Omero racconta che la leggendaria guerra di Troia fu provocata
dal rapimento di Elena, moglie del re di Sparta Menelao, da parte
di Paride, uno dei cinquanta figli di Priamo, Re di Troia.
Quelli che si occupano di studi omerici, di solito, prendono un
po' tutta la questione dell'Iliade e dell'Odissea in termini abbastanza
poco veritieri dal punto di vista storico.
Nella maggior parte dei casi maneggiano questi racconti come rielaborazioni
poetiche che appartengono all'epica, cioè come racconti che
possiedono uno sfondo di verità storica ma che debbono essere,
per così dire, filtrati se si vuole arrivare alla realtà
dei fatti.
Nel caso della guerra di Troia, una volta ammesso che sia davvero
avvenuta, la sua causa scatenante viene dunque individuata dagli
studiosi moderni - sarebbe meglio dire congetturata - in un conflitto
commerciale per il controllo dei Dardanelli e delle vie di traffico
tra Europa ed Asia Minore. La storia di Elena e del suo rapimento,
senza molto questionarci intorno, viene trattata come una bazzecola
o, se proprio si vuole, come una colorata invenzione di Omero.
Del resto, come si fa a pensare che l'intera Grecia, con tutti i
suoi Re più importanti, potesse combattere una guerra della
durata di dieci anni, bloccando per così tanto tempo ogni
risorsa di quei poveri popoli, solo per riprendere una moglie ch'era
stata rapita ad uno di loro, in epoche in cui il valore sociale
della donna era per di più molto basso?
In effetti è lecito vedere le cose in questo modo, e certo
la questione di una guerra causata dal rapimento di una donna è
fortemente sospetta anche se, a ben guardare, lo è altrettanto
quella del conflitto commerciale, se solo si considera quali potessero
concretamente essere gli effettivi sviluppi dell'economia e dei
traffici all'epoca del conflitto, l'Età del Bronzo.
Quest'ipotesi anzi appare decisamente molto sbrigativa e sembra
obbedire a situazioni e criteri del tutto moderni, e meriterebbe
forse qualche attenzione solo collocando la guerra di Troia un paio
di millenni avanti nel tempo.
Bisogna dunque dire che la questione di Elena, per ragioni obiettive,
ha una prospettiva diversa da quella del rapimento amoroso ma, allo
stesso tempo, anche del conflitto commerciale. Piuttosto, sforzandosi
di vedere le cose il più possibile secondo il valore attribuito
alle allegorie dalla mentalità degli antichi, Elena sembra
semmai una rappresentazione simbolica, che si sviluppa secondo uno
schema abbastanza frequente nell'antichità tradizionale ed
oggi del tutto incompreso.
Questo appare del resto evidente se si esamina un po' da vicino
la leggenda di Elena. La sua nascita risulta infatti abbastanza
misteriosa e dimostra, in modo esplicito, che Elena non può
assolutamente esser considerata una figura di donna, seppure idealizzata.
Secondo alcune versioni Zeus, fingendo d'essere inseguito da un'aquila,
si trasforma in cigno e seduce Nemesi, una Dea Ninfa (1), per bellezza
in tutto simile ad Afrodite-Venere, che a sua volta ha preso le
sembianze di un'oca selvatica.
Nemesi depone un uovo che Ermete - il Dio interprete del volere
divino (ermeneutes) e conduttore delle anime (psicopompos) - pone
a sua volta tra le cosce di Leda, la moglie del Re spartano Tindareo.
Dall'uovo nasce Elena ed anche Castore e Polluce, i famosi Dioscuri
onorati a Sparta e a Roma (2).
Secondo alcuni, da un secondo uovo nasce anche Clitemnestra, colei
che sarebbe diventata la moglie di Agamennone, il futuro comandante
degli Achei nella guerra contro Troia e che lei poi avrebbe ucciso,
per finire quindi uccisa dal suo stesso figlio Oreste (3).
