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30 Luglio 2003 MISTERO
Flavio Barbiero
La misura del tempo, evidenza di un'antica civiltà superiore
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Studiando le civiltà passate ci si trova continuamente di fronte a realizzazioni e conoscenze che risultano inspiegabili in base al livello scientifico e tecnologico di quel tempo e che quindi presuppongono necessariamente l'esistenza di un'antichissima civiltà di livello paragonabile al nostro.
Tanto per citare uno dei numerosi esempi possibili, l'esistenza di carte nautiche, portolani e planisferi medioevali e rinascimentali (Piri Reis, Oroteus Finaeus, Mercatore ecc) con precisioni in longitudine impossibili a quell'epoca e la rappresentazione dell'Antartide quale si presentava alla fine del pleistocene, ha indotto uno scienziato come Hapgood a postulare che sia esistita 8 o più mila anni fa una civiltà in grado di cartografare il mondo intero, con metodi e conoscenze paragonabili a quelli attuali.

Ma non è necessario scomodare conoscenze del passato per trovare prove del genere. Anche cognizioni universalmente in uso nella realtà quotidiana dei nostri giorni denunciano una origine da un'ignota civiltà di livello tecnologico avanzato. Una di queste è l'unità di misura del tempo, il minuto secondo. E' l'unità di misura di impiego più universale, che entra in ogni manifestazione della nostra vita ed è una grandezza fondamentale per la descrizione di un qualsivoglia fenomeno fisico. Nonostante la sua importanza, tuttavia, noi ignoriamo quale sia l'origine ed il significato di questa unità di misura, ereditata dagli antichi senza indicazioni circa l'autore, l'epoca e le ragioni di questa scelta.
Il minuto secondo costituisce una minuscola frazione del giorno (1/86400) ed è quindi evidente che si tratta di una grandezza legata a osservazioni di carattere astronomico, aventi lo scopo di stabilire i criteri per la misura del trascorrere del tempo. Fin da quando l'uomo ha cominciato a porsi questo problema, si è rivolto al moto degli astri, cercando di determinare la relazione esatta che esiste fra la durata del giorno e l'anno solare. E' questo infatti il grande problema che sta alla base di ogni calendario. Il nostro calendario attuale non è certamente il più razionale e tanto meno il più preciso dei calendari che si possano immaginare; tutt'altro: da un punto di vista strutturale è certamente fra i meno logici e funzionali che siano mai stati concepiti, e quanto a precisione lascia alquanto a desiderare, dal momento che sono sufficienti 3.300 anni per accumulare una differenza di 1 giorno.
Varie civiltà del passato hanno fatto calendari assai più razionali e precisi, essendo basati sul ciclo astronomico dei 128 anni, il più preciso che si possa immaginare. Il fatto strano, però, è che esse non possedevano i mezzi tecnologici e matematici per determinare questo ciclo. Esso è stato scoperto, infatti, soltanto nell''800 dall'astronomo Glasenapp, quando il progresso nei mezzi di osservazione ha consentito di misurare la durata dell'anno solare con una precisione fino alla quarta cifra decimale (era ignoto al tempo della riforma gregoriana del calendario).
La lunghezza dell'anno solare (misurata alla quarta cifra decimale) è di 365,2422 giorni. Per mantenere il fasamento fra calendario e anno solare, normalmente si aggiunge un giorno ogni quattro anni. Si ha quindi un anno (detto giuliano) di durata media di 365,25 giorni, che è 0,0078 giorni più lunga di quella reale. Pertanto, dopo 1/0,0078 = 128,205 anni, si ha un eccesso di 1 giorno intero. Sarebbe sufficiente, quindi, saltare un anno bisestile ogni 128 anni per ottenere un calendario perpetuo avente un errore medio annuo rispetto all'anno solare dell'ordine di 1 secondo. (Dovrebbero trascorrere 80.000 anni prima che si accumulasse uno sfasamento pari ad 1 giorno. Il calendario attuale, invece, è basato sul ciclo Liliano, che prevede di saltare 3 anni bisestili ogni 400 anni. Lo scarto medio rispetto all'anno solare risulta 25 volte superiore che nel primo caso).

