"Ciò che temo di più per il patrimonio archeologico della Libia è che venga usato come forma di pressione e di rivendicazione. Basti pensare alle statue dei Buddha abbattute in Afghanistan dai talebani. Non mi sorprenderebbe se ora, di fronte a una vasta propaganda contro l'Italia, ci fosse un gesto dissennato contro i siti". Savino Di Lernia, responsabile della missione archeologica italo-libica nell'Acacus e nel Messak, fa il punto della situazione dei beni archeologici conservati in Libia. E sottolinea i possibili rischi che le grandi aree archeologiche del Nord del paese possano correre. "Non bisogna sottovalutare â€" spiega â€" le bombe intelligenti che possono sbagliare bersaglio. Ma temo anche che i siti archeologici possano diventare il palcoscenico del confiltto". Nel Nord della Libia "sono concentrate le vestigia monumentali del paese: le città fenice e puniche, greche e romane, quelle che hanno maggiori resti visibili e che sono state musealizzate. E che spesso, in particolare per i resti delle città romane, sono state utilizzate per sottolineare alternativamente l'amicizia o l'inimicizia tra la Libia e l'Italia. Penso, nella fattispecie, di Sabratha, che si trova vicino a Tripoli dove si sono verificati alcuni scontri. Ma mi riferisco anche a Leptis Magna che si trova a metà strada tra Tripoli e Misurata e a Cirene, nel cuore della Cirenaica. Siti inseriti nella lista dell'Unesco".
Rientrato in Italia il 25 febbraio con un aereo militare, Di Lernia sottolinea che "il primo problema per molti di questi siti è che sono stati inglobati nelle città e nelle periferie urbane: da questo punto di vista Sabratha e Cirene sono due punti critici. Potrebbero essere colpiti da una bomba intelligente oppure essere il teatro di scontri".
"Il secondo aspetto da non sottovalutare è che i siti potrebbero essere utilizzati come una forma di ritorsione contro il turismo che per i libici rappresenta un asset produttivo.
In situazioni di conflitto il patrimonio artistico può diventare merce di scambio. Ma può essere impiegato per affermare o negare l'identità libica ". I siti sensibili, insomma, sono sulla costa m e n t r e "quelli nel sud-ovest e del sud-est, famosi per un'archeologia molto antica e per l'arte ruprestre preistorica sono più al sicuro". Un dato appare però certo: gli occidentali non possono salvare il patrimonio artistico dell'Unesco. "L'Unesco infatti â€" ricorda l'archeologo â€" ha un margine d'azione piuttosto basso. Nessun intervento può essere messo in cantiere se non richiesto dal paese con i beni archeologici".
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