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21 Novembre 2003 ARCHEOLOGIA
The scotman
Chi è stato il più grande imbroglione nella storia della scienza
tempo di lettura previsto 6 min. circa

Nel 1912, un archeologo amatore nel Sussex orientale fece la scoperta più ragguardevole nella storia della paleontologia inglese. Parti di un teschio simile a quello umano e di una mandibola simile a quella di una scimmia, suggerirono che il cosiddetto Uomo di Piltdown fosse il cruciale anello mancante tra scimmie ed umani.

Quattro decenni dopo, l´intera scoperta si rivelò un falso, il più ambizioso imbroglio mai architettato ai danni del mondo scientifico. Molte carriere si sbriciolarono sotto il suo peso, i libri di testo dovettero essere riscritti.

Ora, esattamente a 50 anni dalla scoperta dell´imbroglio, i moderni scienziati hanno ripreso in esame l´Uomo di Piltdown al Forum Annuale della Scienza, organizzato dalla Pfizer.

In corrispondenza del forum, il Museo di Storia Naturale di Londra esporrà i fossili di Piltdown per la prima volta dalla loro fine ingloriosa nel 1953.

Un documentario della serie Timewatch della BBC, in programma per domani, suggerisce che mai, da 50 anni a questa parte, siamo stati più vicini a scoprire l´autore dell´inganno. Il programma indaga sul possibile coinvolgimento di Sir Arthur Conan Doyle, creatore di Sherlock Holmes, come anche la possibilità di un "cover-up" architettato all´interno dello stesso Museo di Storia Naturale.

"E´ un circolo chiuso" sostiene il Professor Chris Stringer, capo di Origini Umane al Museo.

"Il Museo fu ingannato per la prima volta, il curatore di zoologia fu ingannato, e l´uomo che aiutò a scoprire il falso divenne il suo successore. Io sono il successore di entrambe, e sto rimettendo insieme il materiale per scoprire, in retrospezione, a quali benefici possa aver in ogni caso portato la vicenda.

"Cinquanta anni dopo, possiamo capire meglio perché accadde, il modo in cui accadde e perché durò così a lungo... forse perché l´Inghilterra era pronta per questa scoperta. Dobbiamo imparare la lezione: solo perché qualcosa si adatta alle nostre idee preconcette non significa necessariamente sia verificata.

"Quando Charles Dawson, un appassionato di archeologia e ricerca, scrisse al Museo di Storia Naturale nel 1912 del suo ritrovamento presso il villaggio di Piltdown, stava semplicemente tramutando in realtà il sogno di una generazione di scienziati. Cinquanta anni dopo la pubblicazione de L´Origine della Specie di Darwin, la ricerca era mirata ad individuare "l´anello mancate": fossili che avrebbero potuto spiegare come l´uomo evolse dalla scimmia. Il mondo scientifico inglese si adoperava incessantemente per trovare una risposta.

"Ci fu certamente una componente nazionalistica nella vicenda" sostiene il prof. Stringer. "Avevamo trovato antichi attrezzi di pietra e ci sono state speculazioni riguardo chi avesse potuto crearli".

L´Inghilterra era a capo del più grande impero sulla terra, ed esistevano forti pressioni affinché si dimostrasse che era anche stata la culla dell´umanità.

I ritrovamenti di Piltdown furono esposti con orgoglio al Museo di Storia Naturale. Il quotidiano Manchester Guardian proclamò: "una delle scoperte preistoriche più importanti dei nostri tempi". Wiston Churchill la salutò come una prova tangibile mandata direttamente dal "Signore della Creazione".

Non tutti però erano d´accordo. Perfino al tempo della scoperta, un esperto paleontologo dagli Stati Uniti domandò se il teschio e la mandibola potessero essere effettivamente appartenute alla stessa creatura. Non appena furono effettuate nuove scoperte fossili relative ai primi umani, l´Uomo di Piltdown iniziò a sembrare incredibilmente anomalo. In ogni modo, molti scienziati in Inghilterra credevano ancora fosse genuino.

"Non si conformava alle caratteristiche di altre scoperte nel mondo" dice il prof. Stringer. "Quando il fossile dell´Australopiteco fu trovato in Sud Africa nel 1925, fu sottovalutato da certi scienziati, poiché questa creatura aveva un cervello piccolo, niente a che fare con l´Uomo di Piltdown. Ci vollero molte più scoperte dal Sud Africa per comprendere quanto invece fosse importante."

