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3 Novembre 2004 STORIA
Fabio Ragno
Elena di Troia
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Omero racconta che la leggendaria guerra di Troia fu provocata dal rapimento di Elena, moglie del re di Sparta Menelao, da parte di Paride, uno dei cinquanta figli di Priamo, Re di Troia.
Quelli che si occupano di studi omerici, di solito, prendono un po' tutta la questione dell'Iliade e dell'Odissea in termini abbastanza poco veritieri dal punto di vista storico.
Nella maggior parte dei casi maneggiano questi racconti come rielaborazioni poetiche che appartengono all'epica, cioè come racconti che possiedono uno sfondo di verità storica ma che debbono essere, per così dire, filtrati se si vuole arrivare alla realtà dei fatti.
Nel caso della guerra di Troia, una volta ammesso che sia davvero avvenuta, la sua causa scatenante viene dunque individuata dagli studiosi moderni - sarebbe meglio dire congetturata - in un conflitto commerciale per il controllo dei Dardanelli e delle vie di traffico tra Europa ed Asia Minore. La storia di Elena e del suo rapimento, senza molto questionarci intorno, viene trattata come una bazzecola o, se proprio si vuole, come una colorata invenzione di Omero.
Del resto, come si fa a pensare che l'intera Grecia, con tutti i suoi Re più importanti, potesse combattere una guerra della durata di dieci anni, bloccando per così tanto tempo ogni risorsa di quei poveri popoli, solo per riprendere una moglie ch'era stata rapita ad uno di loro, in epoche in cui il valore sociale della donna era per di più molto basso?
In effetti è lecito vedere le cose in questo modo, e certo la questione di una guerra causata dal rapimento di una donna è fortemente sospetta anche se, a ben guardare, lo è altrettanto quella del conflitto commerciale, se solo si considera quali potessero concretamente essere gli effettivi sviluppi dell'economia e dei traffici all'epoca del conflitto, l'Età del Bronzo.
Quest'ipotesi anzi appare decisamente molto sbrigativa e sembra obbedire a situazioni e criteri del tutto moderni, e meriterebbe forse qualche attenzione solo collocando la guerra di Troia un paio di millenni avanti nel tempo.
Bisogna dunque dire che la questione di Elena, per ragioni obiettive, ha una prospettiva diversa da quella del rapimento amoroso ma, allo stesso tempo, anche del conflitto commerciale. Piuttosto, sforzandosi di vedere le cose il più possibile secondo il valore attribuito alle allegorie dalla mentalità degli antichi, Elena sembra semmai una rappresentazione simbolica, che si sviluppa secondo uno schema abbastanza frequente nell'antichità tradizionale ed oggi del tutto incompreso.
Questo appare del resto evidente se si esamina un po' da vicino la leggenda di Elena. La sua nascita risulta infatti abbastanza misteriosa e dimostra, in modo esplicito, che Elena non può assolutamente esser considerata una figura di donna, seppure idealizzata.
Secondo alcune versioni Zeus, fingendo d'essere inseguito da un'aquila, si trasforma in cigno e seduce Nemesi, una Dea Ninfa (1), per bellezza in tutto simile ad Afrodite-Venere, che a sua volta ha preso le sembianze di un'oca selvatica.
Nemesi depone un uovo che Ermete - il Dio interprete del volere divino (ermeneutes) e conduttore delle anime (psicopompos) - pone a sua volta tra le cosce di Leda, la moglie del Re spartano Tindareo. Dall'uovo nasce Elena ed anche Castore e Polluce, i famosi Dioscuri onorati a Sparta e a Roma (2).
Secondo alcuni, da un secondo uovo nasce anche Clitemnestra, colei che sarebbe diventata la moglie di Agamennone, il futuro comandante degli Achei nella guerra contro Troia e che lei poi avrebbe ucciso, per finire quindi uccisa dal suo stesso figlio Oreste (3).