Come si vede dunque, senza possibilità d'equivoco, già
la leggenda di per sé indica che Elena non è propriamente
una donna ma una personificazione collegata a dei riferimenti (gli
animali, la nascita, l'uovo) esplicitamente simbolici e che sottendono
precisi significati, se pure oggi difficili da decifrare.
Arrischiandoci comunque a farlo, si coglie come prima indicazione
la filiazione di Elena dalla Ninfa Nemesi che a sua volta, nel groviglio
delle diverse versioni dei Miti, è detta esser generata da
Oceano e Notte, e che viene definita dal poeta Esiodo "Sciagura
degli uomini".
Il suo significato originario sembra essere quello di una forza
che colpisce chi ha causato dei torti e, nelle epoche posteriori,
assume perciò anche il significato di vendetta o comunque
di una giustizia violenta ed inesorabile. Come figlia della Notte
e dell'Oceano Nemesi va dunque associata all'oscurità, e
pertanto riveste l'aspetto di forza o potenza nascosta. Quando poi
si congiunge con Zeus ha la sembianze dell'oca selvatica, animale
sacro associato alla veglia ed alla vigilanza (4), e possiede
dunque anche questo carattere.
Il cigno in cui si è trasformato Zeus è invece associato
alla luce. L'unione di questi due elementi potrebbe dunque dare
- il condizionale è d'obbligo - l'idea di una forza nascosta
e vigile che venga portata alla luce e vivificata. Chi compie quest'opera
è il Dio Ermete collocando l'uovo nelle cosce di Leda e,
a quest'ultimo riguardo, c'è un'interessante notazione da
fare.
Come ha rilevato René Guénon (5), il termine
greco per coscia è méros, foneticamente uguale al
sanscrito Meru, la Montagna Sacra degli indù, sulla cui cima
si trova il Paradesha (6). Questo richiama molto da vicino,
per motivi certo non casuali, il greco Dioniso (7), che nel
corso delle sue imprese è detto giungere in India e, soprattutto,
è detto essere nato da una coscia di Zeus.
Sembrerebbe insomma esistere una curiosa trasposizione fonetica
per cui, per assonanza dei due termini méros e Meru, colui
che nasce dalla coscia (méros) in realtà è
colui che proviene dalla Montagna Sacra (Meru), ovvero dal luogo
in cui simbolicamente la Terra raggiunge il Cielo ed in cui l'umanità
è a contatto con la Sapienza.
Nel caso di Elena, anch'essa deposta tra le cosce (méros
o Meru) di Leda, esiste dunque un collegamento con la Sapienza di
ordine superiore, e questo risulta indirettamente anche dall'inserimento
nella leggenda dell'elemento uovo, che altro non è se non
l'Uovo del Mondo, immagine simbolica presente pressoché in
tutte le culture e che indica l'embrione di tutti gli elementi.
In altri termini, si potrebbe vedere in Elena la raffigurazione
di una forza nascosta che viene portata alla luce ed umanizzata
o che prende forma di comprensione presso gli uomini.
Evidentemente lo stesso nome Elena deve essere dimostrativo di questo
rapporto dato che, presso i Greci, perlomeno nelle epoche più
antiche, i nomi racchiudevano un significato e non erano dei semplici
appellativi com'è invece ai giorni nostri.
Platone in particolare parla diffusamente in uno dei suoi dialoghi
(8) dei nomi, distinguendo addirittura i nomi usati dagli
Dei da quelli usati dagli uomini (9), ribadendo che i nomi
non nascono per convenzione ma per natura, tanto che imporre i nomi
è un'opera che spetta ai legislatori.
Poste queste premesse Platone spiega i significati di vari nomi,
indicando oltretutto quali concetti vengono espressi da certe consonanti.
Nel caso di Elena, Ελένη,
le due consonanti #955; (lambda) e #957;
(nu) esprimerebbero rispettivamente l'una lo scivolare, e l'altra
ciò che sta internamente o centro interiore.
I due concetti, messi accanto, potrebbero quindi esprimere l'idea
di uno spostamento di un centro.
