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1 Marzo 2015 SCIENZA
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SCOPERTO UN ENORME BUCO NERO ALL'ALBA DEI TEMPI
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La scoperta di un nuovo luminoso quasar e del suo buco nero gigante e lontanissimo da noi pone nuovi quesiti sulla formazione di questi oggetti celesti

Un buco nero mostruoso, del peso record di quasi 12 miliardi di Soli, è stato appena scoperto da un team internazionale di ricercatori. Non è il più grande buco nero conosciuto, ma pur essendo così massiccio risale a epoche incredibilmente remote. Il gigante avrebbe infatti raggiunto le sue enormi dimensioni appena 875 milioni di anni dopo il Big Bang, quando l'universo era ancora giovane e la sua età era solo il 6 per cento di quella attuale.

Una sorpresa per gli astronomi, perché fino a oggi si pensava che i buchi neri giganti crescessero in modo relativamente lento, inglobando con il passare del tempo gas e qualche stella troppo vicina. "Com'è possibile che si sia formato un buco nero così grande in così poco tempo?", si è chiesto Xue-Bing Wu ricercatore della Peking University, in Cina, autore principale dello studio pubblicato la settimana scorsa sulla rivista scientifica Nature.

La belva luminosa

Wu e i suoi colleghi non hanno osservato direttamente il buco nero perché, per definizione, ogni buco nero ha una gravità talmente potente che nulla, neanche la luce, può uscirne. Utilizzando telescopi sparsi tra Cina, Stati Uniti (Hawaii e Arizona) e Cile, il team di ricercatori è riuscito però a rivelare un quasar, un potente oggetto celeste illuminato da un brillante bagliore di gas che si riscalda per attrito mentre si compatta e cade nel buco nero.

"Questo è il più grande mostro che abbiamo mai in termini di luminosità", afferma Avi Loeb, presidente del dipartimento di astronomia dell'Università di Harvard, che non ha preso parte alla ricerca. Si tratta di un oggetto circa 40.000 volte più brillante dell'intera Via Lattea, spiega.

Tutte le principali galassie, compresa la Via Lattea, ospitano buchi neri nel loro nucleo, ma non tutti i buchi neri galattici sono circondati da gas surriscaldato. Quando succede, nasce un quasar, un oggetto che può essere estremamente luminoso, come nel caso di quello appena scoperto, etichettato con il nome di SDSS J010013.021280225.8. Come tutti i quasar, anche questo nuovo oggetto appare come una stella ordinaria: niente più che un puntino luminoso, anche guardandolo con i più potenti telescopi a disposizione.

Solo quando gli astronomi ne hanno analizzato in dettaglio la luce si sono resi conto quanto rapidamente quell'oggetto si stesse allontanando dalla Terra e, quindi, quanto lontana fosse quella fonte di luce (in un universo in espansione, gli oggetti più distanti si allontano l'uno dall'altro più velocemente). Dalla sua velocità i ricercatori sono riusciti a ricavarne la distanza: circa 12 miliardi di anni luce.

Come costruire un buco nero

L'enorme luminosità del quasar ha svelato agli astronomi con quanta potenza il gas viene riscaldato. Il che a sua volta ha portato al calcolo della straordinaria massa del buco nero all'origine di tutto. "Abbiamo registrato altri quasar risalenti allo stesso periodo", dice Wu, "ma nessuno di questi ha una massa che supera i tre miliardi di volte quella del Sole".

Secondo i modelli teorici, i buchi neri giganti all'origine di questi quasar si sono formati quando le prime stelle dell'universo hanno bruciato tutto il loro combustibile nucleare e sono collassate su se stesse, un centinaio di milioni di anni dopo il Big Bang. Quelle prime stelle erano probabilmente a loro volta giganti, con la massa di un centinaio di volte quella del Sole. A quel tempo, dice Loeb, "le galassie erano fino a mille volte più dense di quello che sono oggi", e così i loro nuclei, più vicini, avrebbero fornito molto gas utile per alimentare i buchi neri, permettendo loro di gonfiarsi.

Ma questo scenario teorico non funziona per il buco nero appena scoperto: è semplicemente troppo grande. "Deve aver assorbito gas al massimo delle sue capacità per gran parte della sua esistenza", scrive Bram Venemans del Max Planck Institute di Heidelberg, in Germania, in un commento di accompagnamento pubblicato sempre su Nature. Ma questa è un'eventualità poco plausibile, perché l'esplosione di luce proveniente da un quasar brillante tende a scacciare via i gas vicini che altrimenti cadrebbero nel buco nero.

Un'altra possibilità è che due o più galassie si siano fuse insieme nelle loro fasi iniziali, e dall'unione dei loro buchi neri ne sia nato un terzo, enorme. Questo modello teorico regge, però, solo per due buchi neri con la stessa massa. In caso contrario, dice Loeb, lo squilibrio tra le dimensioni avrebbe finito per distruggere il nuovo nascente buco nero.

Secondo Loeb c'è spazio per una terza ipotesi, però. È possibile che almeno alcune delle prime stelle non avessero solo un centinaio di masse solari, o un migliaio, ma che potessero arrivare a un milione di Soli concentrati in un'unica stella. "Non c'è nessun limite superiore fondamentale per la massa che una stella può raggiungere", dice Loeb.

Se anche poche di queste stelle si fossero formate nell'universo primordiale, e fossero poi collassate, spiega l'astronomo, "si potrebbe rimettere in gioco la formazione classica dei buchi neri giganti". Aggiungete a tutto questo il fatto che i buchi neri possono essere in grado di "inghiottire" il gas circostante a un ritmo decisamente più veloce di quanto ipotizzato a lungo dai calcoli teorici, dice ancora Loeb, e l'esistenza di oggetti come il quasar e il relativo buco nero appena ritrovati non sono poi così scioccanti, dopotutto.

L'unico problema, in questo scenario, è che gli astronomi non hanno per ora alcuna prova che stelle dalla massa di milioni di Soli siano mai davvero esistite. "Non ne abbiamo mai vista una", ammette Loeb: "Ma con il James Webb Space Telescope", che dovrebbe andare in orbita nel 2018, "ne abbiamo la possibilità".

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