Come si vede dunque, senza possibilità d'equivoco, già la leggenda di per sé indica che Elena non è propriamente una donna ma una personificazione collegata a dei riferimenti (gli animali, la nascita, l'uovo) esplicitamente simbolici e che sottendono precisi significati, se pure oggi difficili da decifrare.
Arrischiandoci comunque a farlo, si coglie come prima indicazione la filiazione di Elena dalla Ninfa Nemesi che a sua volta, nel groviglio delle diverse versioni dei Miti, è detta esser generata da Oceano e Notte, e che viene definita dal poeta Esiodo "Sciagura degli uomini".
Il suo significato originario sembra essere quello di una forza che colpisce chi ha causato dei torti e, nelle epoche posteriori, assume perciò anche il significato di vendetta o comunque di una giustizia violenta ed inesorabile. Come figlia della Notte e dell'Oceano Nemesi va dunque associata all'oscurità, e pertanto riveste l'aspetto di forza o potenza nascosta. Quando poi si congiunge con Zeus ha la sembianze dell'oca selvatica, animale sacro associato alla veglia ed alla vigilanza (4), e possiede dunque anche questo carattere.
Il cigno in cui si è trasformato Zeus è invece associato alla luce. L'unione di questi due elementi potrebbe dunque dare - il condizionale è d'obbligo - l'idea di una forza nascosta e vigile che venga portata alla luce e vivificata. Chi compie quest'opera è il Dio Ermete collocando l'uovo nelle cosce di Leda e, a quest'ultimo riguardo, c'è un'interessante notazione da fare.
Come ha rilevato René Guénon (5), il termine greco per coscia è méros, foneticamente uguale al sanscrito Meru, la Montagna Sacra degli indù, sulla cui cima si trova il Paradesha (6). Questo richiama molto da vicino, per motivi certo non casuali, il greco Dioniso (7), che nel corso delle sue imprese è detto giungere in India e, soprattutto, è detto essere nato da una coscia di Zeus.
Sembrerebbe insomma esistere una curiosa trasposizione fonetica per cui, per assonanza dei due termini méros e Meru, colui che nasce dalla coscia (méros) in realtà è colui che proviene dalla Montagna Sacra (Meru), ovvero dal luogo in cui simbolicamente la Terra raggiunge il Cielo ed in cui l'umanità è a contatto con la Sapienza.
Nel caso di Elena, anch'essa deposta tra le cosce (méros o Meru) di Leda, esiste dunque un collegamento con la Sapienza di ordine superiore, e questo risulta indirettamente anche dall'inserimento nella leggenda dell'elemento uovo, che altro non è se non l'Uovo del Mondo, immagine simbolica presente pressoché in tutte le culture e che indica l'embrione di tutti gli elementi.
In altri termini, si potrebbe vedere in Elena la raffigurazione di una forza nascosta che viene portata alla luce ed umanizzata o che prende forma di comprensione presso gli uomini.
Evidentemente lo stesso nome Elena deve essere dimostrativo di questo rapporto dato che, presso i Greci, perlomeno nelle epoche più antiche, i nomi racchiudevano un significato e non erano dei semplici appellativi com'è invece ai giorni nostri.
Platone in particolare parla diffusamente in uno dei suoi dialoghi (8) dei nomi, distinguendo addirittura i nomi usati dagli Dei da quelli usati dagli uomini (9), ribadendo che i nomi non nascono per convenzione ma per natura, tanto che imporre i nomi è un'opera che spetta ai legislatori.
Poste queste premesse Platone spiega i significati di vari nomi, indicando oltretutto quali concetti vengono espressi da certe consonanti.
Nel caso di Elena, Ελένη, le due consonanti #955; (lambda) e #957; (nu) esprimerebbero rispettivamente l'una lo scivolare, e l'altra ciò che sta internamente o centro interiore.
I due concetti, messi accanto, potrebbero quindi esprimere l'idea di uno spostamento di un centro.
