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25 Ottobre 2004 SCIENZA
Science Daily
GEOFISICA. LA TECNOLOGIA GPS GIOCA UN RUOLO IMPORTANTE NELLO SCAVO DI UN ANTICO FORTE ROMANO
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Per secoli, vanghe e pennelli sono stati gli strumenti tradizionali per il lavoro dell´archeologo, ma un geofisico dell´Università di Buffalo, che ha lavorato ad un sito archeologico in Giordania, sostiene che alcune tecnologie del XXI secolo, come computer portatili dotati di sistema di navigazione e collegamento satellitare, potrebbero presto diventare altrettanto fondamentali.

"Tecniche geofisiche non invasive, che permettono ai ricercatori di immaginare quel che si trova sotto terra senza necessità di scavare, e la tecnologia in tempo reale differenziale del Posizionamento Globale Satellitare, che offre risoluzione ed accuratezza nel raggio di un metro, può garantire al lavoro dell´archeologo vantaggi indiscussi" ha dichiarato Gregory S.Baker, Ph.D, professore associato di geologia al College di Arte e Scienze presso l´Università di Buffalo.

Aiutando i gruppi archeologici a determinare con accuratezza i possibili obbiettivi dello scavo, l´integrazione di queste tecniche su una piattaforma facilmente disponibile – e soprattutto portatile – come un computer, implica un sicuro risparmio in termini di denaro e di tempo.

Nel corso della passata estate, Baker ha usato con successo questa tecnica allo scavo - guidato da John Oleson, Ph.D, dell´Università di Vittoria - di un antico forte romano nel sud della Giordania.

Baker ha spiegato che è solo un esempio del modo in cui le tecniche geofisiche non-invasive possono essere utilizzate per riprodurre strutture presenti subito sotto alla superficie; e ciò si può provare critico nell´aiutare gli archeologi a determinare dove iniziare a trovare per riportarle alla luce.

Baker incoraggia l´utilizzo di una metodologia, che definisce "archeogeofisica sinergica", presso la Fondazione Nazionale della Scienza.

Tipicamente, spiega Baker, dopo che i dati geofisici vengono raccolti e processati, gli archeologi li visualizzano sullo schermo del computer, al fine di individuare le strutture nello strato sotterraneo sottostante, direttamente sul campo.

"Il problema consiste nella traduzione delle immagini geofisiche raccolte, in qualcosa che possa essere di fatto usato dagli archeologi" ha dichiarato Baker.

"Al momento, il lavoro dell´archeologo si svolge in modo non troppo diverso da 100 anni or sono" ha dichiarato. "Si tenta di individuare una struttura sul campo utilizzando misurazioni, stime, e, se esistenti documenti del passato... e quindi si comincia a scavare."

La scorsa estate, Baker ha applicato il GPS al progetto in Giordania.

Gli archeologi al sito giordano cercano di scoprire se il forte romano includesse una grande fornace, per dimostrare che quando i romani si spostavano in una nuova area o conquistavano nuovi territori, si preoccupavano di attrezzare il luogo per la produzione di ceramiche.

"Si attende con trepidazione di capire se fosse una fornace su larga scala o meno" ha spiegato Baker, notando che il forte è uno dei pochi esempi di installazioni militari romane lungo il Giordano.

"Cerchiamo il segnale magnetico sotto la superficie, poiché una volta che si riscalda il suolo oltre la temperatura Curie, come accade ad esempio nel processo di cottura, esso acquista un segnale magnetico che persiste nei secoli" ha spiegato.

Usando i magnetometri, Baker, insieme a Heather Ambrose, che svolge un master presso il Dipartimento di Geologia dell´Università di Buffalo, e Scott Gagliardi, un esperto di geologia, hanno esplorato l´area nello sforzo di identificare le aree sotto la superficie con indicatori magnetici.

Hanno trovato alcuni "punti caldi" localizzati, che Baker sostiene "con grande probabilità indicavano che vi fosse un forno.

"Nel momento in cui raccogliamo dati magnetici con un differenziale GPS, siamo in grado di ritornare dagli archeologi, mostrare loro le immagini ed indicare le esatte coordinate di latitudine e longitudine" ha spiegato Baker.

"Quando torneranno al campo, saranno in grado di individuare queste coordinate nel raggio di un metro, perfino se si trova nel mezzo del deserto e non vi sono punti di riferimento ad assisterli" ha dichiarato.

Se gli archeologi non avessero usato il differenziale GPS, Baker sostiene che si sarebbe dovuto procedere per tentativi, il che avrebbe reso la scoperta dei "punti caldi" lunga e sfiancante.

Gli archeologi stanno attualmente scavando tre metri sotto la superficie del suolo, ossia dove Baker ha indicato che si dovrebbe trovare la fornace. La ricerca di Baker al sito è finanziata dalla Fondazione Nazionale della Scienza.