Siamo nel 2012 e a chi parla di fine del mondo forniamo un'altro spunto di riflessione. Nuovi studi effettuati in Antartide induco a credere che i suoi ghiacciai abbiano intrappolati enormi quantità di gas metano in grado (quando si scioglieranno) di cambiare radicalmente il clima del nostro pianeta.
Una massa di gas intrappolata sotto chilometri di ghiaccio antartico, ricordo "chimico" dei giorni più caldi di quel continente, potrebbe, un giorno, sfuggire e riscaldare ancora una volta il pianeta, spiega su Nature un team internazionale di ricercatori.
I ricercatori suggeriscono che i microbi, isolati dal resto del mondo da quando il ghiaccio li ricoprì, circa 35 milioni di anni fa, si sono tenuti impegnati digerendo materia organica e producendo metano, un gas serra molto più efficace del biossido di carbonio.
Secondo i ricercatori, se nei prossimi decenni o secoli il riscaldamento globale dovesse causare la retrocessione degli strati di ghiaccio, il metano potrebbe liberarsi nell'atmosfera, amplificando gli effetti del riscaldamento globale.
Jemma Wadham, dell'Università di Bristol, in Inghilterra, e i suoi colleghi, non hanno effettivamente rilevato microbi produttori di metano sotto la calotta antartica. Non hanno trovato neanche il metano stesso, anche se stanno partecipando a progetti di perforazione che permetteranno loro di farlo entro la fine dell'anno. Eppure, l'autorevole rivista ha pubblicato l'analisi dell'impatto climatico potenziale di tali microbi sconosciuti. Questo la dice lunga sul cambiamento di paradigma nel campo della microbiologia negli ultimi decenni.
Al momento si suppone che i microbi siano dovunque. Sotto l'acqua bollente di un vulcano sottomarino? Ovvio. Nella pressione schiacciante di 800 metri sotto l'oscurità dei fondali marini? Naturalmente. Sotto i due o tre chilometri di ghiaccio antartico? Perché no? Ci sono ancora poche relazioni non ufficiali a sostegno di questa tesi. Ma perché qualcuno di questi organismi non dovrebbe produrre metano?
"Se ci sono degli organismi, ci deve essere anche carbonio organico nei sedimenti, ma non c'è ossigeno, che si trova molto distante, nell'atmosfera", spiega Wadham. "Tutte queste condizioni sono perfette per la produzione di metano. È come un'enorme zona umida".
Microbi al lavoro sotto il ghiaccio
In attesa di poter effettuare delle perforazioni, Wadham ha percorso i ghiacciai in Antartide, Groenlandia e Canada estraendo campioni di 3 centimetri cubi dalla base del ghiaccio, blocchi che comprendono sedimenti raccolti durante l'avanzamento dei ghiacciai. La ricercatrice ha infilato i blocchi in sacchetti sterili, li ha riposti in scatole piene di polistirolo, pagando per il bagaglio in eccesso e pregando che lei e il suo carico, riposto all'interno di un congelatore con una temperatura sotto zero, riuscissero a raggiungere Bristol in 24 ore.
Nel laboratorio ha messo in incubazione piccole fiale di ghiaccio fuso e sedimenti per due anni, evitando scrupolosamente eventuali contaminazioni. Il risultato: "In ogni ghiacciaio che abbiamo studiato - dice - abbiamo trovato microbi capaci di produrre metano, anche se a tasso lento".
Questi tassi misurati dalla studiosa e dai suoi colleghi sono serviti a stimare la quantità di metano che potrebbe essere prodotta su scala nel continente antartico.
L'Antartide ha occupato il Polo Sud - o è stato comunque vicino al punto meridionale dell'asse terrestre - per più di cento milioni di anni, ma per la maggior parte del tempo il pianeta era molto più caldo di oggi, perché la quantità di biossido di carbonio nell'atmosfera era maggiore. Fossili di piante e polline confermano che il continente era coperto da foreste e tundra, e non da ghiaccio. Circa 52 milioni di anni fa c'erano perfino le palme. Fiordi e grandi baie penetravano al suo interno in profondità.
Mucchi di sedimenti profondi si sarebbero accumulati in questi bacini marini, proprio come avviene oggi nelle acque costiere. Inevitabilmente, i microbi produttori di metano si sarebbero dati da fare, digerendo le materie organiche - circa 21 miliardi di tonnellate, secondo quanto stimato dai ricercatori. E continuerebbero a farlo.
"Immaginate di essere un microbo vissuto in un bacino sedimentario 35 milioni di anni fa", dice Slawek Tulaczyk, giaciologo presso l'Università della California, a Santa Cruz, che ha lavorato con Wadham. "Vi interesserebbe il fatto di essere coperti da quasi un chilometro di ghiaccio? Non vi cambierebbe proprio niente".
Un rapido cambiamento in arrivo in Antartide?
Se non fosse che il metano prodotto dai microbi non viene più liberato. Per migliaia di metri nelle profondità del sedimento, il calore geotermico mantiene un calore tale da permettere ai microbi di continuare a generare questo gas. Dato che comunque il gas si diffonde verso l'alto, accede ad una zona nella quale subisce non solo la pressione, ma anche il freddo dovuto alla presenza della coltre di ghiaccio sovrastante. Questa combinazione lo trasforma in idrato di metano: una sostanza solida simile al ghiaccio, nella quale ogni molecola di metano è intrappolata in una gabbia d'acqua.
L'idrato è una sostanza delicata. Se la pressione scende e la temperatura sale sufficientemente da portarlo fuori dalla sua zona ideale, ad esempio perché il ghiaccio che si trova sopra si scioglie, si frantuma. E il metano viene liberato nell'atmosfera.
Questa è la preoccupazione per il futuro. I climatologi sono da tempo preoccupati per la reazione che si verificherebbe se l'innalzamento delle temperature dovesse destabilizzare gli enormi depositi di idrato di metano nell'Artide.
Adesso devono preoccuparsi anche dell'Antartide. Wadham e i suoi colleghi hanno calcolato che sotto la coltre di ghiaccio dell'Antartide orientale ci potrebbero essere dai 70 ai 390 miliardi di tonnellate di idrato di carbonio, e alcune decine di miliardi di tonnellate sotto l'Antartide occidentale. (Dove il metano si è formato probabilmente grazie al riscaldamento geotermico di sedimenti, e non ai microbi). È meno rispetto a quanto stimato nell'Artide, ma la questione è la stessa.
Si potrebbe pensare che il metano dell'Antartide sia sicuro sotto la spessa calotta di ghiaccio. Ma l'Antartide, negli ultimi tempi, ha perso molto ghiaccio.
E sono proprio i ghiacciai che coprono quelli che prima erano bacini marini quelli che stanno retrocedendo sempre più velocemente, perché le estremità più esposte vengono sciolte da un mare sempre più caldo. È possibile che prima della fine del secolo quei ghiacciai possano ritirarsi abbastanza da rilasciare qualsiasi idrato rimasto coperto.
"Più lavoro nell'ambito della glaciologia, più trovo plausibili gli scenari che ipotizzano un cambiamento molto rapido", conclude Tulaczyk.
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