L'unità naturale di misura del tempo
E' qui che entra in ballo l'unità di misura del tempo. Se volessimo stabilire razionalmente una unità di misura del tempo, la cosa più logica e immediata sarebbe di legarla a queste grandezze. Il procedimento è semplice ed intuitivo:
In un ciclo di 128 anni ci sono esattamente 46751,0016 giorni (=128 x 360 ,2422).
Poiché 1/0,0016=625, in ogni ciclo di 128 anni si ha 1 seicentoventicinquesimo di giorno in più, per cui si avrebbe un'eccedenza di un giorno esatto dopo 625 x 128 = 80.000 anni. In media, quindi, si avrebbe un errore di 1/80.000 giorni ogni anno. Questa grandezza è il candidato naturale ad essere adottata come unità di misura del tempo, dal momento che è anche il massimo comune divisore di entrambi, giorno e anno solari. La chiamerò perciò "unità naturale di misura del tempo", U.
Il suo valore è: U = 0,0000125 giorni solari, per cui 1 giorno contiene esattamente 80.000 U. Pertanto, con un calendario in cui si aggiunga 1 giorno ogni quattro anni, tranne che ogni 128 anni fino al 625.mo, si avrebbe un errore medio annuo nullo in un ciclo di 80.000 anni (tanti quante sono le unità U in un giorno). Altra particolarità notevole di questa unità di misura, U, è che 1 anno ne contiene un numero esattamente uguale al numero dei giorni contenuti in 80.000 anni.
Inoltre il numero 80.000 si presta in modo perfetto per la suddivisione del giorno in unità più piccole, ad esempio in 20 "ore" di 4000 unità U ciascuna. Poiché 80.000 = 10.20^2, viene favorito il sorgere di un sistema di conteggio su base vigesimale, che si rifletterebbe in modo naturale sul calendario, con una suddivisione dell'anno in mesi di 20 giorni ciascuno (+ 5 di resto) e così via.

Il minuto secondo attuale
La praticità di impiego è il requisito primario di una unità di misura. L'unità naturale U, con la conseguente divisione del giorno in 80.000 parti, non è la migliore in assoluto, perché divisibile soltanto per 2 e per 5. L'ideale per un calendario è avere una grandezza divisibile anche per tre. Questo si può ottenere facilmente dividendo l'unità naturale U per 1.08; si ha così una nuova unità di misura del tempo: s = U / 1,08
In un giorno si vengono ad avere quindi 80.000 U x 1,08 = 86.400 secondi (cioè esattamente i secondi attuali), numero che consente una maggior flessibilità di suddivisione, per la misura delle grandezze che ci interessano, quali frazioni di giorno, giorni, settimane, mesi, anni ecc..
Si stabilisce così un ciclo di 86.400 anni, che è l'esatto equivalente del ciclo naturale di 80.000 anni, dove tutte le grandezze caratteristiche di quest'ultimo vengono moltiplicate per 1,08, o se si preferisce multipli o sotto multipli, come 108, 54, 27 ecc.
Così in un ciclo di 128 anni, la differenza fra l'anno medio e l'anno solare risulta di 1,08 secondi; dopo 86400 anni si ha un eccesso di 1,08 giorni e così via per tutte le grandezze caratteristiche del ciclo. I riflessi sulla struttura del calendario e il sistema di conteggio sono notevoli, perché viene favorito l'impiego di un sistema sessagesimale: il giorno viene diviso in due parti di 12 ore, di 60 minuti e ciascuno di 60 secondi, l'anno in 12 mesi di 30 giorni e così via. Per inciso, giova notare che entrambi questi numeri, 80.000 e 86400 e le reciproche relazioni, sono di un'estrema eleganza formale, che li rende oltremodo suggestivi da un punto di vista matematico e numerologico. Infatti:
80.000 = 128 x 625 = 27^7 x 54^4 = 1600 x 50 ecc.
86.400 = 128 x 675 = 27^7 x 33^3 x 52^2 = 1600 x 54;
675 = 625 x 1.08 = 54^4 x 1,08 = 33^3 x 52^2
e così via in un intreccio impressionante.

