
La capacità di digerire l'alcool è emersa 10 milioni di anni fa, aprendo la possibilità di nutrirsi di frutta già fermentata ben prima che esistessero gli esseri umani. La scoperta si deve a un recente studio che ha confrontato in vari mammiferi la funzionalità di diverse versioni degli enzimi cruciali per la lisi della molecola dell'alcool.
L'alcool fa parte dell'esistenza umana da millenni. Le bevande alcoliche sono parte integrante della nostra cultura, e hanno usi cerimoniali e religiosi, come nel caso dei vini consumati nei riti ebraici e cristiani. Fino al XIX secolo, birra, brandy, rum o grog (una miscela di acqua e rum), erano le bevande dei marinai, preferite all'acqua che ristagnava durante i lunghi viaggi.
L'alcool è un lubrificante sociale, un anestetico e un antisettico. E' una delle droghe più usate del mondo e si è iniziato a produrlo fin dall'avvento dell'agricoltura, quasi 9000 anni fa. Ma come mai questo inebriante veleno è entrato a far parte dell'esistenza umana?
Un nuovo studio ha dimostrato che la capacità di digerire l'alcool fu acquisita circa 10 milioni di anni fa, da un antenato comune di esseri umani, scimpanzé e gorilla, quindi senz'altro ben prima che imparassimo a produrlo. Ciò indica che questa sostanza entrò nella dieta umana molto prima di quanto si pensasse, e con modalità che ebbero implicazioni significative per la sopravvivenza della nostra specie.
Gli esseri umani portano con sé le firme genetiche delle loro abitudini alimentari ancestrali. Le varianti genetiche che rendono disponibili nuove fonti di cibo possono offrire grandi opportunità a chi ne è portatore. La capacità di consumare latte, per esempio, è dovuta alla variante, nota come persistenza della lattasi, di un gene che è emerso circa 7500 anni fa tra primi europei. Per chi non ha la mutazione, il lattosio del latte è un leggero veleno, che provoca sintomi simili a quelli della dissenteria. Allo stesso modo, la capacità di digerire l'alcool può essere una firma genetica di modelli alimentari diffusi tra gli antenati degli esseri umani: la tolleranza all'alcool può aver consentito di mangiare la frutta troppo matura che, caduta a terra, aveva iniziato a fermentare naturalmente. Poiché pochi animali sono in grado di tollerare l'alcool, questo avrebbe fornito i nostri antenati una fonte di cibo abbondante e per cui c'erano pochi concorrenti. E potrebbe aver contribuito al passaggio ad abitudini di vita terricole invece che arboricole.
La lisi dell'alcool dopo l'ingestione è un processo complicato, che coinvolge un certo numero di enzimi. La maggior parte dell'alcool viene scisso nell'intestino e nel fegato. Matthew Carrigan e colleghi hanno analizzato l'enzima ADH4, abbondante nell'intestino, che svolge un ruolo importante nell'impedire che l'alcool ingerito abbia accesso al flusso sanguigno. In particolare, gli autori hanno testato la capacità di digestione dell'alcool dell'ADH4 di nostri parenti lontanissimi come gli scandenti, piccoli animali simili al toporagno.
Si è così scoperto che la forma di ADH4 che si trova negli esseri umani, gorilla e scimpanzé è 40 volte più efficiente nella scissione dell'alcool di quella trovata nelle specie più primitive. L'ADH4 consente di digerire anche le sostanze chimiche che le piante producono per non farsi mangiare dagli animali, ma con l'aumento della capacità di digerire l'alcool è emersa una capacità ridotta di digerire molte di queste altre sostanze chimiche. Ciò indica che gli alimenti contenenti alcool erano più importanti.
Ma anche se l'ADH4 è tra i più importanti enzimi per la digestione dell'alcool, non è l'unico. C'è un altro enzima simile, l'ADH3, che contribuisce alla lisi dell'alcool. Le donne di solito hanno livelli di attività più bassi di questo enzima, il che le porta ad avere tassi alcolemici più elevati rispetto agli uomini dopo l'assunzione di una dose elevata della sostanza.
Inoltre, l'ADH4 non è l'unico enzima che può aver aiutato gli esseri umani ad adattarsi al consumo di alcool: una variante di un enzima epatico, l'ADH1B, ad elevata attività nella lisi dell'alcool, è comparso nelle popolazioni dell'Asia orientale con l'avvento della coltivazione del riso, forse come forma di adattamento alla fermentazione di questo cereale. (È interessante notare che gli altri animali hanno adottato proprie strategie: utilizzando un enzima diverso, una specie della famiglia del toporagno è in grado di consumare il nettare dei fiori di palma fermentato, l'equivalente di 10-12 bicchieri di vino al giorno, senza evidenti segni di intossicazione.)






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