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2 Marzo 2005 MISTERO
Stefano Panizza
Akhenaton, chi era costui?
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La presente, modesta, ricerca trae spunto dalla curiosità che mi ha suscitato l'aver ascoltato una breve ma interessante conferenza tenutasi nella accogliente sede dell'associazione Gaeo (Gruppo archeologico dell'Emilia occidentale) di Parma e che, poi, mi ha motivato ad approfondire la tematica presentata.
A relazionare, su una delle figure più controverse dell' antico Egitto, Akhenaton, era stato invitato Davide Astori che ricordiamo, per chi non lo conoscesse, è un affermato linguista, con particolare riferimento alla cultura semitica e, ancor più, a quella ebraica.
E', anche, collaboratore dell'Università di Parma, membro del Gaeo e socio fondatore dell'Accademia Egittologia Cremonese.
Tra i suoi ultimi lavori, ricordiamo, il piccolo volume "Leggiamo i geroglifici" ed una complessa traduzione dal sanscrito.
Chi è, dunque, Akhenaton?
Di lui non si conosce tantissimo, nonostante siano stati scritti più di duemila testi specifici, perché il materiale a disposizione è di difficile interpretazione.
Le notizie che abbiamo, comunque, si basano, essenzialmente, su ritrovamenti archeologici, come i monumenti, o l'analisi di creazioni artistiche come pitture o opere letterarie.
Secondo di due fratelli, figlio di Amenhotep (o Amenofi) III, regnò per quindici anni attorno alla metà del 1.300 a.C., inizialmente, con il nome di Amenhotep IV e, successivamente, con quello, con il quale è maggiormente conosciuto, di Akhenaton.
Fu marito di Nefertiti, la regina che passò alla storia per la sua eccezionale bellezza.
Tutti sappiamo che la Storia ci ha consegnato il ricordo di un uomo debole, malato ed effeminato, sia come tratteggi fisici che caratteriali ma, soprattutto, la sua nomea di "eretico".
Come mai?
La vicenda, che ha fatto nascere tale appellativo, è lo stessa faraone ad avercela raccontata.
Tutto nacque quel tal giorno che udì la voce di una divinità che gli chiese, in modo perentorio, di essere considerata speciale ed al di sopra di tutte le altre.
Si trattava di "Aton", il "Sole all'orizzonte" simbolo di forza e di vita, Signore di tutti i popoli e raffigurato sotto forma di disco solare sormontato da un cobra, simbolo di regalità, e con lunghi raggi che terminano con piccole mani che reggono l'"ankh", il simbolo della vita.
E questo era solo l'inizio di quanto si stava profilando e, cioè, di una vera e propria rivoluzione in campo religioso e sociale, in una realtà che era stata politeistica fin dall'inizio dei tempi.
Gli storici, però, sono portati a ritenere che la religione egizia, o meglio la sua religiosità, contenesse nel suo intimo una forma latente di monoteismo.
Tale idea, infatti, non potrebbe essere sorta dal nulla, perché troppo lontana dalla cultura e dal modo di vivere del tempo.
In altre parole si può ragionevolmente ipotizzare che il pantheon egiziano, pur con tante divinità, non possa essere considerato come un insieme di entità a se stanti, ma come espressione di un'unica, sacra, forza creatrice.
Un politeismo formale, ma non sostanziale, dunque.
Oppure molti studiosi preferiscono parlare non tanto di una"rivoluzione monoteistica" quanto di una espressione di "enoteismo", intendendo con tale termine una forma di religiosità che contempla la presenza di tanti dei ma dei quali solo uno è meritevole di rispetto e reverenza.
Ed in pratica è quello che avrebbe fatto Akhenaton, che ha innalzato, agli onori del culto e attenzione popolare, una determinata divinità a scapito di altre, che non sono state cancellate, ma, semplicemente private della loro devozione millenaria.
Un esempio moderno di tale sacra espressione è l'Ebraismo.
