

La presente, modesta, ricerca trae spunto dalla curiosità
che mi ha suscitato l'aver ascoltato una breve ma interessante conferenza
tenutasi nella accogliente sede dell'associazione Gaeo (Gruppo archeologico
dell'Emilia occidentale) di Parma e che, poi, mi ha motivato ad
approfondire la tematica presentata.
A relazionare, su una delle figure più controverse dell'
antico Egitto, Akhenaton, era stato invitato Davide Astori che ricordiamo,
per chi non lo conoscesse, è un affermato linguista, con
particolare riferimento alla cultura semitica e, ancor più,
a quella ebraica.
E', anche, collaboratore dell'Università di Parma, membro
del Gaeo e socio fondatore dell'Accademia Egittologia Cremonese.
Tra i suoi ultimi lavori, ricordiamo, il piccolo volume "Leggiamo
i geroglifici" ed una complessa traduzione dal sanscrito.
Chi è, dunque, Akhenaton?
Di lui non si conosce tantissimo, nonostante siano stati scritti
più di duemila testi specifici, perché il materiale
a disposizione è di difficile interpretazione.
Le notizie che abbiamo, comunque, si basano, essenzialmente, su
ritrovamenti archeologici, come i monumenti, o l'analisi di creazioni
artistiche come pitture o opere letterarie.
Secondo di due fratelli, figlio di Amenhotep (o Amenofi) III, regnò
per quindici anni attorno alla metà del 1.300 a.C., inizialmente,
con il nome di Amenhotep IV e, successivamente, con quello, con
il quale è maggiormente conosciuto, di Akhenaton.
Fu marito di Nefertiti, la regina che passò alla storia per
la sua eccezionale bellezza.
Tutti sappiamo che la Storia ci ha consegnato il ricordo di un uomo
debole, malato ed effeminato, sia come tratteggi fisici che caratteriali
ma, soprattutto, la sua nomea di "eretico".
Come mai?
La vicenda, che ha fatto nascere tale appellativo, è lo stessa
faraone ad avercela raccontata.
Tutto nacque quel tal giorno che udì la voce di una divinità
che gli chiese, in modo perentorio, di essere considerata speciale
ed al di sopra di tutte le altre.
Si trattava di "Aton", il "Sole all'orizzonte"
simbolo di forza e di vita, Signore di tutti i popoli e raffigurato
sotto forma di disco solare sormontato da un cobra, simbolo di regalità,
e con lunghi raggi che terminano con piccole mani che reggono l'"ankh",
il simbolo della vita.
E questo era solo l'inizio di quanto si stava profilando e, cioè,
di una vera e propria rivoluzione in campo religioso e sociale,
in una realtà che era stata politeistica fin dall'inizio
dei tempi.
Gli storici, però, sono portati a ritenere che la religione
egizia, o meglio la sua religiosità, contenesse nel suo intimo
una forma latente di monoteismo.
Tale idea, infatti, non potrebbe essere sorta dal nulla, perché
troppo lontana dalla cultura e dal modo di vivere del tempo.
In altre parole si può ragionevolmente ipotizzare che il
pantheon egiziano, pur con tante divinità, non possa essere
considerato come un insieme di entità a se stanti, ma come
espressione di un'unica, sacra, forza creatrice.
Un politeismo formale, ma non sostanziale, dunque.
Oppure molti studiosi preferiscono parlare non tanto di una"rivoluzione
monoteistica" quanto di una espressione di "enoteismo",
intendendo con tale termine una forma di religiosità che
contempla la presenza di tanti dei ma dei quali solo uno è
meritevole di rispetto e reverenza.
Ed in pratica è quello che avrebbe fatto Akhenaton, che ha
innalzato, agli onori del culto e attenzione popolare, una determinata
divinità a scapito di altre, che non sono state cancellate,
ma, semplicemente private della loro devozione millenaria.
Un esempio moderno di tale sacra espressione è l'Ebraismo.
Secondo altri egittologi, invece, il faraone avrebbe accentuato
una tendenza in corso da tempo e proseguita da suo padre. Quest'ultimo,
infatti, aveva portato ad una progressiva "solarizzazione"
della religione egizia, riconoscendo come divinità unicamente
Atum, Ptah, Osiride e Amon in quanto aspetti del dio sole Ra.
