Secondo recenti studi, fauna e flora potrebbero non essere indifese quanto pensavamo rispetto al riscaldamento globale. Varie specie stanno dimostrando di reagire in maniera efficace, regalandoci ancora un po' di tempo per porre rimedio al cambiamento climatico.
Di fronte al riscaldamento globale, gli animali e le piante non sono necessariamente indifesi. Possono spostarsi verso ambienti più freddi, gli individui possono rimanere e adattarsi singolarmente a un ambiente più caldo, oppure le specie stesse possono evolversi per rispondere alle modifiche climatiche. Il quesito più grande rimane tuttavia: saranno in grado di fare una di queste cose abbastanza rapidamente?
La maggior parte dei ricercatori ritiene che il cambiamento climatico sia una realtà troppo rapida perché molte specie riescano a starvi dietro. Nelle ultime settimane, tuttavia, il pessimismo generale è stato interrotto da due ricerche che portano nuove speranze. Si tratta di report che dimostrano un'imprevista capacità di adattamento in alcune farfalle della California e coralli del Pacifico.
Due singole segnalazioni non diminuiscono certo la gravità della minaccia globale, ma evidenziano quanto poco sappiamo circa la capacità della natura di adattarsi di fronte al cambiamento climatico. "La maggior parte dei modelli elaborati dagli ecologi partono dal presupposto che le specie non abbiano capacità di adattamento. E questo è stupido", commenta Ary Hoffmann, genetista dell'Università di Melbourne e co-autore di uno studio che ha indagato la correlazione tra cambiamento climatico ed evoluzione. "Gli organismi non sono statici".
Che le specie possano modificarsi sta diventando evidente non solo agli scienziati, ma anche a giardinieri e amanti della natura in tutto il mondo. Le farfalle si spostano sempre più in alto sulle montagne, gli alberi crescono sempre più a nord in Europa, e nel Nord America e in North Carolina gli abitanti sono ancora sorpresi quando incontrano gli armadilli, che hanno invaso lo stato arrivando dai territori a sud.
Una ricerca del 2011, che ha studiato centinaia di specie in movimento, ha identificato uno spostamento che ogni dieci anni porta gli animali verso altitudini più elevate (circa 11 metri) e verso latitudini più alte (circa 17 chilometri). Esiste anche una correlazione tra il riscaldamento globale e le tempistiche degli eventi naturali. Uno studio suggerisce che l'arrivo della primavera si sia anticipato, tra il 1954 e il 2007, di 1, 7 giorni. Gli uccelli nidificano prima del solito, e in concomitanza emergono gli insetti dal terreno. Le stesse piante fioriscono e sfioriscono molto in anticipo rispetto a un tempo. L'ultimo di questi studi risale al mese scorso, e ha scoperto che in Colorado il cambiamento climatico ha allungato la stagione di fioritura dei fiori selvatici che ora dura 35 giorni.
Quanto emerso da una conferenza sulle farfalle in Inghilterra risulta invece un po' diverso. Si parlava di Euphydryas editha quino, una sottospecie in via d'estinzione della farfalla Euphydras editha (nella foto) nota per essere particolarmente minacciata dal cambiamento climatico. Molti esperti la ritenevano ormai spacciata, salvo decidere di trasferirla radicalmente più a nord: il percorso di questa specie verso territori meno caldi, infatti, è bloccato dalla megalopoli di Los Angeles.
Secondo quanto riportato da Camille Parmesan del Marine Sciences Institute della Plymouth University, invece, la farfalla ha miracolosamente spostato il suo habitat ad altitudini più elevate, e iniziato a deporre le uova su una nuova pianta ospite. "Tutti i biologi esperti di farfalle pensavano, già a metà degli anni Novanta, che questa specie si sarebbe estinta. Io compresa", spiega Parmesan al Guardian.
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