La lambda inoltre, iniziale di Lacedemone, è l'emblema di Sparta, tanto che i suoi Re e guerrieri portavano incisa sullo scudo una grande #923; di colore rosso. In questo caso allora l'interpretazione del nome Elena diverrebbe Sparta (#955;, lambda) è il centro (#957;, nu). In entrambe le ipotesi comunque il senso non cambia, anzi, risulta coincidente, se solo si pensa al significato che aveva l'idea di centro nelle antiche società tradizionali.
Il centro infatti è qui concepito come l'origine, cioè il punto di partenza di ogni cosa. In senso figurato, il centro è simile al mozzo di una ruota attorno al quale tutto gira e verso il quale, come tanti raggi, tutte le cose confluiscono. La sua funzione è quella di un cuore pulsante, e questa sua attività vivificatrice discende dal fatto che in esso è conservato un elemento di ordine superiore, di natura spirituale, apportatore di vita.
Né più né meno di come avviene in un corpo, anche un corpo sociale, un popolo o un'entità umana genericamente intesa necessita di un centro o, se si preferisce, di un cuore.
Il mondo ellenico, in realtà, era sostanzialmente diviso in tante polis o città stato indipendenti le une dalle altre, spesso in guerra o competizione tra loro. Esisteva comunque un centro spirituale comune che era Delfi in cui si trovava una pietra sacra di forma ovoidale chiamata omphalos (10).
Accanto ad una comune sede spirituale doveva però esistere, almeno surrettiziamente, anche la sede di un potere temporale od un suo simulacro.
Le antiche società tradizionali infatti hanno sovente riconosciuto al loro interno, dopo una iniziale unità originaria, una separazione tra la funzione dell'autorità spirituale e quella del potere temporale.
La prima, riservata alla casta sacerdotale, costituiva l'effettivo perno sociale, dato che rappresentava il legame con il Cielo. Ne interpretava la volontà, ed aveva il deposito della Conoscenza di ordine superiore. Il potere regale invece, riservato ai re-guerrieri, riceveva la sua investitura e legittimazione da quello, cui era subordinato.
E' dunque possibile, anzi, secondo l'ordine delle cose, che nell'età omerica esistesse un centro spirituale ed uno regale-guerriero (11) e, da questo punto di vista, non si può negare che questa funzione regale surrettizia competesse a Sparta, se non altro per la sua assoluta specificità rispetto ad ogni altra città greca, tale da conferirle una speciale supremazia regale-guerriera (12).
Se Sparta costituiva essa stessa simulacro regale-guerriero, doveva esservi un quid particolare che si trovava nelle mani del suo Re, o comunque di cui lui fosse formalmente il depositario. Perciò, se questo quid fosse stato rappresentato simbolicamente da una donna, tale donna non avrebbe potuto che essere indicata come moglie del Re, ed è appunto questo il caso di Elena, moglie del Re di Sparta Menelao.
Ora, se si considera Elena personificazione del quid che conferiva a Sparta una condizione di centralità, diventa abbastanza consequenziale delinearne le caratteristiche.
In linea di principio, il quid coincide con lo stesso deposito della conoscenza di ordine superiore o, più esattamente, con il suo aspetto applicativo, derivante da quello superiore e profondo, appannaggio dei sacerdoti.
In altri termini, all'autorità spirituale compete il grado metafisico e integrale della Conoscenza. Al potere regale invece il grado fisico, quello cioè di diretta e pratica applicazione, di intervento nel mondo si potrebbe dire, che per sua stessa natura è limitato e subordinato al primo.
Ora, in numerose tradizioni, da quella greca all'India, il normale ordine sociale (autorità spirituale, potere temporale, classe produttiva, classe lavoratrice) è detto venir rovesciato da una rivolta dei guerrieri che si sostituiscono ai sacerdoti venendo così ad occupare il centro o creandone uno regale, sostitutivo di quello spirituale (13).