Il figlio estremizzò questa tendenza considerando, come uniche
divinità ammesse, Ra, Shu e Horus intese come aspetti diversi
dell'unico vero dio, Aton.
Le altre, almeno inizialmente, vennero semplicemente ignorate. Poi,
però, il suo atteggiamento si estremizzò. Il dio Amon,
ad esempio, nei suoi aspetti iconografici e, più in generale,
pubblici venne sistematicamente cancellato.
La popolazione, però, a quanto pare, dimostrò una
sostanziale indifferenza verso questa riforma, come dimostrano il
ritrovamento, di quel periodo, i piccoli oggetti di culto legati
alle divinità della tradizione.
Ciò fu dovuto, probabilmente, alle sue prerogative poco "terrene"
ed "umane", nel senso che il dio appariva alla gente comune
troppo astratto, simbolico e spirituale. Era come un osservatore
distante ed imperturbabile che guardava alla vita degli uomini con
idifferenza.
Nessuna regola morale richiedeva quella che, al contrario, veniva
insegnata dagli scribi.
Per coloro che, invece, avevano abbracciato il nuovo credo, era
consuetudine creare nelle proprie abitazioni private piccoli altari
in onore di Aton e della famiglia reale.
Per il faraone si è trattato, sicuramente, anche di una abile
mossa dal punto di vista politico.
Non dimentichiamoci che l'esautorare la forma religiosa imperante
significava, anche, togliere potere al clero perché su di
essa si fondava.
Un atto di spiritualità ma anche molto concreto e secolare.
Il re si considerava, poi, l'unico intermediario fra il cielo e
la terra rendendo, di conseguenza, inutile la presenza della classe
sacerdotale.
Secondo molti, inoltre, usò il culto della divinità
come un mezzo per sviluppare il culto della propria persona. Dunque
lo scopo sarebbe stato tutt'altro che spirituale, ma semplicemente
edonistico e per soddisfare il proprio egocentrismo.
Il nome del dio, come era usanza per i faraoni, venne, anche, iscritto
all'interno di cartigli, quasi a voler sottolineare che esso ed
i sovrani erano sullo stesso piano, se non, addirittura, la stessa
cosa.
Come conseguenza di ciò molti templi vennero chiusi ed i
loro beni passarono di proprietà reale, venendo amministrati
da membri del governo centralizzato.
Essi divennero col tempo, di conseguenza, cumuli di macerie ricoperti
da erbacce.
Per il clero i privilegi erano, dunque, cessati.
Viene, in ogni caso, spontaneo chiedersi se vi furono opposizioni,
più o meno violente, a quanto stava succedendo.
A noi non è pervenuto nulla in proposito, ma è probabile
che, qualora ci fossero state, esse non venissero registrate, ipotizzando
una probabile censura da parte della classe dominante.
A consolidamento della sua riforma il faraone fondò anche
una nuova città, Akhetaton "l'orizzonte di Aton",
oggi Amarna, esattamente all'altezza dell'odierno villaggio di Abu
Qurqas, sulla sponda destra del Nilo.
Un centro immenso, a metà strada tra Menfi e Tebe, costruito
in poco tempo su una vasta area alluvionale, delimitato da una serie
di grandi stele, dette "stele-frontiera". Un suolo vergine
ed incontaminato da presenza umana, questo dove portò la
capitale del regno, lontano centinaia di chilometri da Tebe, sede
delle gerarchie del clero.
Agli occhi degli abitanti e visitatori doveva presentarsi splendida,
ricca di giardini, palazzi sontuosamente decorati e, addirittura,
un piccolo lago.
Il faraone affermò che fu lo stesso dio ad indicargli tale
luogo, ma, molto più realisticamente, è probabile
fosse stato influenzato dalla forma delle colline vicine che ricordano
il simbolo geroglifico che sta per "orizzonte".
Dopo quindici anni dalla sua fondazione venne, però, abbandonata
ed i suoi templi ed abitazioni divennero cava di materiali da costruzione
per altri edifici.
Essa non venne ma più ricostruita ed oggi ne rimangono che
poche rovine
Bisogna, però, ricordare che, in realtà, la scelta
appare meno rivoluzionaria di quanto possa sembrare a prima vista.
Già due volte, infatti, la capitale si era trasferita in
altro luogo.