La lambda inoltre, iniziale di Lacedemone, è l'emblema di
Sparta, tanto che i suoi Re e guerrieri portavano incisa sullo scudo
una grande #923; di colore rosso. In questo caso allora l'interpretazione
del nome Elena diverrebbe Sparta (#955;, lambda) è il centro
(#957;, nu). In entrambe le ipotesi comunque il senso non cambia, anzi,
risulta coincidente, se solo si pensa al significato che aveva l'idea
di centro nelle antiche società tradizionali.
Il centro infatti è qui concepito come l'origine, cioè
il punto di partenza di ogni cosa. In senso figurato, il centro
è simile al mozzo di una ruota attorno al quale tutto gira
e verso il quale, come tanti raggi, tutte le cose confluiscono.
La sua funzione è quella di un cuore pulsante, e questa sua
attività vivificatrice discende dal fatto che in esso è
conservato un elemento di ordine superiore, di natura spirituale,
apportatore di vita.
Né più né meno di come avviene in un corpo,
anche un corpo sociale, un popolo o un'entità umana genericamente
intesa necessita di un centro o, se si preferisce, di un cuore.
Il mondo ellenico, in realtà, era sostanzialmente diviso
in tante polis o città stato indipendenti le une dalle altre,
spesso in guerra o competizione tra loro. Esisteva comunque un centro
spirituale comune che era Delfi in cui si trovava una pietra sacra
di forma ovoidale chiamata omphalos (10).
Accanto ad una comune sede spirituale doveva però esistere,
almeno surrettiziamente, anche la sede di un potere temporale od
un suo simulacro.
Le antiche società tradizionali infatti hanno sovente riconosciuto
al loro interno, dopo una iniziale unità originaria, una
separazione tra la funzione dell'autorità spirituale e quella
del potere temporale.
La prima, riservata alla casta sacerdotale, costituiva l'effettivo
perno sociale, dato che rappresentava il legame con il Cielo. Ne
interpretava la volontà, ed aveva il deposito della Conoscenza
di ordine superiore. Il potere regale invece, riservato ai re-guerrieri,
riceveva la sua investitura e legittimazione da quello, cui era
subordinato.
E' dunque possibile, anzi, secondo l'ordine delle cose, che nell'età
omerica esistesse un centro spirituale ed uno regale-guerriero (11)
e, da questo punto di vista, non si può negare che questa
funzione regale surrettizia competesse a Sparta, se non altro per
la sua assoluta specificità rispetto ad ogni altra città
greca, tale da conferirle una speciale supremazia regale-guerriera
(12).
Se Sparta costituiva essa stessa simulacro regale-guerriero, doveva
esservi un quid particolare che si trovava nelle mani del suo Re,
o comunque di cui lui fosse formalmente il depositario. Perciò,
se questo quid fosse stato rappresentato simbolicamente da una donna,
tale donna non avrebbe potuto che essere indicata come moglie del
Re, ed è appunto questo il caso di Elena, moglie del Re di
Sparta Menelao.
Ora, se si considera Elena personificazione del quid che conferiva
a Sparta una condizione di centralità, diventa abbastanza
consequenziale delinearne le caratteristiche.
In linea di principio, il quid coincide con lo stesso deposito della
conoscenza di ordine superiore o, più esattamente, con il
suo aspetto applicativo, derivante da quello superiore e profondo,
appannaggio dei sacerdoti.
In altri termini, all'autorità spirituale compete il grado
metafisico e integrale della Conoscenza. Al potere regale invece
il grado fisico, quello cioè di diretta e pratica applicazione,
di intervento nel mondo si potrebbe dire, che per sua stessa natura
è limitato e subordinato al primo.
Ora, in numerose tradizioni, da quella greca all'India, il normale
ordine sociale (autorità spirituale, potere temporale, classe
produttiva, classe lavoratrice) è detto venir rovesciato
da una rivolta dei guerrieri che si sostituiscono ai sacerdoti venendo
così ad occupare il centro o creandone uno regale, sostitutivo
di quello spirituale (13).
