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3 Novembre 2004 STORIA
Maurizio Chirri l´astronomia
L´Inverno più lungo della terra – le orbite dei pianeti e la macchina del clima
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ENIGMI GEOLOGICI E PALEOCLIMI: LA TERRA A PALLA DI GHIACCIO?

Durante gli ultimi 570 milioni di anni nell'eone Fanerozoico, le registrazioni paleoclimatiche raccolte in numero sempre maggiore evidenziano una distribuzione regolare delle fasce climatiche e una scarsa o assente stagionalità alle basse latitudini. Questi sono gli indizi di un'inclinazione dell'asse di rotazione prossima ai valori attuali. Cade così l'ipotesi di una ridotta obliquità durante l'era mesozoica, che alcuni autori avevano suggerito per giustificare la presenza di foreste alle paleolatitudini circumpolari o gli inesplicabili dinosauri antartici.

Per il Proterozoico, l'eone che si estende fra 2500 e 570 milioni di anni fa, i dati geologici e paleoclimatici sono invece enigmatici. I geologi hanno riconosciuto tre principali glaciazioni proterozoiche. Una antichissima, verificatasi circa 2500 milioni di anni fa e due più recenti che si sono susseguite fra 800 e 600 milioni di anni fa. Le tracce della più antica glaciazione chiamata Huroniana sono ben evidenti in Canada nella zona a nord del lago Huron. Quelle delle due glaciazioni più recenti riconosciute nella storia di Rodinia, riferite ai periodi Criogeniano e Vendiano, sono sparse in diversi continenti. Il Proterozoico superiore è un'era di importanza cruciale per la storia della Terra e per l'evoluzione della biosfera. La Terra subì a due riprese prolungate e intense glaciazioni. Gli specialisti del Precambriano lo definiscono "l'inverno più lungo". I sedimenti con testimonianze glaciali frequentemente hanno alla sommità o si appoggiano su rocce quali dolomie o gessi, deposte in mari temperati-caldi. Circa 800 milioni di anni fa il periodico gioco delle placche spinse le terre emerse a riunirsi in un unico supercontinente, chiamato dai geologi Rodinia, in greco la "Terra dell'Alba" (vedi figura sotto).

Dove gli antichi continenti s'incastrarono fra loro, lunghe catene montuose s´innalzarono a segnarne le suture, creando così le configurazioni dell´Africa e dell´America meridionale che ci sono note. I geologi ignorano a quali altezze furono spinte le vette delle orogenesi panafricana e brasiliana, ma sono in grado di ricostruire la probabile geografia di quelle epoche. Molte rocce delle aree coinvolte contengono le testimonianze del passaggio di antichissimi ghiacciai e mostrano un'insolita caratteristica. Le loro paleolatitudini, ricavate grazie alle analisi del paleomagnetismo e valide nell'ipotesi di un permanente parallelismo fra poli magnetici e geografici, indicano ambienti di formazione prossimi ai tropici o addirittura vicini all'equatore dell'epoca.

