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1 Marzo 2011 PALEONTOLOGIA
CINZIA DAL MASO antikitera.net
Penne simbolo di potere: Neanderthal non era un bruto
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Gli scavi nella grotta di Fumane, sui monti Lessini: il nostro antenato le esibiva: quindi sapeva già pensare "simbolicamente".

I Neanderthal si ornavano di penne, proprio come gli Indiani d'America. Forse non arrivavano a creare i copricapi sontuosi dei grandi capi indiani, ma sicuramente selezionavano le penne d'uccello più grandi, belle e vistose, e le esibivano come simbolo di potere e autorità. Accadeva a Fumane, una grande grotta sui monti Lessini (Verona), già 44mila anni fa. Mentre dei loro "cugini" Sapiens non si sono mai trovate penne ornamentali così antiche. Solo di 20mila anni più giovani. È una scoperta che assesta un duro colpo a chi ancora dubita della capacità dei Neanderthal di "pensare simbolicamente", cioè trasmettere informazioni attraverso i simboli, pensare concetti astratti, avere un codice condiviso. Dopo i molti rinvenimenti di sepolture di Neanderthal, e poi di conchiglie ornamentali e pigmenti per dipingere il corpo, le penne di Fumane provano con forza che i nostri "cugini" non erano poi così "bruti" come comunemente si crede, ma erano culturalmente e cognitivamente molto vicini a noi. Fratelli più che cugini.

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Le belle immagini apparse nell'articolo appena pubblicato nella rivista Proceedings of the National Academy of Science, mostrano chiaramente i segni di macellazione sulle ossa delle ali degli uccelli di Fumane. "Specie sull'ulna dove attaccano le penne più vistose"

spiega Antonio Tagliacozzo, archeozoologo del Museo Pigorini di Roma e coautore della ricerca. "Ma abbiamo trovato segni del distacco forzato anche di ali intere e di parti di ali, oltre che di singole penne. Segni cioè di utilizzi diversi e forse per scopi diversi. E siamo certi del loro uso ornamentale perché sono tutte penne di uccelli rapaci, avvoltoio gipeto e falco. Uccelli che non si mangiano".

Questa è solo l'ultima, in ordine di tempo, di una serie di scoperte sensazionali alla grotta di Fumane dove archeologi dell'Università di Ferrara scavano dal 1988 in collaborazione con la Soprintendenza archeologica del Veneto. Sarà presentata e discussa il 2 marzo prossimo a Boscochiesanuova nella sede della Comunità montana della Lessinia. Proprio come nel 2000 si presentarono le pitture rupestri più antiche d'Europa: solo poche immagini di animali e di un uomo - poca cosa rispetto alle grotte dipinte più conosciute - ma antiche addirittura di 32mila anni. Perché Fumane racconta tutta la nostra preistoria da circa 90mila a 25mila anni fa. Lì hanno vissuto prima i Neanderthal e poi gli Uomini moderni, lasciando tutte le tracce del proprio passaggio, dai focolari alle capanne agli oggetti utilizzati. Sono testimonianze ricchissime per ogni epoca, e in uno stato di conservazione eccezionale perché i ghiacci hanno fatto crollare la volta trasformando la grotta in una "trappola sedimentaria", una sorta di sigillo che ha fatto straordinariamente giungere la preistoria intatta fino a noi.

"Così sono giunte anche le piccole e fragili ossa di uccelli, conservate al punto da poterne ancora notare i tagli al microscopio. E soprattutto sono datate con certezza assoluta", spiega il direttore dello scavo Marco Peresani. "Il dibattito scientifico sulle capacità cognitive dei Neanderthal, si basa in buona parte su testimonianze archeologiche poco affidabili e di datazione incerta. Fumane invece mostra chiaramente che i Neanderthal hanno cominciato a ornarsi di piume molto prima di entrare in contatto con l'uomo moderno, in totale autonomia. Che possedevano già da sé, e non per contatto con noi, le nostre stesse capacità cognitive". "Dobbiamo rassegnarci" osserva l'archeologo Francesco d'Errico dell'Università di Bordeaux, paladino della ricerca sul pensiero simbolico dei nostri antenati, "noi non siamo gli eletti".