Nel caso dei Greci vi è una traccia abbastanza diretta di
quest'usurpazione nel racconto mitico della caccia al cinghiale
Calidonio dato che, analogamente a quanto si è detto per
Elena, anche il cinghiale è una rappresentazione - tra l'altro
particolarmente diffusa, che si ritrova sia in ambito nordico-celtico,
sia in India - e precisamente indica la casta sacerdotale.
A questa caccia, ossia alla rivolta, partecipano i migliori guerrieri
del mondo greco tra cui la misteriosa vergine guerriera Atalanta
che, alla fine, sarà colei che riceverà le spoglie
del cinghiale.
Il suo nome evoca molto da vicino la mitica Atlantide, ed indica
come questa regione, posta all'occidente del mondo, avesse assunto
il ruolo di centro dopo il trasferimento laggiù dei residui
della scienza sacerdotale, ossia le spoglie del cinghiale nordico
(Calidonio è riferito al nord, e Caledonia era un antico
nome per la Scozia ) (14)
Successivamente la leggenda dice che Atalanta, dopo un intervento
di Afrodite, entra in possesso di tre mele d'oro, e tre mele d'oro
si ritrovano anche nel racconto di una delle 12 Fatiche di Ercole,
quando all'Eroe è ordinato di recarsi nel Giardino delle
Esperidi. Si tratta di un luogo misterioso posto all'estremo occidente,
al di là del Mare Oceano, in cui Ercole riesce a giungere
dopo una serie di avventure che altro non sono che richiami al mito
di Atlantide ed a Poseidone, il Dio che ne è patrono.
Le Esperidi inoltre, non casualmente, sono dette essere figlie di
Atlante (15) ed anche questo, oltre all'indicazione geografica
occidentale, è un altro richiamo all'Atlantide.
Una mela d'oro si ritrova infine nel racconto di Elena o meglio,
è la causa del suo rapimento da parte di Paride.
Secondo la leggenda infatti, Eris, sorella di Ares-Marte, rappresentazione
della discordia, si reca ad un banchetto nuziale e pone sulla tavola
una mela d'oro con inciso la scritta "alla più bella",
scatenando così una contesa tra Era-Giunone, Afrodite-Venere
ed Atena-Minerva.
Interviene allora Zeus che sceglie, un po' inaspettatamente, Paride
come arbitro.
Ermete, accompagnato dalle tre divinità, si reca quindi da
Paride che fa il pastore sul Monte Ida, a Troia (16), e gli
affida la mela d'oro che dovrà donare a quella tra le Dee,
che sceglierà come vincitrice.
Era-Giunone, in cambio della vittoria, gli offe allora il dominio
sull'Asia e la ricchezza. Atena-Minerva gli promette la bellezza,
la saggezza e la vittoria in ogni contesa. Afrodite-Venere invece
gli descrive Elena e la sua insuperabile bellezza, e gli garantisce
il suo amore.
Tra dominio e ricchezza, saggezza e amore, Paride sceglie quest'ultimo,
e consegna ad Afrodite-Venere la mela d'oro. Era-Giunone ed Atena-Minerva,
umiliate, si allontanano meditando tra loro la distruzione di Troia.
Come si vede dunque, la leggenda sembra indicare ancora una volta
che la sua vera natura è quella di una rappresentazione,
anche se il senso di questa storia, al pari di tanti altri simboli
e significati, è andato perduto.
Alcuni riferimenti sembrano però evidenti, ed in particolare
il collegamento che esiste tra le mele d'oro raccolte da Atalanta
e quelle prese da Ercole.
Se Atalanta è un'immagine della casta guerriera atlantidea,
Ercole lo è di quella greca, che deve recarsi all'estremo
occidente - ubicazione dell'Atlantide - per prendere ciò
che gli Atlantidei avevano tolto ai sacerdoti iperborei o perlomeno
Ercole, alla stregua di un deus-ex-machina, ne è il tramite
(17).
Queste tre mele d'oro quindi si presentano all'inizio letteralmente
come i frutti dell'impresa atlantidea e, visto che vengono strappati
ai sacerdoti, non possono che riferirsi a ciò di cui essi
sono i depositari, cioè la Conoscenza di ordine superiore,
rappresentata in tre aspetti - le tre mele - o più esattamente
in tre gradi.