Diversamente dalla Pangea - il successivo raggruppamento continentale che si formò circa 280 milioni di anni fa -, in Rodinia i siti con tracce di un'antica glaciazione erano disposti prevalentemente lungo la fascia paleotropicale. Nell'Australia occidentale e meridionale, in Antartide, nel Nord America occidentale, in Namibia (Africa del Sudovest) si ritrovano antiche tilliti, depositi morenici di origine continentale, o frammenti di rocce staccati dai ghiacciai intrappolati in sedimenti marini. In Australia meridionale, nella località di Elatina, si rinvengono imponenti depositi laminati che rappresentano l´equivalente delle odierne Varve dei laghi periglaciali. Tutte queste testimonianze geologiche dell´azione dei ghiacciai mostrano inequivocabilmente di essere formati a basse latitudini. Inoltre, altri dati sono enigmatici, gli oceani di quelle lontane epoche erano popolati da semplici microrganismi, quali le alghe azzurre cianoficee. Organismi simili diedero origene alle stromatoliti; estesi accumuli di tali strutture di natura carbonatica costruirono le prime "scogliere" nei mari caldi del Precambriano, lungo le coste delle piattaforma continentali di Rodinia. Sono state trovate stromatoliti proterozoiche in Scandinavia e nelle Isole Svaalbard, a nord della Norvegia, a quell´epoca collocate a latitudini medio alte. Dunque, i ghiacciai della Terra di Rodinia si spingevano fino ai mari equatoriali e le scogliere temperate proliferavano in prossimità dei circoli polari. Possiamo tentare di ricostruire con l´immaginazione alcuni di questi ambienti. Dalle terre che si affacciavano sui tropici lingue di ghiaccio si immergevano in mare mostrando un aspetto simile all´Antartide. Durante le brevi estati, il pack si frantumava e gli iceberg alla deriva attraversavano la linea dell'equatore sotto un cielo quasi azzurro come l'attuale (la percentuale di ossigeno era almeno dieci volte inferiore al presente) e frequentemente sereno. Contrariamente a quanto si pensa, i periodi glaciali sono caratterizzati da climi mediamente più secchi. Nella stagione temperata nelle zone continentali vicino all'equatore, le acque di fusione dei ghiacci portate dai torrenti alimentavano numerosi specchi lacustri come oggi nel Canada o in Scandinavia, e nei fondali si adagiavano strati di limi più grossolani rispetto a quelli deposti durante l'inverno.

Vista dallo spazio come sarebbe apparsa la Terra: una palla di ghiaccio o una strana sfera gelata all'equatore? All'inizio, durante gli Anni Sessanta, alcuni pensarono a dati male interpretati.

Successivamente si fece strada l'ipotesi che il pianeta avesse subito a più riprese delle brusche strigliate climatiche, dovute a rapide variazioni o interruzioni del ciclo geochimico del carbonio. In altre parole, si riconosceva un ruolo predominante alla CO2 la cui variazione nell'atmosfera aveva guidato la Terra attraverso vicissitudini climatiche estreme. Ma presto si riconobbe che nessuna plausibile variazione della composizione chimica atmosferica poteva spiegare una flessione della temperatura media globale di circa 30°C rispetto all'attuale, necessaria per giustificare i ghiacciai lungo la linea dei tropici. Fu anche ipotizzata una diminuzione cospicua della costante solare decisamente smentita dagli astrofisici. Per confronto all'apice dell'ultima glaciazione, la temperatura media annua risultava di 8°C o 9°C inferiore all'attuale valore medio (15, 2°C).

UNA POSSIBILE SPIEGAZIONE ALTERNATIVA: LE "GLACIAZIONI A BASSE LATITUDINI E LA TERRA SOTTOSOPRA

Le prove geologiche, sia pure con dubbi relativi ad alcuni dati sulle antiche latitudini, rendono sempre più verosimile l'ipotesi di "glaciazioni a basse latitudini" alternate a climi inspiegabilmente torridi fino ai poli. Ma i chiari "dati di terreno" sono a loro volta contraddetti dai limiti dell'evoluzione chimica dell'atmosfera e dalla "costanza" della costante solare. La contraddizione, tuttavia, potrebbe essere solo apparente. Un'ipotesi alternativa è stata avanzata da un geologo australiano G. E. Williams (1994). Per miliardi di anni la piccola sfera terrestre probabilmente ha rotolato nello spazio in una condizione che la renderebbe irriconoscibile ai nostri occhi. Piegata circa come Urano, puntava i suoi poli quasi direttamente verso il Sole (vedi figura nella pagina a fronte). L´antico equatore riceveva meno energia delle regioni alle alte latitudini e quando il motore di Gaia spostava le placche nell'opportuno assemblaggio, si rendevano possibili come oggi estese glaciazioni. La disposizione chiave era opposta a quella che rende attiva oggi la macchina del freddo, le terre emerse dovevano collocarsi prevalentemente ai tropici. La registrazione geologica secondo questa ipotesi torna a una corretta interpretazione. Le aree glaciali erano alle basse latitudini, mentre nelle zone delle alte latitudini dei due emisferi si trovavano i climi caldi o temperati. Le testimonianze geologiche fuori posto quali le tilliti nell'antica Scandinavia e nelle Svalbard risulterebbero dovute a ghiacciai montani. La particolare entità estensione e durata delle glaciazioni proterozoiche, si spiegherebbero con le ampie superfici ghiacciate interessate, dovute alle maggiori estensioni coinvolte per superficie angolare (un grado quadrato ai tropici copre un'area oltre due volte superiore dell'equivalente superficie angolare ai circoli polari). In altri termini, le glaciazioni equatoriali, ricoprendo superfici maggiori, sarebbero caratterizzate da un elevato feedback positivo, ovvero si incrementerebbero con maggiore efficacia delle glaciazioni polari.

