da 0, 70 cm a 2, 70 metri).

L'oggetto più significativo in mostra è addirittura un frammento, del fondo in lamina d'argento di una coppa dove il restauro ha scoperto graffita una iscrizione forse col nome del "principe" defunto: "Mi Raxu Kakanas" (Io sono di Rachu Kakanasa). Tazza, corredo e lo stesso "princeps" dovrebbero condurre a Caere-Cerveteri. "Eccezionale" una grande urna cineraria d'argento decorata a sbalzo (42 per 63 per 37 cm), in grandi frammenti, in cui erano stati riuniti i resti cremati del principale "inquilino" della tomba. File di animali reali e fantastici, delimitate da motivi ad archi intrecciati e sormontati da una palmetta. Uno scudo del diametro ricostruito di 84 cm, di una sottile lamina di bronzo, è un mosaico di una trentina di frammenti. Fra i buccheri una coppa nero fine a calotta emisferica, "grande ansa a nastro sormontante impostata sulla vasca e ripiegata sull'orlo". Sul piede è graffita una iscrizione di 46 lettere, di carattere dedicatorio che ancora non è stata interpretata completamente.

Marsiliana. La necropoli ha restituito alcuni degli oggetti artistici "più famosi della civiltà etrusca". Il pettine d'avorio (alto 9, 5 e largo 11 cm), con in cima un fiore di loto fra due belve, l'impugnatura con un bassorilievo, da un lato, di due sfingi alate, e dall'altro di due leoni anch'essi alati, tutti che si contrastano a brutto muso. Si tratta di un'unica piastra di avorio, ma di produzione etrusco-settentrionale. Un oggetto che data la fragilità era forse un ornamento da parata, non da rischiare nell'uso quotidiano. Ancora avorio (intagliato, scolpito e inciso) per la pisside alta 18 e del diametro di 10 cm. La presa in alto a fior di loto e soprattutto le lotte in bassorilievo fra uomini e animali e fra animali ("forse precisi episodi mitologici" osserva Carlotta Cianferoni), fanno pensare ad un artista-artigiano "di eccellente livello, con esperienza d'orafo", immigrato o con formazione orientale. La tavoletta scrittoria (5, 1 per 8, 5 cm) in avorio intagliato, in realtà un "servizio di scrittura" con uno stilo di bronzo dal manico d'avorio e due spatole, sempre avorio, per stendere la cera da incidere. La tavoletta rettangolare è completata sul margine superiore da 26 lettere incise dell'alfabeto greco arcaico, quasi un memento per lo scriba. La statuetta (altezza 9, 5 cm) che rappresenta la dea della fecondità (con la mano destra regge un vasetto e con la sinistra si preme la mammella) e un "trecciolone" che arriva alle natiche. Avorio, in origine rivestita, almeno nella parte posteriore, di una sottile lamina d'oro, andata perduta. Un pezzo rarissimo in territorio etrusco, prodotto con tutta probabilità a Marsiliana stessa, da un artigiano immigrato che conosceva il mondo siro-fenicio.

Fra i capolavori in oro e argento esposti, la fibula, la spilla lunga 15, 5 cm, denominata "a Drago", ma in realtà ricoperta, dall'arco alla staffa, di deliziose, minuscoli paperelle i cui particolari sono a granulazione, una tecnica dell'oreficeria in cui gli etruschi eccellevano. Due spettacolari e ingombranti (se sono esatte le misure) pendenti d'oro, lunghi 28 cm. Di doppia lamina d'oro sbalzata e saldata con il corpo a forma di busto femminile. Una maschera funeraria in lamina d'argento (con parte di naso, orecchie, occhi, porzione del mento).

Le piccole aristocrazie di Poggio Buco e Pitigliano non potendo competere con i "principi" delle "metropoli" costiere Populonia e Vetulonia quanto alle suppellettili del banchetto, della mensa e ai corredi in oro, argento, bronzo, si sono espresse con le ceramiche da banchetto. "Talora di dimensioni colossali", come i grandi crateri di bucchero pesante decorati a rilievo, o i vasi d'impasto con figurine poste sul coperchio o la spalla. Un cratere in bucchero pesante con decorazione a rilievo e incisa, e una serie di teste e testine umane, alro 42 cm e diametro 39. Un'olla alta 40 cm con la superficie ocra ricoperta di triangoli rossi.

Roselle già alla fine del VII secolo è un centro autonomo da Vetulonia e si difende con una cinta di mura . I materiali in mostra si distinguono da quelli degli altri centri perché non sono parti di corredi funebri, ma provengono dalla cosiddetta "Casa con Recinto" scavata sotto al Foro di Augusto che è il cuore della città. La "Casa", del VII secolo, è centro religioso e politico della prima comunità etrusca attestato dalle "importantissime iscrizioni di dedica". Una delle più significative di tutta l'Etruria è quella ritrovata su di un frammento di orlo di dolio di impasto interpretata come "Io sono stato donato da Venel Rapales a Laivena" oppure "Mi ha donato Venel Rapales figlio di Laivena". In ogni caso sembra che l'oggetto "parli in prima persona".

Notizie utili - "Signori di Maremma - élites etrusche fra Populonia e il Vulcente".

Dal 14 giugno al 31 ottobre. Grosseto. Museo archeologico e d'arte della Maremma. Promossa dal Comune e dal Museo di Grosseto con la Soprintendenza per i beni archeologici della Toscana. Mostra del programma sviluppato da Gianfranco Luzzetti. Progetto scientifico di Giuseppina Carlotta Cianferoni (soprintendenza) e di Simona Rafanelli (Museo civico archeologico di Vetulonia). Catalogo e guida itinerari Edizioni Polistampa.

Biglietti: unico per mostra e museo, intero 5 euro, ridotto 2, 50.

Orari: da martedì alla domenica 10/13 - 17 /20; lunedì chiuso.

Informazioni e prenotazioni: 0564-488.750; www.comune.grosseto.it.