sei in Home > Archeologia > News > Dettaglio News
21 Febbraio 2002 ARCHEOLOGIA
The Guardian
Restituite il maltolto!
tempo di lettura previsto 3 min. circa

L´imperatore Tewodros II, che regnò in quella che è ora l´Etiopia nel corso del XIX secolo, era una figura illuminata, per gli standard del suo tempo: consapevole e progressista, abolì la schiavitù e portò avanti numerose riforme. Nel corso del suo regno, commise però un errore che gli fu fatale: imprigionò alcuni missionari e diplomatici occidentali per tentare di forzare gli Inglesi ad offrirgli supporto tecnico per procurarsi nuova artiglieria, in vista della temuta invasione egizia.

Forse l´imperatore stava solo tentando di attirare l´attenzione della Regina Vittoria, ma gli inglesi risposero con una spedizione militare che terminò con la caduta della capitale di Tewodros, Maqdala, nel 1868. L´imperatore si tolse la vita, piuttosto di sopportare l´onta della prigionia.

Le truppe inglesi celebrarono la vittoria strappando via i vestiti dell´imperatore morto, e saccheggiando la sua città, in particolare i tesori delle chiese. Ci vollero 15 elefanti e 200 muli per trasportare le casse di manoscritti miniati, croci d´oro e d´argento, arredi, tessuti, e così via.

L´episodio in Inghilterra fu bollato come vergognoso. Perfino Lord Napier, che comandava la spedizione, dichiarò pubblicamente che i beni dovessero essere restituiti. All´inizio di questo mese, a 133 anni di distanza, solo un oggetto è stato riconsegnato all´Etiopia: si tratta di un tabot, una tavola di legno incisa, considerata copia fedele dell´Arca dell´Alleanza.

I tabot occupano un ruolo centrale nei rituali religiosi: la maggior parte delle chiese ne ha uno, e sono considerati oggetti sacri che solo i sacerdoti possono vedere. Questo tabot è stato scoperto a dicembre in un armadio, casualmente, dal Reverendo John McLuckie della Chiesa di San Giovanni a Edinburgo.

McLuckie non ha avuto esitazioni, circa l´opportunità di un´immediata restituzione, e l´autorità della sua Chiesa ha acconsentito. Centinaia di migliaia di persone si sono riversate sullo stretto di Addis Abeba per salutarne il ritorno.

Una storia con il lieto fine, quindi, ma solo fino ad un certo punto. Ci sono ancora molti tabot risalenti al saccheggio di Maqdala come anche documenti, calici ed altri oggetti sacri. Il solo British Museum detiene 10 tabot, nessuno dei quali esposto.

Il Reverendo McLuckie, come il governo etiope, spera caldamente che il British Museum segua il suo esempio. Ma purtroppo, fino ad ora, si è avuto solo silenzio da Bloomsbury. Tutte le richieste di restituzione di oggetti acquisiti in circostanze considerate moralmente sospette a quel tempo, hanno incontrato sempre secchi rifiuti.

La posizione del British Museum sembra ogni giorno più anacronistica. Per più di dieci anni ormai, i musei dell´Inghilterra hanno restituito oggetti il possesso dei quali non poteva essere giustificato. E´ iniziato con le reliquie meno difendibili, resti di esseri umani: teschi, ossa, pudende, che viaggiatori ed esploratori inglesi avevano accumulato nel corso delle loro ricerche "scientifiche".

Quando i popoli indigeni, dall´Australia al Nord America, cominciarono a precisare che tali reliquie erano parte dei loro antenati e sarebbero dovute essere restituite e sepolte, molti curatori di musei furono portati ad accettare. Per i popoli nativi, il reclamo delle ossa è parte di un tentativo di riparare i danni che la colonizzazione ha arrecato alle loro società e culture.

L´Etiopia è un paese povero, ma con una cultura potente ed una religione vibrante. Come le dimostrazioni di gioia all´inizio del mese hanno dimostrato, i tabot sono considerati una parte vivente di queste tradizioni. La loro assenza e l´ingiustizia dell´indebita sottrazione sono molto sentite. Non hanno valore scientifico, e, dal momento che non sono neppure in esposizione, il British Museum può difficilmente giustificarsi, come ha fatto per i marmi di Elgin, del Partenone, sostenendo che milioni di visitatori da tutte le parti del mondo le possono vedere ed imparare da questa esperienza.

Se il British Museum è il depositario di quel che c´è di meglio nella nostra tradizione e cultura, non è tempo di riconoscere che il saccheggio di Maqdala fu un episodio vergognoso, disconoscerlo e tentare, nei limiti del possibile, di porvi rimedio?