Si tratta di una suddivisione che in realtà non ha nulla
di sorprendente, anzi, risulta essere quella tradizionale, e si
riferisce ai tre gradi della conoscenza iniziatica.
Questi, a loro volta, corrispondono ai Tre Mondi della tradizione
indù (18) che si ritrovano anche nella tradizione
medievale - basti pensare alla Divina Commedia - e rappresentano
tre stati o modalità dell'essere. Presi assieme - le tre
mele d'oro - divengono quindi un'immagine della Conoscenza integrale.
Ad un certo punto le mele da tre divengono una o, meglio, le troviamo
collegate alle tre divinità del giudizio di Paride, ed è
sicuramente azzardato, visti i mutili, confusi ed intricati elementi
di cui oggi disponiamo, definire la corrispondenza tra ciascuna
di esse ed i tre gradi della Conoscenza.
Sappiamo comunque il risultato, e cioè che Paride chiede
di ricevere quel che viene conservato a Sparta e che viene chiamato
Elena.
Ora, se quel che si è detto finora ha un senso, ciò
che chiede Paride - immagine della casta guerriera troiana (19)
- è ricevere le conoscenze che abbiamo definito di ordine
applicativo, appannaggio regale-guerriero, che da Atlantide sono
pervenute in Grecia, e di cui Sparta è la depositaria.
Un ulteriore elemento di supporto a questa tesi viene anche da ciò
che può essere considerato l'emblema di queste scienze, il
cavallo (20) dato il suo stretto collegamento con Poseidone,
il Dio del mare fratello di Zeus.
Molto stranamente infatti, pur essendo il Dio del mare, l'animale
unanimemente considerato dai Greci sacro a Poseidone è il
cavallo, tanto che avevano attribuito a lui l'invenzione delle briglie
e delle corse coi cocchi.
In una versione mitica a Poseidone è addirittura attribuita
la stessa creazione del cavallo, che avrebbe fatto scaturire dalla
terra con un colpo di tridente (21).
Poseidone è a sua volta un'immagine dell'Atlantide, definita
da Platone (22) una creazione del Dio, e gli atlantidei una
sua progenie. Inoltre è Poseidone a costruire le mura della
capitale di Atlantide, e questo fatto crea una comunanza con Troia,
le cui mura, secondo i miti, sono anch'esse opera di Poseidone.
A questo riguardo c'è poi da notare anche un'altra singolare
somiglianza tra Atlantide e Troia data dalla presenza, in entrambe,
di una sorgente di acqua fredda e di una di acqua calda (23).
Molti altri collegamenti si potrebbero fare, in particolare sui
Centauri, quegli strani esseri uomo-cavallo che in alcuni episodi
sono mostrati come i maestri di Eroi e guerrieri famosi (24),
fino ad arrivare al cavallo che in questo contesto è certo
il più ragguardevole, quello cioè dello stratagemma
di Ulisse e Diomede che pone fine alla guerra.
Nella prospettiva che abbiamo indicato, il cavallo di Troia diviene
infatti la rappresentazione delle scienze guerriere atlantidee in
possesso degli Achei, che essi fingono di abbandonare mentre fuggono
con le navi, ed ha quindi un senso coerente il fatto che i Troiani
se ne vogliano impadronire, anche al punto di arrivare a demolire
parte delle loro difese, come racconta Omero.
Viceversa, se si vogliono guardare le cose sotto il cosiddetto profilo
storico, il richiamo ad un cavallo di legno di enormi proporzioni
non ha nulla di comprensibile, anzi, non si capisce proprio perché
mai i Troiani avrebbero dovuto impossessarsi di questo feticcio
e, soprattutto, portarlo all'interno delle mura della città
(25).
Ci sono infine da aggiungere un altro paio di annotazioni, tratte
dalla mitologia.
Secondo i miti - ed è una cosa abbastanza poco conosciuta
- Elena non viene rapita per la prima volta da Paride. In realtà
era già stata rapita in precedenza da Teseo, l'uccisore del
Minotauro, e portata nella rocca di Afidna, da dove poi era stata
liberata grazie all'intervento dei suoi fratelli Castore e Polluce,
i Dioscuri.