I numeri sacri delle civiltà antiche
Cosa c'entra tutto questo con le civiltà antiche? Ci si chiederà. C'entra eccome. Chi ha un poca di familiarità con i calendari antichi, con i sistemi numerali e con i numeri sacri ad essi collegati, si sarà già reso conto che nei numeri sopra riportati c'è tutta la scienza matematica e astronomica e la numerologia del mondo antico, sia del vecchio come del nuovo mondo. In due aree nettamente distinte: l'America appartiene all'area dell'unità di misura del tempo naturale, avendo sviluppato un calendario e sistemi di conteggio interamente basati sul numero 20; nel blocco euroasiatico, invece, è prevalso il sistema basato sul minuto secondo attuale, con il conteggio in base sessagesimale, mesi di 30 giorni e così via. Lo stanno a testimoniare un complesso impressionante di numeri tramandatici dagli antichi, molti dei quali tutt'ora in uso.
Per esempio: il 108 e tutti i suoi multipli e sottomultipli (216, 432, 648, 54, 36, 27, 12, ecc.) compaiono in continuazione da un estremo all'altro del continente eurasiatico e nei contesti più disparati. Vengono impiegati ricorrentemente nell'architettura sacra (esempi: Angkor Vat, in Cambogia, ha 54 torri, 108 statue ai lati del viale di accesso; 540 statue di divinità Deva e Asura e così via ; il tempio di Baalbek, in Fenicia, aveva 54 colonne; nella città santa di Lasha, in Tibet, c'erano 108 templi; 108 erano le cappelle del tempio di Padmasambhava e così via); nella letteratura (il re sumero Enlil regalò 108 aromi ad Aadamu; Gudea impiegò 216.000 operai per costruire il tempio a Ningirsu; offriva agli dei 108 diversi tipo di cibo ecc.); nei cicli cosmici di varie mitologie (il ciclo temporale indiano, detto di Manvantara, è di 64.800 anni; il ciclo di Kalga, anch'esso indiano, corrisponde a 4320 milioni di anni; la durata del regno antidiluviano nella mitologia babilonese è di 432.000 anni, quella sumera di 108.000 e così via) ed in una miriade di altri contesti legati alla religione e alla mitologia (i rosari buddista e indù hanno 108 grani; i libri sacri tibetani del Khagiur consistono di 108 volumi; i Rig Veda hanno 10.800 versetti, con 40 sillabe per versetto, per un totale di 432.000 sillabe; il mitico Valhalla delle saghe nordiche aveva 540 porte, da ciascuna delle quali uscivano 800 guerrieri, per un totale di 432.000).
Tutti questi numeri sono legati al ciclo dei 128 anni, tramite le unità di misura del tempo da esso derivate. Come dimostrazione basterà citare una fonte autorevole ed alla portata di tutti, la Bibbia. In Numeri 31, 32-47 si legge:
"Or la preda, cioè quel che rimaneva del bottino fatto da quelli che erano stati alla guerra, consisteva in 675.000 pecore , 72.000 buoi, 61.000 asini e 32.000 persone, ossia donne, che non avevano avuto relazioni carnali con uomini. La metà, cioè la parte di quelli che erano andati alla guerra, fu di 337.500 pecore, delle quali 675 per il tributo all'Eterno; 36.000 bovi, dei quali 72 per il tributo all'Eterno; 30.500 asini, dei quali dei quali 61 per il tributo all'Eterno; e 16.000 persone, delle quali 32 per il tributo all'Eterno…La metà che spettava ai figlioli d'Israele…..fu di 337.500 pecore, 36.000 buoi, 30.500 asini e 16.000 persone. Da questa metà, che spettava ai figlioli di Israele, Mosé prese uno su 50…."
Numeri come 360, 72 e varie combinazioni di essi, sono chiaramente derivati dal calendario solare e li incontriamo continuamente in ogni cultura del mondo. Ma la loro connessione con il ciclo dei 128 anni non è immediatamente evidente. Numeri come 32 e 675 sono invece strettamente associati con il calendario basato sul ciclo astronomico di 128 anni. Anche cifre come il 61, che apparentemente non gli appartengono, sembra che siano funzionali per determinare numeri collegati ad esso.
Per esempio: 30.500+16.000+72+61+50+36+32=46751, e cioè esattamente i giorni contenuti in un ciclo di 128 anni. Semplice coincidenza casuale? Fosse un caso isolato potremmo essere tentati di pensarlo, anche se le probabilità sono estremamente basse; ma abbiamo visto che la presenza di questi numeri è la norma in tutti i contesti più o meno sacri di tutte le civiltà antiche, per cui il caso è da escludersi categoricamente. L'ignoto sacerdote ebreo che ha scritto questi versi, certamente più di duemilacinquecento anni fa, conosceva il calendario basato sul ciclo di 128 anni ed ha voluto utilizzare questo passo come "promemoria"; molto probabilmente, criptate nel testo, ci sono altre informazioni relative a questo calendario ed al suo impiego.
Questo semplice passo della Bibbia, da sempre sotto gli occhi di tutti, costituisce una prova certa che i sacerdoti antichi avevano conoscenze scientifiche di livello superiore a quello che riteniamo proprio del loro periodo e che venivano mantenute rigorosamente segrete, ed è per questo quindi che sono andate perdute. Sono sopravvissute ovunque, però, le tracce certe di queste conoscenze, costituite dai numeri da esse derivati, applicati nei contesti più vari.
Possiamo escludere che queste conoscenze siano state sviluppate autonomamente (e con gli stessi risultati) da tutti i popoli antichi, anche perché non possedevano i mezzi strumentali e matematici per farlo. Per arrivare a queste unità di misura del tempo e a tutte queste grandezze è necessario infatti conoscere la lunghezza dell'anno con una precisione fino alla quarta cifra decimale, e di qui risalire al ciclo dei 128 anni, che in occidente era ancora ignoto ai tempi della riforma gregoriana.