Nel caso dei Greci vi è una traccia abbastanza diretta di quest'usurpazione nel racconto mitico della caccia al cinghiale Calidonio dato che, analogamente a quanto si è detto per Elena, anche il cinghiale è una rappresentazione - tra l'altro particolarmente diffusa, che si ritrova sia in ambito nordico-celtico, sia in India - e precisamente indica la casta sacerdotale.
A questa caccia, ossia alla rivolta, partecipano i migliori guerrieri del mondo greco tra cui la misteriosa vergine guerriera Atalanta che, alla fine, sarà colei che riceverà le spoglie del cinghiale.
Il suo nome evoca molto da vicino la mitica Atlantide, ed indica come questa regione, posta all'occidente del mondo, avesse assunto il ruolo di centro dopo il trasferimento laggiù dei residui della scienza sacerdotale, ossia le spoglie del cinghiale nordico
(Calidonio è riferito al nord, e Caledonia era un antico nome per la Scozia ) (14)
Successivamente la leggenda dice che Atalanta, dopo un intervento di Afrodite, entra in possesso di tre mele d'oro, e tre mele d'oro si ritrovano anche nel racconto di una delle 12 Fatiche di Ercole, quando all'Eroe è ordinato di recarsi nel Giardino delle Esperidi. Si tratta di un luogo misterioso posto all'estremo occidente, al di là del Mare Oceano, in cui Ercole riesce a giungere dopo una serie di avventure che altro non sono che richiami al mito di Atlantide ed a Poseidone, il Dio che ne è patrono.
Le Esperidi inoltre, non casualmente, sono dette essere figlie di Atlante (15) ed anche questo, oltre all'indicazione geografica occidentale, è un altro richiamo all'Atlantide.
Una mela d'oro si ritrova infine nel racconto di Elena o meglio, è la causa del suo rapimento da parte di Paride.
Secondo la leggenda infatti, Eris, sorella di Ares-Marte, rappresentazione della discordia, si reca ad un banchetto nuziale e pone sulla tavola una mela d'oro con inciso la scritta "alla più bella", scatenando così una contesa tra Era-Giunone, Afrodite-Venere ed Atena-Minerva.
Interviene allora Zeus che sceglie, un po' inaspettatamente, Paride come arbitro.
Ermete, accompagnato dalle tre divinità, si reca quindi da Paride che fa il pastore sul Monte Ida, a Troia (16), e gli affida la mela d'oro che dovrà donare a quella tra le Dee, che sceglierà come vincitrice.
Era-Giunone, in cambio della vittoria, gli offe allora il dominio sull'Asia e la ricchezza. Atena-Minerva gli promette la bellezza, la saggezza e la vittoria in ogni contesa. Afrodite-Venere invece gli descrive Elena e la sua insuperabile bellezza, e gli garantisce il suo amore.
Tra dominio e ricchezza, saggezza e amore, Paride sceglie quest'ultimo, e consegna ad Afrodite-Venere la mela d'oro. Era-Giunone ed Atena-Minerva, umiliate, si allontanano meditando tra loro la distruzione di Troia.
Come si vede dunque, la leggenda sembra indicare ancora una volta che la sua vera natura è quella di una rappresentazione, anche se il senso di questa storia, al pari di tanti altri simboli e significati, è andato perduto.
Alcuni riferimenti sembrano però evidenti, ed in particolare il collegamento che esiste tra le mele d'oro raccolte da Atalanta e quelle prese da Ercole.
Se Atalanta è un'immagine della casta guerriera atlantidea, Ercole lo è di quella greca, che deve recarsi all'estremo occidente - ubicazione dell'Atlantide - per prendere ciò che gli Atlantidei avevano tolto ai sacerdoti iperborei o perlomeno Ercole, alla stregua di un deus-ex-machina, ne è il tramite (17).
