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16 Aprile 2011 ARCHEOLOGIA
di Ker Than http://www.nationalgeographic.it
SVELATO UN SEGRETO DEI MAYA
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tempo di lettura previsto 4 min. circa

Come riuscivano i suoli poveri delle antiche città di pianura a sostenere migliaia di abitanti? Grazie alle piogge di cenere vulcanica, rivela una nuova ricerca.

Anche nelle città Maya lontane dai vulcani, le ceneri ricadevano con una certa frequenza: lo rivela un nuovo studio che può contribuire a spiegare come quelle antiche metropoli riuscirono a sopravvivere e a prosperare nonostante sorgessero su un suolo estremamente povero.

Esteso dal Messico meridionale fino al Belize settentrionale attraverso il Guatemala, l'Impero Maya dominò su questi territori dal 250 al 900 d.C.

Di recente, gli archeologi hanno scoperto nei canali in rovina del sito guatemalteco di Tikal - un tempo la più grande città delle pianure meridionali Maya - un particolare minerale argilloso color beige. Il minerale, un tipo di smectite, proviene esclusivamente dalla scomposizione delle ceneri vulcaniche.

Grazie a tecniche di identificazione chimica, i ricercatori hanno scoperto che la smectite di Tikal non proveniva - come si pensava in precedenza - da polveri traportate con le correnti aeree dall'Africa, ma piuttosto da vulcani del Guatemala e degli attuali El Salvador, Honduras e Messico.

"Riteniamo di essere di fronte a una serie di eventi vulcanici", testimoniati dal ritrovamento dei minerali, dice il responsabile dello scavo Ken Tankersley, antropologo alla University of Cincinnati.

Quante eruzioni?

Prima di questa scoperta, era noto che le città Maya che sorgevano sugli altopiani vicino ai vulcani potevano essere pesantemente colpite da eruzioni. Ad esempio, il villaggio maya di Chalchuapa in El Salvador venne completamente sepolto dall'eruzione del vicino Ilopango nel VI secolo d.C.

Finora però non era chiaro se e quali effetti avessero le eruzioni sulle città nelle pianure maya a centinaia di chilometri di distanza. Ora invece sembra evidente che le correnti aeree trasportassero ceneri eruttive per chilometri e chilometri dalle regioni vulcaniche. Il che, sottolinea Tankersley, non deve sorprendere dal momento che i venti sono in grado di trasportare polveri attraverso tutto l'Oceano Atlantico.

Tankersley e il suo team ritengono che le ceneri si siano depositate su Tikal nell'arco di 2.000 anni, dal 340 a.C. al 990 d.C. circa. Eppure, non c'è ancora modo di determinare quante eruzioni si siano succedute, con quale frequenza o da quali vulcani in particolare provenissero le ceneri.

Piogge di ceneri sono state riportate su Tikal fino agli anni Sessanta del Novecento, riporta Payson Sheets, antropologo della University of Colorado.

Un supersuolo per le città maya

Le nuove scoperte sono "straordinariamente importanti", dice Sheets, perché possono contribuire a spiegare un mistero fondamentale delle città di pianura Maya.

"La letteratura contiene numerose occorrenze che riguardano la povertà e l'improduttività del suolo di origine calcarea di quelle aree", dice Sheets, un esperto degli effetti del vulcanismo sulla civiltà Maya. Come si spiegano allora le testimonianze archeologiche che indicano che una città come Tikal era in grado di sostenere una popolazione di 400-600 abitanti per chilometro quadrato? "È una densità decisamente superiore di quella che si ritiene possibile disponendo di un suolo tropicale povero", afferma Sheets.

Se però il suolo di quelle città maya fosse stato asperso di ceneri vulcaniche ogni certo numero di anni, ne sarebbe stato periodicamente arricchito. Le ceneri infatti posso rendere il suolo più fertile incrementandone l'impermeabilità e la porosità, e quindi rendendolo maggiormente in grado di trattenere l'acqua.

Secondo le stime di Sheets, anche una leggera "spolverata" di ceneri vulcaniche - vale a dire, pochi millimetri - potrebbe essere in grado di arricchire il suolo "per un decennio o due". Una copertura più consistente, pari a un paio di centimetri, potrebbe aver incrementato la produttività del suolo per un periodo molto più lungo.

Ma ci sono anche degli risvolti negativi: le particelle di cenere avrebbero soffocato molti insetti impollinatori, dice Sheets. Inoltre, la cenere innesca piogge acide, che rovinano le colture.

Cultura vulcanica

Il vulcanismo comunque era parte integrante della cultura e della vita quotidiana maya, dice Sheets. Alcuni templi delle città sugli altopiani, ad esempio, furono costruiti a imitazione dei vulcani sacri. "Gli edifici avevano delle aperture sulla cima dove veniva bruciato l'incenso, e il fumo che saliva serviva a veicolare messaggi per gli spiriti ancestrali e le divinità", spiega. Non è chiaro però se i vulcani avessero la stessa importanza a Tikal (dove non se ne vedono) o in altre città delle pianure.

Le eruzioni vulcaniche sono perfettamente coerenti a una cultura, come quella dei Maya, secondo cui la vita è piena di fenomeni che possono costituire catastrofi o opportunità, e in cui l'uomo costituisce l'ago della bilancia.

Per i Maya, un vulcano fumante non è sempre presagio di catastrofe imminente. L'uomo può trasformarlo in un vantaggio, facendo di quelle ceneri un fertilizzante o un additivo che renda le ceramiche più resistenti. I Maya, inoltre, erano convinti di riuscire a tenere a bada i vulcani. "Eseguivano dei rituali sanguinosi, rispettavano le divinità, nutrivano lo spirito dei loro antenati e così via", dice Sheets. "Per la religione Maya, è l'uomo il nodo cruciale".

Ma anche quelle montagne imprevedibili, sottolinea Tankersley, erano cruciali di quella cultura: "I Maya costruivano templi a forma di vulcano e le loro cerimonie replicavano eventi vulcanici. I vulcani erano parte integrante della loro vita".