In ogni modo, i primi dubbi scientifici furono gettato sull´Uomo di Piltdown nel 1949, quando Kenneth Oakley – che sarebbe in seguito diventato curatore di zoologia a Londra – iniziò la datazione delle ossa nelle collezioni usando un nuovo test chimico.

Stabilì che le ossa di Piltdown erano molto più giovani di quanto era stato sostenuto, ma ritenne che potessero datarsi comunque a 50, 000 anni di età. "Ciò aumentava ancora il mistero, se possibile" spiega il prof. Stringer. "Non avrebbe potuto avere senso una creatura come questa, che visse nello stesso periodo del vero uomo di Neanderthal."

Joseph Weiner, un anatomista ad Oxford, che visionò le ossa nel corso di un congresso di paleontologia nel 1953, è stato il primo a suggerire che si trattasse di uno scherzo. "Tornò ad Oxford, prese una mandibola di scimmia, ne prelevò i denti e li immerse in una certa sostanza chimica. Il risultato sembrava esattamente lo stesso dell´Uomo di Piltdown. Si mise immediatamente in contatto telefonico con Oakley." Ulteriori esami rivelarono che i frammenti del teschio erano medievali e che le ossa della mandibola erano di un orangutan.

Gli scienziati si trovarono così a far fronte ad una domanda molto differente. Chi aveva falsificato l´Uomo di Piltdown e perché? Uno dei sospetti più seri era l´uomo che aveva compiuto la scoperta, Charles Dawson. La sua storia rivelò che si trattava di un uomo spietato con ambizione di essere riconosciuto come scienziato, e non estraneo alle contraffazioni. Molte delle sue rimarchevoli "scoperte", incluse le mattonelle di Pevensey, una volta considerati i più importanti artefatti romani scoperti in Inghilterra, si rivelarono falsi.

Il sospettato più famoso era Conan Doyle, che viveva solo a poche miglia da Piltdown. Era risaputo non avesse una particolare simpatia per la comunità scientifica che lo aveva rifiutato – a dispetto della sua formazione come dottore – per via della sua credenza nello spiritualismo. L´uomo di Piltdown potrebbe essere stato un tentativo di Doyle per screditare la teoria dell´evoluzione?

In tutti i modi, un altro sospettato sembrava molto più probabile. Martin Hinton, un giovane scienziato del museo – ed un altro futuro curatore di zoologia, pieno di talento ma enigmatico, un solitario che amava fare scherzi. Nel 1976, in una soffitta di una delle torri del museo fu trovato un baule, che recava le sue iniziali e conteneva vari pezzi d´ossa, tutti trattati con agenti chimici. Ma è questa l´evidenza che conferma la sua colpa, o semplicemente Hinton sospettava che i ritrovamenti fossero falsi, e stava indagando su come potessero essere stati ottenuti?

Vi è una parte finale di prove enigmatiche: uno degli ultimi ritrovamenti nel sito originario di Piltdown nel 1914 fu un oggetto rotto ricavato da un osso di elefante, trovato sotto una sporgenza. "Perfino a quel tempo, la gente giocava con quella che sembrerebbe una mazza da cricket" ha dichiarato Stringer.

"Hinton aveva capito l´inganno di Dawson, e piantò la ´mazza da cricket´ al sito come tentativo di riportare l´attenzione sul problema.

"Lui ed altri erano molto sospettosi circa l´Uomo di Piltdown. Ma Arthur Smith Woodward [curatore di zoologia, che ha effettuato le scoperte] era il suo capo, e sarebbe stato difficile per lui alzarsi e dire "La tua grande scoperta è un falso". Potrebbe avere sperato che l´osso di elefante portasse Woodward ad interrogarsi anche sulle altre scoperte, ma con suo grande orrore, anch´esso fu accettato come genuino" dichiara Stringer.

"La risposta di Dawson fu la scoperta di un altro sito a qualche miglio di distanza da Piltdown, di cui tenne segreta la collocazione precisa. Sfortunatamente, si ammalò e morì prima di aver terminato l´opera".