Secondo altri egittologi, invece, il faraone avrebbe accentuato una tendenza in corso da tempo e proseguita da suo padre. Quest'ultimo, infatti, aveva portato ad una progressiva "solarizzazione" della religione egizia, riconoscendo come divinità unicamente Atum, Ptah, Osiride e Amon in quanto aspetti del dio sole Ra.
Il figlio estremizzò questa tendenza considerando, come uniche divinità ammesse, Ra, Shu e Horus intese come aspetti diversi dell'unico vero dio, Aton.
Le altre, almeno inizialmente, vennero semplicemente ignorate. Poi, però, il suo atteggiamento si estremizzò. Il dio Amon, ad esempio, nei suoi aspetti iconografici e, più in generale, pubblici venne sistematicamente cancellato.
La popolazione, però, a quanto pare, dimostrò una sostanziale indifferenza verso questa riforma, come dimostrano il ritrovamento, di quel periodo, i piccoli oggetti di culto legati alle divinità della tradizione.
Ciò fu dovuto, probabilmente, alle sue prerogative poco "terrene" ed "umane", nel senso che il dio appariva alla gente comune troppo astratto, simbolico e spirituale. Era come un osservatore distante ed imperturbabile che guardava alla vita degli uomini con idifferenza.
Nessuna regola morale richiedeva quella che, al contrario, veniva insegnata dagli scribi.
Per coloro che, invece, avevano abbracciato il nuovo credo, era consuetudine creare nelle proprie abitazioni private piccoli altari in onore di Aton e della famiglia reale.
Per il faraone si è trattato, sicuramente, anche di una abile mossa dal punto di vista politico.
Non dimentichiamoci che l'esautorare la forma religiosa imperante significava, anche, togliere potere al clero perché su di essa si fondava.
Un atto di spiritualità ma anche molto concreto e secolare.
Il re si considerava, poi, l'unico intermediario fra il cielo e la terra rendendo, di conseguenza, inutile la presenza della classe sacerdotale.
Secondo molti, inoltre, usò il culto della divinità come un mezzo per sviluppare il culto della propria persona. Dunque lo scopo sarebbe stato tutt'altro che spirituale, ma semplicemente edonistico e per soddisfare il proprio egocentrismo.
Il nome del dio, come era usanza per i faraoni, venne, anche, iscritto all'interno di cartigli, quasi a voler sottolineare che esso ed i sovrani erano sullo stesso piano, se non, addirittura, la stessa cosa.
Come conseguenza di ciò molti templi vennero chiusi ed i loro beni passarono di proprietà reale, venendo amministrati da membri del governo centralizzato.
Essi divennero col tempo, di conseguenza, cumuli di macerie ricoperti da erbacce.
Per il clero i privilegi erano, dunque, cessati.
Viene, in ogni caso, spontaneo chiedersi se vi furono opposizioni, più o meno violente, a quanto stava succedendo.
A noi non è pervenuto nulla in proposito, ma è probabile che, qualora ci fossero state, esse non venissero registrate, ipotizzando una probabile censura da parte della classe dominante.
A consolidamento della sua riforma il faraone fondò anche una nuova città, Akhetaton "l'orizzonte di Aton", oggi Amarna, esattamente all'altezza dell'odierno villaggio di Abu Qurqas, sulla sponda destra del Nilo.
Un centro immenso, a metà strada tra Menfi e Tebe, costruito in poco tempo su una vasta area alluvionale, delimitato da una serie di grandi stele, dette "stele-frontiera". Un suolo vergine ed incontaminato da presenza umana, questo dove portò la capitale del regno, lontano centinaia di chilometri da Tebe, sede delle gerarchie del clero.
Agli occhi degli abitanti e visitatori doveva presentarsi splendida, ricca di giardini, palazzi sontuosamente decorati e, addirittura, un piccolo lago.
Il faraone affermò che fu lo stesso dio ad indicargli tale luogo, ma, molto più realisticamente, è probabile fosse stato influenzato dalla forma delle colline vicine che ricordano il simbolo geroglifico che sta per "orizzonte".
