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29 Novembre 2011 ARCHEOLOGIA
di Michele Gravino http://www.nationalgeographic.it
Dalla Mesopotamia a Malta una scritta di 3.200 anni fa
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Su un oggetto sacro ritrovato da archeologi italiani l'iscrizione in cuneiforme scoperta più a occidente nella storia.

Il frammento di un oggetto votivo, con un'iscrizione in cuneiforme, ritrovato dagli archeologi italiani nel tempio di Tas-Silg, a Malta, a oltre 2.500 km di distanza dal luogo di origine, nell'attuale Iraq. Risale al XIII secolo a. C.

Almeno 3.200 anni fa, nella tarda età del Bronzo, un carico di agata giunse (forse dall'India, o forse persino dalla Sicilia) nella città mesopotamica di Nippur. Qui ignoti artigiani ne ricavarono un piccolo manufatto a forma di crescente lunare, su cui incisero un'iscrizione in cuneiforme, la scrittura utilizzata nell'area fin dal tempio dei Sumeri. Poi, in un punto imprecisato del passato, l'oggetto intraprese un altro lungo viaggio, fino a sbarcare sull'isola di Malta. E qui lo ha scoperto (più esattamente, ha scoperto un suo frammento) un'équipe di archeologi italiani: mai prima d'ora un'iscrizione cuneiforme del II millennio a.C. era stata ritrovata tanto a ovest.

A trovare il frammento - non più largo di tre centimetri - sono stati gli studiosi della missione archeologica italiana a Malta, guidata da Alberto Cazzella dell'Università la Sapienza di Roma con la collaborazione di Giulia Recchia dell'Università di Foggia, nel santuario di Tas-ilg. Fin dagli anni Sessanta gli archeologi italiani studiano questo straordinario sito, costruito come tempio megalitico nel tardo Neolitico, e poi utilizzato come da tutte le civiltà che si sono succedute sull'isola: fu la cella di un tempio fenicio, un santuario dedicato a Giunone in epoca ellenistico-romana e infine un battistero usato dai cristiani fino all'età bizantina. Un caso quasi unico al mondo di utilizzo continuato di un edificio sacro.

La scritta sull'oggetto, interpretata da padre Werner Mayer del Pontificio Istituto Biblico di Roma, è una formula rituale che dedica il manufatto a Sin, il dio della luna venerato a Nippur. Ma come ha fatto a percorrere gli oltre 2.500 chilometri che separano la città mesopotamica (situata nell'attuale Iraq) da Malta? "In Mesopotamia oggetti sacri come questo erano destinati al culto, e non potevano uscire dal tempio, tanto meno essere scambiati", spiega l'archeologa Giulia Recchia. "L'ipotesi più probabile quindi è che sia stato sottratto al tempio in seguito a una razzia da parte di predoni o di guerrieri nemici degli abitanti di Nippur. Poi dev'essere finito nelle mani di mercanti ciprioti o micenei che battevano il Mediterraneo centrale: a Malta abbiamo trovato altri oggetti del II millennio a.C., come ad esempio ceramiche micenee".

Chi acquistò o comunque si impadronì della mezzaluna votiva non poteva certo comprendere la scritta in caratteri cuneiformi. Ma probabilmente capì che si trattava di un oggetto sacro, o almeno prezioso, e per questo lo portò a Tas-Silg: segno che negli ultimi secoli del II millennio il santuario doveva essere un punto di riferimento culturale-religioso per un'area che forse si estendeva al di là dei confini dell'isola. Nei secoli però il suo valore si perse: "lo abbiamo trovato nello strato corrispondente al III secolo a.C", prosegue Recchia; "era stato usato per la preparazione di un pavimento, come un ciottolo qualunque". Assieme ad altre équipe (sono coinvolte anche la Cattolica di Milano e l'Università del Salento) gli studiosi italiani continuano a indagare i vari strati del sito maltese: chissà che non ne spuntino altre storie affascinanti come questa.