Un gruppo di ricerca italiano ha realizzato per la prima volta una protesi in grado di inviare un feedback sensoriale al cervello della persona a cui è stata applicata, che è così in grado di riconoscere la forma, la consistenza e la tessitura dell'oggetto toccato e di modulare la forza necessaria a una presa simile a quella di una mano naturale.
E' in grado di trasmettere le sensazioni tattili al cervello il nuovo prototipo di mano bionica "LifeHand2" messa a punto da un gruppo di ricerca italiano con la collaborazione alcuni centri europei. La funzionalità della protesi è stata sperimentata su un trentaseienne danese che aveva subito l'amputazione della mano sinistra, a seguito dello scoppio di un petardo.
Il risultato - descritto su "Science Translational Medicine" - è un salto di qualità essenziale verso la realizzazione di mani bioniche perfettamente funzionali. Il feedback sensoriale è infatti un fattore decisivo per l'uso di una protesi bionica, poiché consente di modulare la presa di un oggetto, evitando che sfugga o si danneggi.
Per arrivare al risultato una équipe della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa e dell'Ecole Polytecnhique Federale di Losanna diretta da Silvestro Micera ha sviluppato una serie di algoritmi capaci di trasformare in un linguaggio comprensibile al cervello del paziente le informazioni provenienti dalla mano artificiale.
Nel corso della sperimentazione clinica successiva all'impianto sono stati mappati i cambiamenti nell'organizzazione del cervello del paziente, "sperando - come ha detto il coordinatore di questa fase dello studio, Paolo Maria Rossini, dell'l'IRCCS San Raffaele Pisana di Roma e dell'Università Cattolica-Policlinico Gemelli - che si verificasse quel che poi è stato: il pieno controllo dei feedback provenienti dalla protesi da parte del paziente, la preservazione della funzionalità di ciò che rimane dei suoi nervi mediano e ulnare, la riorganizzazione della neuroplasticità del suo cervello in modo da consentirgli un efficace controllo della mano robotica".
Tant'è che in soli otto giorni di esercizi, ha proseguito Micera, "il paziente è riuscito a modulare in maniera molto efficace e in tempo reale la forza di presa da applicare agli oggetti", riuscendo a riconoscere, da bendato, la consistenza di oggetti duri, intermedi e morbidi in oltre il 78 per cento delle prese effettuate, a definire correttamente nell'88 per cento dei casi dimensioni e forme di oggetti come una palla da baseball, un bicchiere o un mandarino e a modulare la forza giusta da esercitare per afferrarli.
L'applicazione della protesi ha richiesto un delicato intervento - eseguito da Eduardo Marcos Fernandez presso il Policlinico 'Agostino Gemelli' di Roma -- per il posizionamento degli elettrodi di collegamento fra la mano bionica e i fasci nevosi del braccio, elettrodi sviluppati dal laboratorio di microtecnologia biomedica IMTEK dell'Università di Freiburg, in Germania, in modo da massimizzare il contatto con le fibre nervose minimizzandone al contempo lo spessore.
La sperimentazione appena conclusa apre ulteriori prospettive: "Più aumenta la complessità di sensazioni e movimenti più sarà importante individuare algoritmi che distribuiscano nel modo migliore possibile i compiti da assegnare al cervello e quelli che possono invece essere delegati al controllo dell'intelligenza artificiale montata a bordo della mano", ha osservato Eugenio Guglielmelli, del Laboratorio di robotica biomedica dell'Università Campus Bio-Medico di Roma, che sottolinea come lo sviluppo di questi algoritmi, abbinato a tecniche di stimolazione intraneurale mediante elettrodi, interessi in prospettiva anche la cura di patologie ancora più gravi, come per esempio i deficit di movimento di soggetti paraplegici.
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