Queste tre mele d'oro quindi si presentano all'inizio letteralmente come i frutti dell'impresa atlantidea e, visto che vengono strappati ai sacerdoti, non possono che riferirsi a ciò di cui essi sono i depositari, cioè la Conoscenza di ordine superiore, rappresentata in tre aspetti - le tre mele - o più esattamente in tre gradi.
Si tratta di una suddivisione che in realtà non ha nulla di sorprendente, anzi, risulta essere quella tradizionale, e si riferisce ai tre gradi della conoscenza iniziatica.
Questi, a loro volta, corrispondono ai Tre Mondi della tradizione indù (18) che si ritrovano anche nella tradizione medievale - basti pensare alla Divina Commedia - e rappresentano tre stati o modalità dell'essere. Presi assieme - le tre mele d'oro - divengono quindi un'immagine della Conoscenza integrale.
Ad un certo punto le mele da tre divengono una o, meglio, le troviamo collegate alle tre divinità del giudizio di Paride, ed è sicuramente azzardato, visti i mutili, confusi ed intricati elementi di cui oggi disponiamo, definire la corrispondenza tra ciascuna di esse ed i tre gradi della Conoscenza.
Sappiamo comunque il risultato, e cioè che Paride chiede di ricevere quel che viene conservato a Sparta e che viene chiamato Elena.
Ora, se quel che si è detto finora ha un senso, ciò che chiede Paride - immagine della casta guerriera troiana (19) - è ricevere le conoscenze che abbiamo definito di ordine applicativo, appannaggio regale-guerriero, che da Atlantide sono pervenute in Grecia, e di cui Sparta è la depositaria.
Un ulteriore elemento di supporto a questa tesi viene anche da ciò che può essere considerato l'emblema di queste scienze, il cavallo (20) dato il suo stretto collegamento con Poseidone, il Dio del mare fratello di Zeus.
Molto stranamente infatti, pur essendo il Dio del mare, l'animale unanimemente considerato dai Greci sacro a Poseidone è il cavallo, tanto che avevano attribuito a lui l'invenzione delle briglie e delle corse coi cocchi.
In una versione mitica a Poseidone è addirittura attribuita la stessa creazione del cavallo, che avrebbe fatto scaturire dalla terra con un colpo di tridente (21).
Poseidone è a sua volta un'immagine dell'Atlantide, definita da Platone (22) una creazione del Dio, e gli atlantidei una sua progenie. Inoltre è Poseidone a costruire le mura della capitale di Atlantide, e questo fatto crea una comunanza con Troia, le cui mura, secondo i miti, sono anch'esse opera di Poseidone.
A questo riguardo c'è poi da notare anche un'altra singolare somiglianza tra Atlantide e Troia data dalla presenza, in entrambe, di una sorgente di acqua fredda e di una di acqua calda (23).
Molti altri collegamenti si potrebbero fare, in particolare sui Centauri, quegli strani esseri uomo-cavallo che in alcuni episodi sono mostrati come i maestri di Eroi e guerrieri famosi (24), fino ad arrivare al cavallo che in questo contesto è certo il più ragguardevole, quello cioè dello stratagemma di Ulisse e Diomede che pone fine alla guerra.
Nella prospettiva che abbiamo indicato, il cavallo di Troia diviene infatti la rappresentazione delle scienze guerriere atlantidee in possesso degli Achei, che essi fingono di abbandonare mentre fuggono con le navi, ed ha quindi un senso coerente il fatto che i Troiani se ne vogliano impadronire, anche al punto di arrivare a demolire parte delle loro difese, come racconta Omero.
Viceversa, se si vogliono guardare le cose sotto il cosiddetto profilo storico, il richiamo ad un cavallo di legno di enormi proporzioni non ha nulla di comprensibile, anzi, non si capisce proprio perché mai i Troiani avrebbero dovuto impossessarsi di questo feticcio e, soprattutto, portarlo all'interno delle mura della città (25).