IL NOSTRO SATELLITE, LA DINAMICA DELLA TERRA E LA BIOSFERA

Dunque, alla fine dei lunghissimi eoni della "vita primordiale", un meccanismo mirabile avrebbe prodotto le condizioni perché il pianeta subisse una brusca metamorfosi delle modalità della sua orbita e della macchina del clima. La Luna, un satellite insolitamente grande per un pianeta di tipo terrestre, ha determinato con i suoi imponenti effetti mareali un costante allungamento della durata del dì. Il giorno della Terra, 500 milioni di anni fa, durava circa 22 ore. Una testimonianza diretta di tale fenomeno deriva dalla paleontologia. Ancora nel periodo Devoniano, 400 milioni di anni fa, gli anelli di accrescimento annuale dei coralli erano costituiti da oltre 400 lamine diurne. L'anno durava 400 giorni, perché, rimanendo invariata la durata dell'anno ovvero la distanza fra la Terra e il Sole, le giornate erano più corte. Proprio il rallentamento della durata del giorno a 22 ore avrebbe indotto un effetto di risonanza con il periodo di rotazione del confine nucleo-mantello, originando un accrescimento esponenziale della dissipazione meccanica tra le due geosfere. Qualunque sia stato il reale meccanismo, poderose forze endogene sarebbero responsabili della brusca diminuzione del valore angolare dell'inclinazione dell'asse di rotazione da 50´ a 25', realizzatasi in circa 100 milioni di anni. In ultima analisi, il nostro satellite naturale sarebbe il regolatore di importanti aspetti della dinamica del pianeta. Tuttavia, per Laskar e Robutel e altri autori, gli effetti della Luna sarebbero ancora più ampi. Forse le stromatoliti, dall'Archeano e per tutta la durata della loro evoluzione, si erano perfettamente adattate ad un pianeta con giorni, stagioni e climi così diversi da quelli conosciuti durante gli ultimi 500 milioni di anni. Ma si possono avanzare forti dubbi che la successiva complessità dei viventi si sarebbe sviluppata altrettanto bene in un mondo dove le regioni delle ombre lunghe si trovavano tra le immense distese tropicali. Circa 600 milioni di anni fa mentre Rodinia, il continente dell'Alba, si frammentava e i ghiacciai si scioglievano, concordemente una rivoluzione investiva la Terra e la Vita. Forze immani, in parte endogene e in parte cosmiche, raddrizzavano l'asse del pianeta e la biosfera conosceva un´improvvisa esplosione. In una località dell´Australia meridionale chiamata Ediacara Hills, alcuni geologi nel 1947, riconobbero la più antica comunità di organismi pluricellulari apparsi sulla Terra. Tra le tenui impronte lasciate in una sabbia fine (i gusci sarebbero venuti molto più tardi), sono state identificate forme insolite a cui i paleontologi hanno dato i nomi impronunciabili quali Parvancorina e Tribrachidium, organismi appartenenti a rami dell´albero della vita che non si sono sviluppati, ma anche organismi in cui si riconoscono i piani organizzativi dei phyla che oggi costituiscono l´ampia varietà dei viventi. Fra queste forme fossili gli antenati delle meduse, degli anellini, dei molluschi, degli echinodermi. La vita ha mostrato una repentina fioritura, comunità biologiche con una loro complessa ecologia si sono affermate nel corso di quello che geologicamente è un istante. Solamente una coincidenza ha sincronizzato gli orologi della Terra, della Luca e della Vita? Cosa sarebbe accaduto se la Terra come gli altri pianeti terrestri non avesse avuto un satellite significativamente grande? Simulazioni della dinamica della Terra in assenza della Luna dimostrano che il pianeta sarebbe andato incontro a disastrose variazioni epocali dell´inclinazione. L´asse di rotazione si sarebbe spostato caoticamente nel giro di pochi milioni di anni inclinandosi da bassi ad alti valori. L´orientazione dell´asse di rotazione nello spazio è governata dalla cosiddetta precessione equinoziale. E´ noto che la causa del fenomeno è dovuta all'attrazione gravitazionale della Luna e del Sole, esercitata sul rigonfiamento equatoriale terrestre inclinato sul piano dell'orbita esattamente del valore dell'obliquità. L´ampiezza del fenomeno è dovuta per due terzi alla Luna e per circa un terzo al Sole, mentre contribuiscono in maniera piccolissima anche le attrazioni dei pianeti con la cosiddetta componente precessionale planetaria. Sempre Laskar e Robutel (1993) hanno dimostrato che, in assenza della Luna, la sola attrazione solare manderebbe in risonanza la cosiddetta macchina precessionale, fornendo l'energia necessaria a imprimere all'asse un moto caotico e amplificato.