Inoltre, in un altro confuso racconto delle fatiche di Ercole, quello
del cinto di Ippolita, l'Eroe viene ingannato da Laomedonte - il
padre di Priamo - e distrugge Troia assieme ad altri Eroi.
Come mai questi episodi, che raccontano di un analogo rapimento
di Elena ed un'analoga distruzione di Troia, non sembrano avere
conseguenze di rilievo, e non danno luogo ad un'epica, com'è
invece nel caso dell'Iliade?
Evidentemente perché, al di là del mito, venne il
momento in cui fu davvero combattuta una guerra epocale, che certo
non poteva avere la sua ragion d'essere in un'improbabile love story,
per di più contro una città che era appena stata distrutta.
L'epica si impossessò di questa epopea, trasformando i fatti
reali - o almeno quelli salienti - in raffigurazioni simboliche,
secondo i precisi criteri fissati da una tradizione plurimillenaria.
In questo modo ad ogni livello di comprensione - dal meno evoluto
al più sofisticato - ciascuno avrebbe recepito esattamente
quel che era alla sua portata, ed i conoscitori del linguaggio simbolico
avrebbero sempre potuto sfrondare l'elemento celebrativo per cogliere
quello sostanziale che oggi, anche se i significati a volte rimangono
oscuri, vale ancora la pena cercare.
NOTE
(1) Secondo K.Kerényi, le Ninfe designavano entità
femminili attraverso il cui contatto un uomo giungeva alla completa
virilità. Sono collegate ad Ermete.
(2) Dioscuri significa figli di Zeus, ma Omero li considera
invece figli del Re Tindareo. Dopo aver compiuto varie imprese Castore
viene ucciso, e Polluce ottiene da Zeus di non essere separato dal
fratello, per cui entrambi sono di giorno nel regno della luce e
di notte in quello delle tenebre. Sono considerate figure protettive
.
(3) Le ceneri di Oreste, che una versione dice fossero riposti
in un'urna di sette cubiti (circa tre metri), sarebbero poi state
inumate in Roma nei pressi del tempio di Saturno, ed annoverate
tra i sette pegni divini dell'impero di Roma. Secondo Servio gli
altri sei erano rispettivamente la pietra nera, la quadriga di Vejo,
lo scettro di Priamo, il velo di Ilione, il Palladio e lo scudo
di Marte.
(4) Si pensi alle oche sacre del Campidoglio a Roma, che
starnazzando danno l'allarme durante l'assedio dei Galli di Brenno.
(5) R.Guénon "Il Re del Mondo", ed. Adelphi
1985.
(6) Da questo termine, che significa Contrada Suprema, è
stato tratto quello analogo di Paradiso. Si noti, per inciso, che
nella Divina Commedia Dante colloca il Paradiso Terrestre al culmine
della Montagna del Purgatorio.
(7) Dioniso è una rappresentazione di dottrine esoteriche
legate a ciò che sono definiti i Grandi Misteri. E' anche
chiamato Trigonos, il Tre-volte-nato.
(8) Platone, "Cratilo".
(9) Una simile questione avrebbe certo meritato di essere
approfondita dagli studiosi, ma non risulta alcun studio su questo
specifico argomento.
(10) Questa pietra si diceva esser stata vomitata da Crono-Saturno.
La Pizia o Pitonessa, sacerdotessa di Apollo, seduta sull'omphalos,
cadeva invasata dal Dio, di cui dava gli oracoli.
(11) Qualcosa di simile potrebbe ravvisarsi, per gli Ebrei,
relativamente alla tribù sacerdotale di Levi ed a quella
regale di Giuda.
(12) Si consideri inoltre che Sparta, nonostante la sua organizzazione
sociale totalmente guerresca, in realtà non ha mai cercato
di usare la sua forza militare per assoggettare il mondo ellenico,
ed il suo militarismo sembra piuttosto quello di una città
che si considerasse permanentemente sotto assedio. Questo fatto
rafforza l'idea della funzione rivestita da Sparta di difesa di
un centro, da essa stessa rappresentato.
