Il termine "DNA spazzatura" ("junk DNA") viene erroneamente utilizzato per indicare una parte decisamente consistente del nostro patrimonio genetico, moltissime sequenze di DNA che non sembrano avere alcuna particolare funzione nell'espressione dei nostri geni.
Non lasciatevi fuorviare dai risultati dello Human Genome Project, la mappatura del DNA umano. Si tratta esclusivamente di una mappatura, ed è l'equivalente di un'ipotetica fotografia satellitare di un pianeta alieno colonizzato da una specie extraterrestre: possiamo riprendere dall'alto un edificio e sapere dove si trova geograficamente, ma non possiamo conoscere la sua reale funzione.
Questa impossibilità di conoscere la funzione del DNA non codificante ha creato il mito del "junk DNA": le ipotesi sulla sua reale natura spaziavano da semplice regione separatrice tra geni a sistema protettivo delle regioni codificanti del DNA.
Si scopre ora che questa porzione del nostro codice genetico è tutt'altro che spazzatura; al contrario, è un sistema di interruttori che ha enormi implicazioni sullo sviluppo e sulla salute del nostro organismo.
La scoperta è il frutto di un enorme sforzo scientifico compiuto da 440 scienziati provenienti da 32 laboratori dislocati su tutto il pianeta, che hanno cooperato nel progetto Encode.
Questo enorme team di ricerca ha scoperto che almeno l' 80% del junk DNA è attivo, funzionante e del tutto necessario: tra le altre attività che svolge, il DNA non codificante contiene un sistema di interruttori in grado di controllare come e quando attivare alcuni geni che, ad esempio, controllano lo sviluppo delle cellule.
"Lo Human Genome Project è come una foto della Terra dallo spazio. Non dice dove si trovano le strade, non dice quale sia la situazione del traffico in un particolare momento della giornata, non dice dove siano i migliori ristoranti. La nostra ricerca è, invece, simile a Google Maps" spiega Eric Lander, presidente del Broad Institute e membro dello Human Genome Project. "La mia testa esplode per la quantità di dati raccolti".
Dopo l'annuncio, il mondo scientifico è in fermento: i risultati della ricerca sono stati inizialmente pubblicati su Nature, per poi ottenere spazio su Genome Research, Genome Biology, The Journal of Biological Chemistry e Science.
"Il DNA umano è molto più attivo di quanto ci aspettassimo, e si verificano molte più cose del previsto" sostiene Ewan Birney, leader del progetto e biologo dell' European Molecular Biology Laboratory-European Bioinformatics Institute.
Parte della ricerca sembra collegare il sistema di interruttori del DNA non codificante ad una vasta gamma di malattie, dalla sclerosi multipla all'artrite reumatoide; il DNA non codificante interverrebbe anche nello sviluppo di caratteristiche come altezza o massa corporea, e potrebbe essere legato ai fattori ambientali che determinano una maggiore o minore predisposizione ad alcune malattie.
"Prima di Encode, se qualcuno avesse detto che metà del genoma, e forse una porzione più grande, contiene istruzioni per attivare o disattivare i geni, nessuno gli avrebbe creduto" sostiene John Stamatoyannopoulos, membro del team Encode
In passato, alcune ricerche avevano già notato che determinati cambiamenti del DNA umano aumentavano il rischio di insorgenza di alcune malattie, ma questi cambiamenti si verificavano nel "DNA spazzatura", una parte del nostro patrimonio genetico considerata sostanzialmente irrilevante.
"La maggior parte dei cambiamenti che portano alle malattie non risiedono all'interno dei geni stessi; sono causati dagli interruttori di questi geni".
La scoperta potrebbe avere importantissime ripercussioni sul trattamento di molte forme di cancro: durante l'analisi del DNA non codificante, i ricercatori si sono accorti che le migliaia di mutazioni nel DNA delle cellule cancerose non si trovavano nei geni, ma nella sezione non codificante del patrimonio genetico.
Nel caso del cancro alla prostata, ad esempio, molti dei geni non vengono "attaccati" dalle attuali sostanze sviluppate per combattere la malattia; Encode, invece, fornisce una soluzione alternativa al problema: attaccare gli interruttori del junk DNA che controllano questi geni.
La scoperta solleva tuttavia una serie di altri problemi, a partire dall'immensa complessità del sistema: la rete di interruttori, ad esempio, è controllata da un "cablaggio" incredibilmente intricato, ancora lontano dall'essere completamente mappato e compreso.
Encode ha finora fornito l'equivalente di 15 mila miliardi di bytes di dati, la cui analisi potrebbe richiedere intere decadi, o addirittura secoli, se non coordinata alla perfezione e intrapresa da un vasto gruppo di genetisti coinvolti in una collaborazione internazionale su vasta scala.
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