Questo, verosimilmente, è quanto è accaduto a Marte a causa delle modestissime dimensioni dei suoi satelliti, Phobos e Deimos: l'inclinazione dell'asse del Pianeta Rosso varierebbe caoticamente tra i 10' e i 60', in modo decisamente più ampio di quanto precedentemente previsto. Si spiegano così chiaramente le insolite forme periglaciali che si notano nelle regioni tropicali, come anche le strutture sedimentarie ritmiche che costituiscono le calotte polari.

Tra gli addetti ai lavori si fa strada il convincimento che un satellite di grandi dimensioni sia un requisito essenziale per un asse di rotazione stabile. In qualunque periodo della storia del pianeta, la nostra Luna ha quindi svolto una funzione simile a un "pace maker" planetario. La lunghissima infanzia della vita e la sua successiva evoluzione verso la complessità hanno goduto di un privilegio che nell'Universo potrebbe risultare raro. Quando le future missioni di telescopi spaziali a interferometria ottica, con obiettivi TPF (Terrestrial Planet Finder), rinvieranno a Terra le immagini di altri sistemi planetari, un'ulteriore sfida tecnologica sarà rappresentata dalla capacità di identificare i satelliti dei pianeti rocciosi. Lo stato delle attuali conoscenze indica che, probabilmente, la famosa equazione di Drake, che permette un calcolo approssimativo del numero di civiltà extraterrestri, è costituita da un ulteriore termine.

MAURIZIO CHIRRI, professore incaricato di Geografia Astronomica (insegnamento "La Terra nello Spazio") al Dipartimento di Scienze Geologiche dell'Università Roma Tre, presso l'Università La Sapienza di Roma per il corso di Laurea in Scienze della Conservazione dei Beni Culturalˇ, svolge il modulo "Musei scientifici e Planetari" per il corso di Museologia. E´ direttore scientifico del Civico Museo Geopaleontologico "Ardito Desˇo" di Rocca di Cave (RM). Astrofilo da sempre, organizza i programmi di divulgazione del Gruppo astrofili Hipparcos di Roma.