(13) In ambito tradizionale, il rovesciamento dell'ordine
sociale è una conseguenza degenerativa legata allo sviluppo
del Ciclo.
(14) Nelle diverse tradizioni, ai primordi la sede dell'Autorità
Spirituale è definita nordica-polare. Il trasferimento cui
si fa cenno sembra anche testimoniato dal passaggio dell'inizio
dell'anno, posto originariamente al Solstizio d'Inverno (nord) e
successivamente all'Equinozio di Primavera (ovest), in Marzo, mese
dedicato al Dio guerriero Ares-Marte.
(15) Atlante, per aver preso parte alla rivolta dei Titani,
fu da Zeus condannato a reggere la volta celeste. Sue figlie sono
le Pleiadi e le Esperidi.
(16) A motivo della profezia che chi fosse nato un certo
giorno avrebbe provocato la distruzione di Troia, in modo analogo
alla Strage degli innocenti, il Re Priamo ordina l'uccisione di
tutti i nati, compreso il suo stesso figlio Paride, e ne affida
l'incarico al pastore Agelao. Questi però non uccide il bambino
ma lo abbandona sul Monte Ida, dove viene allattato da un'orsa (tradizionale
simbolo della casta guerriera) .
(17) La complessa figura di Ercole ha molte connotazioni,
tra cui primeggia quella eroica di restaurazione di uno stato primordiale
andato perduto. Può anche avere valore di archetipo particolare,
come in questo caso per la casta regale-guerriera.
(18) I Tre Mondi sono i tre ambiti della Manifestazione,
ovvero quella fisica o corporea, quella sottile o psichica, e quella
puramente di natura spirituale, informale o sovraindividuale.
(19) Lo stesso può dirsi anche del fratello Ettore.
La differenza tra le due rappresentazioni potrebbe riferirsi al
fatto che Ettore rappresenti la casta guerriera autoctona, e Paride
quella sopravvenuta.
(20) Il cavallo, nonostante la sua importanza nell'ambito
guerriero, è stranamente assente dall'affollato zodiaco di
animali-immagine più noti (il cinghiale per i sacerdoti,
l'ariete per i Re, l'orsa ed il leone per i guerrieri e via di questo
passo).
(21) Il tridente è una lancia a tre punte, emblema
di Poseidone. E' possibile, per certi versi, stabilire un collegamento
tra le tre punte, le tre mele d'oro ed i corrispondenti tre gradi
di conoscenza iniziatica.
(22) Platone, Timeo, Crizia.
(23) Determinate caratteristiche morfologiche possono indicare
la sacralità di un certo luogo, ed in particolare sembra
avere un valore del tutto speciale la contemporanea presenza degli
opposti di uno stesso elemento, quale una sorgente calda ed una
fredda (o se si vuole una di acqua viva ed una di acqua morta).
A questo proposito si pensi alla Palestina ed ai due opposti del
Lago di Tiberiade e del Mar Morto, ubicati rispettivamente tra Siria
e Sinai, denominazioni a loro volta derivanti dalla radice mesopotamica
Sur, Sole, e Syn, Luna.
(24) Il centauro chitone è il maestro di Achille,
Enea ed altri tra cui Asclepio-Esculapio, fondatore della medicina.
(25) In realtà, nel racconto, il greco Sinone riesce
falsamente a convincere i Troiani che il cavallo era stato fatto
grande apposta per impedir loro di portarlo in città perché,
se l'avessero fatto, avrebbero dominato su tutta l'Asia e la Grecia.
di Fabio Ragno
raca.15@libero.it
di Michael A. Cremo, Richard L. Thompson2. Archeologia Misterica
di Luc Bürgin3. Archeologia dell'impossibile
di Volterri Roberto4. Archeologia eretica
di Luc Bürgin5. Il libro degli antichi misteri
di Reinhard Habeck6. Rennes-le-Château e il mistero dell'abbazia di Carol
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