Ricordiamo il passaggio, durante il Medio Regno, da Menfi a Itji-taui,
nella zona del Fayum, mentre all'inizio del Nuovo Regno la sua sede
era diventata Tebe, con i splendidi templi di Karnak e Luxor.
Diversi furono, anche, i materiali impiegati dove, al posto dei
blocchi di calcare, vennero usati i mattoni crudi.
Già ai tempi di Tebe fece costruire dei monumenti con una
tecnica innovativa, perché prevedeva l'utilizzo di blocchi
di pietra di piccole dimensioni.
Ciò permetteva il loro trasporto anche da parte di un singolo
uomo con immaginabili guadagni nei tempi di realizzazione delle
opere edili. Poi, introdusse una speciale tecnica di incisione,
ad incavo, delle figure nei bassorilievi grazie alla quale esse
riflettevano la luce del sole.
Inoltre, contrariamente a quanto era fino ad allora accaduto, ogni
abitazione aveva la propria sorgente d'acqua, cosa che alleviava
i contadini dalla fatica quotidiana di andare a rifornirsi nelle
acque del Nilo.
La città doveva essere, poi, un luogo aperto in cui ogni
cosa doveva essere baciata dai raggi radiosi e purificatori del
Sole.
Gli stessi templi amarniani erano corti a cielo aperto dove i raggi
del sole potevano diffondere la loro luce senza ostacoli, a differenza
di quelli tradizionali dove dominavano il buio e l'oscurità,
che si facevano sempre più intensi man mano ci si avvicinava
alle loro zone più sacre.
Anche nelle statue il re non era rappresentato con la classica gamba
avanzata nell'attitudine della marcia, ma ognuna era, semplicemente,
parallela all'altra.
Un nuovo modo di vivere e di essere, dunque, codificato, tra l'altro,
in quella forma scritta che noi conosciamo come l'"Inno ad
Aton".
In esso mancano gli elementi tipici degli inni sacri tradizionali:
non esistono, cioè, richiami ad altre divinità o ad
esseri mitologici, come a significare che Aton era unico e primordiale.
Un testo illuminante, secondo molti, dal quale traspare una visione
ecumenica, in cui tutte le terre e tutte le genti sono figlie dell'amore
creatore di Aton.
Una composizione che ricorda, anche, il "Cantico delle creature"
di S. Francesco per l'energia positiva e naturale che emana.
Ricordiamo, ad esempio, che allora gli stranieri erano chiamati
"barbari", cioè coloro che "balbettano",
ed erano ritenuti inferiori perché parlanti una lingua incomprensibile.
La rivoluzione riguardò anche altri aspetti della vita del
tempo. Ad esempio fece la sua comparsa nei testi ufficiali il neoegiziano,
la lingua che si parlava correntemente.
Anche la decorazione delle tombe aveva un filo conduttore completamente
diverso.
Molte sono le scene di vita famigliare, dove gli individui sono
colti in atteggiamenti spontanei e fraterni. Immagini molto reali,
libere da antichi canoni estetici, con l'accentuazione dei tratti
fisionomici, come i ventri prominenti e le mandibole allungate.
Non più scene dell'aldilà, dunque, ma di vita quotidiana.
Solo la visione frontale degli occhi richiama l'antica tradizione.
Secondo alcuni studiosi, però, il modo in cui venivano presentate
le caratteristiche fisiche del faraone poteva essere non una loro
semplice esagerazione ma delle vere e proprie malformazioni dovute
a disfunzioni ormonali.
L'ipotesi, però, è respinta da molti sia perché,
inizialmente, le raffigurazioni del re erano di aspetto normale
sia perché, come ci dimostra Modiglioni con le sue donne
dai colli allungati, l'espressione artistica può assumere
connotazioni surreali.
I bambini, inoltre, sono raffigurati in quanto tali, con i loro
tratti infantili, e cessano di essere degli adulti "in miniatura".
Sempre a proposito di tombe una importante innovazione, che fece
poi scuola, fu il collegare la porta di ingresso e la camera funeraria
con un lungo corridoio rettilineo. Inoltre, la presenza di varie
stanze destinate alla sepoltura dei famigliari, indica che, a differenza
della tradizione, essa non era riservata al solo faraone ma doveva
accogliere tutta la famiglia.