Dopo quindici anni dalla sua fondazione venne, però, abbandonata ed i suoi templi ed abitazioni divennero cava di materiali da costruzione per altri edifici.
Essa non venne ma più ricostruita ed oggi ne rimangono che poche rovine
Bisogna, però, ricordare che, in realtà, la scelta appare meno rivoluzionaria di quanto possa sembrare a prima vista. Già due volte, infatti, la capitale si era trasferita in altro luogo.
Ricordiamo il passaggio, durante il Medio Regno, da Menfi a Itji-taui, nella zona del Fayum, mentre all'inizio del Nuovo Regno la sua sede era diventata Tebe, con i splendidi templi di Karnak e Luxor.
Diversi furono, anche, i materiali impiegati dove, al posto dei blocchi di calcare, vennero usati i mattoni crudi.
Già ai tempi di Tebe fece costruire dei monumenti con una tecnica innovativa, perché prevedeva l'utilizzo di blocchi di pietra di piccole dimensioni.
Ciò permetteva il loro trasporto anche da parte di un singolo uomo con immaginabili guadagni nei tempi di realizzazione delle opere edili. Poi, introdusse una speciale tecnica di incisione, ad incavo, delle figure nei bassorilievi grazie alla quale esse riflettevano la luce del sole.
Inoltre, contrariamente a quanto era fino ad allora accaduto, ogni abitazione aveva la propria sorgente d'acqua, cosa che alleviava i contadini dalla fatica quotidiana di andare a rifornirsi nelle acque del Nilo.
La città doveva essere, poi, un luogo aperto in cui ogni cosa doveva essere baciata dai raggi radiosi e purificatori del Sole.
Gli stessi templi amarniani erano corti a cielo aperto dove i raggi del sole potevano diffondere la loro luce senza ostacoli, a differenza di quelli tradizionali dove dominavano il buio e l'oscurità, che si facevano sempre più intensi man mano ci si avvicinava alle loro zone più sacre.
Anche nelle statue il re non era rappresentato con la classica gamba avanzata nell'attitudine della marcia, ma ognuna era, semplicemente, parallela all'altra.
Un nuovo modo di vivere e di essere, dunque, codificato, tra l'altro, in quella forma scritta che noi conosciamo come l'"Inno ad Aton".
In esso mancano gli elementi tipici degli inni sacri tradizionali: non esistono, cioè, richiami ad altre divinità o ad esseri mitologici, come a significare che Aton era unico e primordiale.
Un testo illuminante, secondo molti, dal quale traspare una visione ecumenica, in cui tutte le terre e tutte le genti sono figlie dell'amore creatore di Aton.
Una composizione che ricorda, anche, il "Cantico delle creature" di S. Francesco per l'energia positiva e naturale che emana.
Ricordiamo, ad esempio, che allora gli stranieri erano chiamati "barbari", cioè coloro che "balbettano", ed erano ritenuti inferiori perché parlanti una lingua incomprensibile.
La rivoluzione riguardò anche altri aspetti della vita del tempo. Ad esempio fece la sua comparsa nei testi ufficiali il neoegiziano, la lingua che si parlava correntemente.
Anche la decorazione delle tombe aveva un filo conduttore completamente diverso.
Molte sono le scene di vita famigliare, dove gli individui sono colti in atteggiamenti spontanei e fraterni. Immagini molto reali, libere da antichi canoni estetici, con l'accentuazione dei tratti fisionomici, come i ventri prominenti e le mandibole allungate. Non più scene dell'aldilà, dunque, ma di vita quotidiana.
Solo la visione frontale degli occhi richiama l'antica tradizione.
Secondo alcuni studiosi, però, il modo in cui venivano presentate le caratteristiche fisiche del faraone poteva essere non una loro semplice esagerazione ma delle vere e proprie malformazioni dovute a disfunzioni ormonali.
L'ipotesi, però, è respinta da molti sia perché, inizialmente, le raffigurazioni del re erano di aspetto normale sia perché, come ci dimostra Modiglioni con le sue donne dai colli allungati, l'espressione artistica può assumere connotazioni surreali.