Ci sono infine da aggiungere un altro paio di annotazioni, tratte dalla mitologia.
Secondo i miti - ed è una cosa abbastanza poco conosciuta - Elena non viene rapita per la prima volta da Paride. In realtà era già stata rapita in precedenza da Teseo, l'uccisore del Minotauro, e portata nella rocca di Afidna, da dove poi era stata liberata grazie all'intervento dei suoi fratelli Castore e Polluce, i Dioscuri.
Inoltre, in un altro confuso racconto delle fatiche di Ercole, quello del cinto di Ippolita, l'Eroe viene ingannato da Laomedonte - il padre di Priamo - e distrugge Troia assieme ad altri Eroi.
Come mai questi episodi, che raccontano di un analogo rapimento di Elena ed un'analoga distruzione di Troia, non sembrano avere conseguenze di rilievo, e non danno luogo ad un'epica, com'è invece nel caso dell'Iliade?
Evidentemente perché, al di là del mito, venne il momento in cui fu davvero combattuta una guerra epocale, che certo non poteva avere la sua ragion d'essere in un'improbabile love story, per di più contro una città che era appena stata distrutta.
L'epica si impossessò di questa epopea, trasformando i fatti reali - o almeno quelli salienti - in raffigurazioni simboliche, secondo i precisi criteri fissati da una tradizione plurimillenaria.
In questo modo ad ogni livello di comprensione - dal meno evoluto al più sofisticato - ciascuno avrebbe recepito esattamente quel che era alla sua portata, ed i conoscitori del linguaggio simbolico avrebbero sempre potuto sfrondare l'elemento celebrativo per cogliere quello sostanziale che oggi, anche se i significati a volte rimangono oscuri, vale ancora la pena cercare.

NOTE
(1) Secondo K.Kerényi, le Ninfe designavano entità femminili attraverso il cui contatto un uomo giungeva alla completa virilità. Sono collegate ad Ermete.
(2) Dioscuri significa figli di Zeus, ma Omero li considera invece figli del Re Tindareo. Dopo aver compiuto varie imprese Castore viene ucciso, e Polluce ottiene da Zeus di non essere separato dal fratello, per cui entrambi sono di giorno nel regno della luce e di notte in quello delle tenebre. Sono considerate figure protettive .
(3) Le ceneri di Oreste, che una versione dice fossero riposti in un'urna di sette cubiti (circa tre metri), sarebbero poi state inumate in Roma nei pressi del tempio di Saturno, ed annoverate tra i sette pegni divini dell'impero di Roma. Secondo Servio gli altri sei erano rispettivamente la pietra nera, la quadriga di Vejo, lo scettro di Priamo, il velo di Ilione, il Palladio e lo scudo di Marte.
(4) Si pensi alle oche sacre del Campidoglio a Roma, che starnazzando danno l'allarme durante l'assedio dei Galli di Brenno.
(5) R.Guénon "Il Re del Mondo", ed. Adelphi 1985.
(6) Da questo termine, che significa Contrada Suprema, è stato tratto quello analogo di Paradiso. Si noti, per inciso, che nella Divina Commedia Dante colloca il Paradiso Terrestre al culmine della Montagna del Purgatorio.
(7) Dioniso è una rappresentazione di dottrine esoteriche legate a ciò che sono definiti i Grandi Misteri. E' anche chiamato Trigonos, il Tre-volte-nato.
(8) Platone, "Cratilo".
(9) Una simile questione avrebbe certo meritato di essere approfondita dagli studiosi, ma non risulta alcun studio su questo specifico argomento.
(10) Questa pietra si diceva esser stata vomitata da Crono-Saturno. La Pizia o Pitonessa, sacerdotessa di Apollo, seduta sull'omphalos, cadeva invasata dal Dio, di cui dava gli oracoli.
(11) Qualcosa di simile potrebbe ravvisarsi, per gli Ebrei, relativamente alla tribù sacerdotale di Levi ed a quella regale di Giuda.