Volendo, ora, arrivare ad una conclusione come lo possiamo definire?
E' stato davvero un precursore dei tempi, vedendo nel monoteismo
la vera essenza della religiosità, come ci insegnano le maggiori
dottrine moderne, oppure la sua è stata, molto semplicemente,
una forma di intolleranza religiosa, atteggiamento quasi sconosciuto
nel mondo antico?
E' difficile dare una risposta definitiva perché ogni giudizio
è figlio del suo tempo e mai come in questo caso è
mutato, soggetto, spesso, a forte strumentalizzazione, nel corso
dei secoli.
In generale questo è un problema molto forte perché
investe l'indagine storica in ogni sua espressione; lo studioso
valuta con la cultura del suo presente e quindi i risultati sono,
spesso, molto soggettivi e provvisori.
Ad esempio lo si è considerato, tante volte, un inetto in
sede di politica estera.
Niente di più sbagliato, almeno in parte.
Come dimostrano alcune tavolette in argille ritrovate ad Amarna,
fitti furono gli scambi epistolari con i più importanti stati
del tempo, che dimostrano una politica lungimirante mirante a mantenere
i delicati equilibri politici che si erano nel tempo creati. è
pur vero, però, che il re non intervenne a difendere i Mitanni,
suoi alleati, che vennero spazzati via dagli Hittiti ed alcune colonie
egizie conquistate dai suoi predecessori.
In alcune epoche storiche lo si è, dunque, considerato un
faraone pacifistica, ma le raffigurazioni che lo colgono nell'atto
di massacrare con una mazza i suoi nemici sembrano, onestamente,
escludere tale ipotesi.
Qualunque sia, comunque, l'interpretazione della sua figura vi sono,
nella vicenda, alcuni risvolti indubbiamente interessanti e misteriosi.
Come mai, ad esempio, il salmo biblico numero 104 è così
simile al testo dell'inno al dio Aton? Quali influenze sono ipotizzabili
fra il monoteismo ebraico e la codifica religiosa di Akhenaton?
Mosè era, forse, un egiziano seguace del culto del dio Sole?
Sicuramente il suo pensiero ha trovato riscontro, in forme ed espressioni
diverse, in tutto il mondo antico.
La stessa Eneide di Virgilio richiama, in alcuni suoi passi, lo
scritto sopra citato.
In conclusione ci troviamo di fronte ad un personaggio di difficile
interpretazione, non ancora adeguatamente approfondita in tutte
le sue angolazioni.
Per alcuni è stato un grande riformatore ed una persona straordinariamente
intelligente, per altri un semplice folle e fanatico che ha rischiato
di far precipitare il suo paese, tradizionalmente conservatore,
nel caos.
Una figura che l'Egitto antico ci ha consegnato come perdente, forse,
semplicemente perché troppo al di fuori del suo tempo per
essere compresa.
Una immagine, indiscutibilmente, androgina ma che, forse, deve essere
vista non come segno di debolezza ma come incarnazione del principio
divino che, per definizione, non è né maschile né
femminile.
Bibliografia
- Conferenza tenuta a Parma il 3 febbraio 2005 da Davide Astori
dal titolo "Akhenaton, il Faraone eretico"
- Le Grandi Civiltà del Passato - Egitto - Edizioni White
Star - enciclopedia
- Le Grandi Avventure dell'Archeologia - Curcio Editore - enciclopedia
- I Segreti dell'Archeologia - De Agostini - enciclopedia
- Egitto - Fabbri Editori - enciclopedia
- Akhenaton - Nagib Mahfuz - Newton e Compton Editori
di Stefano Panizza
s.panizza@libero.it




di Michael A. Cremo, Richard L. Thompson2. Archeologia Misterica
di Luc Bürgin3. Archeologia dell'impossibile
di Volterri Roberto4. Archeologia eretica
di Luc Bürgin5. Il libro degli antichi misteri
di Reinhard Habeck6. Rennes-le-Château e il mistero dell'abbazia di Carol
di Roberto Volterri, Alessandro Piana7. Il mistero delle piramidi lombarde
di Vincenzo Di Gregorio8. Le dee viventi
di Marija Gimbutas9. Come ho trovato l'arca di Noè
di Angelo Palego10. Navi e marinai dell'antichità
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