I bambini, inoltre, sono raffigurati in quanto tali, con i loro tratti infantili, e cessano di essere degli adulti "in miniatura".
Sempre a proposito di tombe una importante innovazione, che fece poi scuola, fu il collegare la porta di ingresso e la camera funeraria con un lungo corridoio rettilineo. Inoltre, la presenza di varie stanze destinate alla sepoltura dei famigliari, indica che, a differenza della tradizione, essa non era riservata al solo faraone ma doveva accogliere tutta la famiglia.
Volendo, ora, arrivare ad una conclusione come lo possiamo definire?
E' stato davvero un precursore dei tempi, vedendo nel monoteismo la vera essenza della religiosità, come ci insegnano le maggiori dottrine moderne, oppure la sua è stata, molto semplicemente, una forma di intolleranza religiosa, atteggiamento quasi sconosciuto nel mondo antico?
E' difficile dare una risposta definitiva perché ogni giudizio è figlio del suo tempo e mai come in questo caso è mutato, soggetto, spesso, a forte strumentalizzazione, nel corso dei secoli.
In generale questo è un problema molto forte perché investe l'indagine storica in ogni sua espressione; lo studioso valuta con la cultura del suo presente e quindi i risultati sono, spesso, molto soggettivi e provvisori.
Ad esempio lo si è considerato, tante volte, un inetto in sede di politica estera.
Niente di più sbagliato, almeno in parte.
Come dimostrano alcune tavolette in argille ritrovate ad Amarna, fitti furono gli scambi epistolari con i più importanti stati del tempo, che dimostrano una politica lungimirante mirante a mantenere i delicati equilibri politici che si erano nel tempo creati. è pur vero, però, che il re non intervenne a difendere i Mitanni, suoi alleati, che vennero spazzati via dagli Hittiti ed alcune colonie egizie conquistate dai suoi predecessori.
In alcune epoche storiche lo si è, dunque, considerato un faraone pacifistica, ma le raffigurazioni che lo colgono nell'atto di massacrare con una mazza i suoi nemici sembrano, onestamente, escludere tale ipotesi.
Qualunque sia, comunque, l'interpretazione della sua figura vi sono, nella vicenda, alcuni risvolti indubbiamente interessanti e misteriosi.
Come mai, ad esempio, il salmo biblico numero 104 è così simile al testo dell'inno al dio Aton? Quali influenze sono ipotizzabili fra il monoteismo ebraico e la codifica religiosa di Akhenaton? Mosè era, forse, un egiziano seguace del culto del dio Sole?
Sicuramente il suo pensiero ha trovato riscontro, in forme ed espressioni diverse, in tutto il mondo antico.
La stessa Eneide di Virgilio richiama, in alcuni suoi passi, lo scritto sopra citato.
In conclusione ci troviamo di fronte ad un personaggio di difficile interpretazione, non ancora adeguatamente approfondita in tutte le sue angolazioni.
Per alcuni è stato un grande riformatore ed una persona straordinariamente intelligente, per altri un semplice folle e fanatico che ha rischiato di far precipitare il suo paese, tradizionalmente conservatore, nel caos.
Una figura che l'Egitto antico ci ha consegnato come perdente, forse, semplicemente perché troppo al di fuori del suo tempo per essere compresa.
Una immagine, indiscutibilmente, androgina ma che, forse, deve essere vista non come segno di debolezza ma come incarnazione del principio divino che, per definizione, non è né maschile né femminile.

Bibliografia
- Conferenza tenuta a Parma il 3 febbraio 2005 da Davide Astori dal titolo "Akhenaton, il Faraone eretico"
- Le Grandi Civiltà del Passato - Egitto - Edizioni White Star - enciclopedia
- Le Grandi Avventure dell'Archeologia - Curcio Editore - enciclopedia
- I Segreti dell'Archeologia - De Agostini - enciclopedia
- Egitto - Fabbri Editori - enciclopedia
- Akhenaton - Nagib Mahfuz - Newton e Compton Editori




di Stefano Panizza
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