(12) Si consideri inoltre che Sparta, nonostante la sua organizzazione sociale totalmente guerresca, in realtà non ha mai cercato di usare la sua forza militare per assoggettare il mondo ellenico, ed il suo militarismo sembra piuttosto quello di una città che si considerasse permanentemente sotto assedio. Questo fatto rafforza l'idea della funzione rivestita da Sparta di difesa di un centro, da essa stessa rappresentato.
(13) In ambito tradizionale, il rovesciamento dell'ordine sociale è una conseguenza degenerativa legata allo sviluppo del Ciclo.
(14) Nelle diverse tradizioni, ai primordi la sede dell'Autorità Spirituale è definita nordica-polare. Il trasferimento cui si fa cenno sembra anche testimoniato dal passaggio dell'inizio dell'anno, posto originariamente al Solstizio d'Inverno (nord) e successivamente all'Equinozio di Primavera (ovest), in Marzo, mese dedicato al Dio guerriero Ares-Marte.
(15) Atlante, per aver preso parte alla rivolta dei Titani, fu da Zeus condannato a reggere la volta celeste. Sue figlie sono le Pleiadi e le Esperidi.
(16) A motivo della profezia che chi fosse nato un certo giorno avrebbe provocato la distruzione di Troia, in modo analogo alla Strage degli innocenti, il Re Priamo ordina l'uccisione di tutti i nati, compreso il suo stesso figlio Paride, e ne affida l'incarico al pastore Agelao. Questi però non uccide il bambino ma lo abbandona sul Monte Ida, dove viene allattato da un'orsa (tradizionale simbolo della casta guerriera) .
(17) La complessa figura di Ercole ha molte connotazioni, tra cui primeggia quella eroica di restaurazione di uno stato primordiale andato perduto. Può anche avere valore di archetipo particolare, come in questo caso per la casta regale-guerriera.
(18) I Tre Mondi sono i tre ambiti della Manifestazione, ovvero quella fisica o corporea, quella sottile o psichica, e quella puramente di natura spirituale, informale o sovraindividuale.
(19) Lo stesso può dirsi anche del fratello Ettore. La differenza tra le due rappresentazioni potrebbe riferirsi al fatto che Ettore rappresenti la casta guerriera autoctona, e Paride quella sopravvenuta.
(20) Il cavallo, nonostante la sua importanza nell'ambito guerriero, è stranamente assente dall'affollato zodiaco di animali-immagine più noti (il cinghiale per i sacerdoti, l'ariete per i Re, l'orsa ed il leone per i guerrieri e via di questo passo).
(21) Il tridente è una lancia a tre punte, emblema di Poseidone. E' possibile, per certi versi, stabilire un collegamento tra le tre punte, le tre mele d'oro ed i corrispondenti tre gradi di conoscenza iniziatica.
(22) Platone, Timeo, Crizia.
(23) Determinate caratteristiche morfologiche possono indicare la sacralità di un certo luogo, ed in particolare sembra avere un valore del tutto speciale la contemporanea presenza degli opposti di uno stesso elemento, quale una sorgente calda ed una fredda (o se si vuole una di acqua viva ed una di acqua morta). A questo proposito si pensi alla Palestina ed ai due opposti del Lago di Tiberiade e del Mar Morto, ubicati rispettivamente tra Siria e Sinai, denominazioni a loro volta derivanti dalla radice mesopotamica Sur, Sole, e Syn, Luna.
(24) Il centauro chitone è il maestro di Achille, Enea ed altri tra cui Asclepio-Esculapio, fondatore della medicina.
(25) In realtà, nel racconto, il greco Sinone riesce falsamente a convincere i Troiani che il cavallo era stato fatto grande apposta per impedir loro di portarlo in città perché, se l'avessero fatto, avrebbero dominato su tutta l'Asia e la Grecia.


di Fabio Ragno
raca.15@libero.it