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6 Dicembre 2014 MISTERO
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PAPA SILVESTRO II CREÒ LA PRIMA INTELLIGENZA ARTIFICIALE NELL'ANNO 1000?
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È possibile che alcune delle nostre cosiddette "invenzioni moderne" in realtà non sono altro che la riscoperta di qualcosa di già compreso secoli fa?

Leggendo la storia di Gerberto di Aurillac, qualche sospetto in tal senso potrebbe assalirci mettendo in discussione la nostra comprensione della storia antica.

De Aurillac fu un prolifico studioso e insegnate, il quale promosse lo studio in Europa dell'aritmetica araba e dell'astronomia. A lui si deve la reintroduzione nel vecchio continente dell'abaco e della sfera armillare (modello della sfera celeste inventato da Eratostene nel 255 a.C), strumenti dimenticati con la fine dell'era greco-romana.

Nasce nel 946, nella città di Belliac, Francia. Nel 963 entrò nel monastero di San Gerald in Aurillac. Nel 967, durante la visita del conte Borrell II di Barcellona, l'abate chiese all'aristocratico di prendere Gerberto con lui in modo che il ragazzo potesse studiare matematica in Spagna e apprendere i rudimenti della lingua araba.

Nel 969 il conte Borrell compì un pellegrinaggio a Roma, portando Gerberto con sé. Qui Gerberto incontrò il papa Giovanni XIII e l'imperatore Ottone I. Il papa persuase Ottone ad impiegare Gerberto come tutore per il giovane figlio, il futuro Ottone II.

Alcuni anni dopo, Ottone I permise a Gerberto di andare a studiare alla scuola della cattedrale di Reims, dove venne ben presto nominato insegnante dall'arcivescovo Adalberone di Laon.

Ottone II, divenuto nel frattempo Sacro Romano Imperatore, nel 982 nominò Gerberto abate dei monaci colombaniani di Bobbio e conte di quel distretto; il prestigio culturale e morale dell'abbazia era all'epoca altissimo, e il suo scriptorium uno scrigno di conoscenze: qui Gerberto poté consultare tra gli altri quello che oggi è noto come Codex Arcerianus (VI-VII secolo), contenente frammenti in latino di autori romani e greci e di cui si servì, insieme con il De arte arithmetica di Boezio, per la stesura del suo De geometria.

Nel 991 venne eletto arcivescovo di Reims, ma l'opposizione alla sua nomina fu tale che papa Giovanni XV inviò un legato in Francia, che sospese temporaneamente Gerberto dal suo incarico episcopale.

Papa Gregorio V, cugino di Ottone III, succeduto a Giovanni XV nel 996, ribadì che Gerberto era un impostore nella sede di Arnolfo, vescovo legittimo di Reims: fu in quei momenti difficili che si fece sentire la protezione della Dinastia ottoniana. Gerberto divenne quindi il precettore di Ottone III.

L'imperatore favorì la sua elezione a successore di Gregorio come pontefice nel 999. Gerberto prese il nome di Silvestro II, diventando il primo papa francese della storia. Subito dopo essere stato eletto, Silvestro confermò il suo ex-rivale Arnolfo nella carica di arcivescovo di Reims.

Più che un politico, Gerberto era uno scienziato e dovette sicuramente essere uno degli uomini più colti del suo tempo. Egli è l'esempio più lampante di quella sorta di miglioramento nel livello dei prelati che imposero gli imperatori germanici a fronte di una Chiesa in profonda crisi, dominata dalla pornocrazia, la simonia e il nicolaismo.

L'ingerenza imperiale sul papato non era ancora vista in modo negativo, come all'epoca della lotta per le investiture, anzi era una forma di protezione che permise i primi passi verso quella che fu una riforma.

Gerberto fu una figura di massima importanza come religioso, politico e scienziato, che non poté essere ignorata dai suoi successori al soglio pontificio.

A lui si devono una serie di opere che trattano di aritmetica, geometria, astronomia e musica; inoltre, fu un brillante insegnante di grammatica, logica e retorica.

Aveva appreso l'uso dei numeri arabi in Spagna e poteva eseguire mentalmente calcoli estremamente difficili per le persone che pensavano in termini di numeri romani.

A Reims fece costruire un organo idraulico che eccelleva su tutti gli strumenti precedentemente noti, nel quale l'aria doveva essere pompata manualmente.

Gerberto reintrodusse l'abaco in Europa e, in una lettera del 984, chiese a Lupito di Barcellona la traduzione di un trattato arabo di astronomia, le Sententiae Astrolabii. Gerberto fu autore di una descrizione dell'astrolabio che venne redatta da Ermanno il contratto 50 anni dopo.

Come papa prese misure energiche contro le pratiche della simonia e del concubinaggio, diffusisi tra il clero, sostenendo che solo gli uomini capaci di una vita ineccepibile potevano essere nominati vescovi.

Gerberto nella leggenda

La grande inventiva e intelligenza di Gerberto, molto spesso era troppo avanti rispetto alla comprensione dei suoi contemporanei, tanto che in alcune sue invenzioni vi vedevano qualcosa di magico, di affine alla stregoneria e al satanismo, per cui Gerberto finì con l'essere considerato un mago.

Presto si diffuse la credenza che Gerberto fosse in possesso di un libro di incantesimi rubato ad un filosofo arabo durante il suo soggiorno in Spagna. Gerberto sarebbe fuggito inseguito dal derubato, il quale era in grado di intercettare il ladro tramite l'osservazione delle stelle. Ma Gerberto si nascose appeso ad un ponte dove, sospeso tra il cielo e la terra, era praticamente invisibile al mago.

Ma quello che colpiva in maniera particolare l'immaginazione coeva era una testa meccanica di bronzo, costruita da lui e che, interrogata, era in grado di rispondere in senso affermativo o negativo. Non era che un'antenata del robot, ma i più vi vedevano una pratica che lo metteva in relazione con le arti magiche e con il demonio.

Questo "computer ante-litteram" pare fosse consultato da Gerberto per risolvere questioni importanti riguardanti la politica o la religione. La testa fu distrutta, o forse occultata, con la morte di papa Silvestro II, ma i riferimenti alla sua esistenza sono tutt'ora consultabili nella Biblioteca Vaticana, un archivio pieno di segreti e collezioni che potrebbero scuotere il mondo.

La storia di Gerberto ci dice due cose importanti: molte idee, scoperte e invenzioni del passato, in qualche modo hanno anticipato i tempi moderni e, per qualche ragione, sono state poi bandite dalla storia, in attesa di essere riscoperte dalle nuove generazioni.

Secondo: forse uno dei motivi dell'occultamento era dovuto alla superstizione: l'inventiva e l'intelligenza venivano etichettate e bandite come opere demoniache. Forse, all'epoca come oggi, la diffusione della cultura e della consapevolezza sarebbe il vero rimedio alla superstizione, dando l'avvio ad un vero cammino di "umanizzazione" per l'intera comunità umana.