IL CALENDARIO CENTROAMERICANO
Esse, quindi, sono state trasmesse da una qualche civiltà in grado di effettuare osservazioni astronomiche di grande precisione ed effettuare calcoli matematici complessi, che sta all'origine sia delle civiltà euroasiatiche che di quella americane. La connessione con il ciclo dei 128 anni, infatti, è ancora più eclatante e stupefacente nel calendario centroamericano.
Gli Aztechi, i Maya, i Toltechi, e prima di loro gli Olmechi, avevano in comune un calendario che era basato su un anno ausiliario di 260 giorni (che veniva chiamato "Tzolkin" e veniva considerato sacro), diviso in 20 settimane di 13 giorni (e 13 mesi di 20 giorni), che definiva un periodo secolare di 52 anni. L'anno solare era diviso a sua volta in 18 mesi di 20 giorni ciascuno, per un totale di 360 giorni, a cui venivano aggiunti 5 giorni finali che venivano considerati infausti.
Straordinaria importanza veniva attribuita a tutte le combinazioni di numeri risultanti dall'intreccio dell'anno solare (considerato di 360 + 5 giorni) con quello ausiliario di 260 all'interno di un periodo secolare di 52 anni. Per esempio: 365 x 52 = 260 x 73; 360 x 52 = 260 x 72 ; 360 x 13 = 260 x 18 e così via, in un complesso talmente impressionante da far gridare di meraviglia i primi studiosi occidentali che hanno studiato questo calendario.
Questo calendario aveva una importanza fondamentale nelle società centroamericane, perché ne regolava l'esistenza giorno per giorno in modo assolutamente rigido. Esso ha ovviamente esercitato un fascino enorme su generazioni di studiosi, che hanno riempito centinaia di volumi nella sua descrizione. Ma fino ad ora nessuno si è accorto della sua relazione con il ciclo dei 128 anni e perciò nessuno è mai riuscito a spiegare perché e come le popolazioni del Centro America abbiano potuto "inventare" qualcosa di una complicazione e precisione così incredibili.
La sua origine è sempre rimasta avvolta nel mistero. La spiegazione di questo calendario si trova immediatamente se si considera il ciclo dei 128 anni e l'unità di misura del tempo naturale.

Essendo il numero 128 uguale a 2^7 (elevato alla settima potenza), l'adozione di questo ciclo offre la possibilità di concepire intere famiglie di calendari perpetui, tutti con la medesima precisione.
Il procedimento è il seguente:

  • Si considera la lunghezza dell'anno solare di 365 giorni esatti per tutta la durata di un periodo costituito da S = 4n anni (che chiamerò "periodo secolare").
  • Al termine di ogni periodo secolare si aggiungono n giorni
  • Al completamento di un ciclo C = 128n, pari a 32 periodi secolari, non si aggiungono gli n giorni.
Ciascuna famiglia di calendari sarà poi caratterizzata dalla suddivisione in mesi e/o settimane che si vuole attribuire ai 365 giorni dell'anno solare. Per quanto riguarda la suddivisione in mesi ci sono varie possibilità: 12 mesi di 30 giorni ciascuno (più 5 giorni finali); 13 mesi di 28 giorni ciascuno (più 1 giorno), oppure 18 mesi di 20 giorni ciascuno (più 5 giorni finali).
L'elemento determinante per la costruzione di un calendario razionale, però, è la suddivisione in settimane, necessaria per spezzare il mese in periodi più corti. Questa presenta un problema: qualunque sia la durata prescelta per la settimana, non avremo mai un numero intero di settimane in un anno solare (anche scegliendo una settimana di 5 giorni si avrebbe uno sfasamento di 1 giorno ogni 4 anni). Per ovviare a questo inconveniente si può ricorrere all'impiego di un "anno ausiliario", formato da un numero intero e fisso di settimane, e di durata tale che il numero di anni solari e di anni ausiliari in un periodo secolare sia costante.
Per esempio, si può ottenere una famiglia di calendari di questo tipo considerando l'anno solare diviso in 18 mesi di 20 giorni ciascuno, più 1 mese finale di 5 giorni, ed utilizzando una settimana di lunghezza n da 1 a 18 giorni, che si ripete all'infinito, e un anno "ausiliario" di lunghezza pari a 20 settimane.
I parametri caratteristici di questa famiglia di calendari sono sintetizzati nella seguente tabella:


n
durata settimana (giorni)
T = 20 n
durata anno ausiliario (giorni)
S = 4 n
per. secolare (anni solari)
C = 128 n
durata di un ciclo (anni solari)
1 20 4 128
2 40 8 256
3 60 12 384
4 80 16 512
5 100 20 640
6 120 24 768
7 140 28 896
8 160 32 1024
9 180 36 1152
10 200 40 1280
11 220 44 1408
12 240 48 1436
13 260 52 1664
14 280 56 1792
15 300 60 1920
16 320 64 2048
17 340 68 2176
18 360 72 2304

L'anno ausiliario è sempre formato da 20 settimane di n giorni e reciprocamente da n mesi di 20 giorni ciascuno.
Inoltre fra l'anno solare e l'anno ausiliario c'è uno straordinario intreccio di numeri, che può addirittura apparire magico, ma che è dovuto in realtà al fatto che tra loro esistono le seguenti relazioni:

1) 360 x 4n = T x 72
2) 72T + (5x4n) +n = (72+1)T + n = 1461 n = (360 + 5) 4n + n

La formule 2) esprimono il numero di giorni e settimane contenuti in ognuno dei 32 periodi secolari di un ciclo completo (ad eccezione dell'ultimo, che ha una settimana in meno degli altri).
1461 è il numero di giorni contenuti in 4 anni giuliani ((365,25 x 4= 1461) e rappresenta un rapporto ricorrente nei calendari. Si chiama anche "numero sotico", dal nome del "periodo sotico" egizio, che durava appunto 1461 anni.
Il ciclo completo, pari a 128 n anni, contiene (1461x32)-1 = 46751 settimane di n giorni (altro numero caratteristico di questo ciclo, perché è il numero esatto di giorni contenuti in 128 anni).

E' evidente che il calendario centroamericano appartiene alla famiglia di calendari descritti nella tabella e precisamente quello avente una lunghezza della settimana pari a 13 giorni.
Qualsiasi altra durata prescelta per la settimana darebbe luogo ad un calendario del tutto analogo e agli stessi "magici" intrecci di numeri (che sono dovuti alle relazioni delle formule 1) e 2), per cui ci si può domandare se esista una ragione particolare per preferire questa durata. La risposta è senz'altro affermativa. La scelta del 13 non è dovuta a ragioni scaramantiche, ma risponde ad un preciso criterio utilitaristico. Infatti, l'anno ausiliario risultante di 260 giorni è quello che consente meglio di ogni altro di tenere sotto controllo altre grandezze astronomiche, oltre all'anno solare, come per esempio i cicli lunari e i periodi sinodici di Marte e Venere. Per esempio, l'anno sinodico di Marte è di circa 780 giorni, pari a 3 anni ausiliari di 260 giorni (780=260x3). L'anno sinodico di Venere è di circa 584 giorni, pertanto ci sono esattamente 5 anni venusiani in 8 anni di 365 giorni (5 x 384 = 8 x 365). Inoltre, poiché 584x65=260x146=365x104, si stabilisce un ciclo di 104 anni (pari a 2 periodi secolari di 52 anni) in cui anno solare, venusiano e tzolkin formano un intreccio davvero singolare.
E infatti le società centroamericane davano una enorme importanza ai periodi sinodici di Venere e Marte.
Al termine di ogni periodo secolare di 52 anni risultava un ritardo del calendario di 13 giorni (52/4), e cioè proprio una settimana dello tzolkin. Questi, aggiunti ai 5 giorni infausti finali di ogni anno, formavano un mese aggiuntivo di 18 giorni, che chiudeva il periodo secolare all'insegna del terrore e della morte. Era il mese durante il quale, secondo le tradizioni, doveva verificarsi la fine del mondo, e per scongiurarla i sacerdoti aztechi effettuavano in quei giorni delle vere e proprie ecatombi umane. Migliaia di prigionieri venivano sacrificati, mentre la popolazione si chiudeva terrorizzata nelle proprie case. Erano giorni talmente infausti che non venivano mai nominati e neppure conteggiati, come se non esistessero.

L'OROLOGIO ASTRONOMICO PERENNE
Rimane da capire a quale scopo una civiltà avanzata avrebbe dovuto inventare un calendario del genere e come poteva usarlo in modo semplice, alla portata di tutti e non soltanto di una ristretta casta di sapienti. La risposta a questa domanda ci fornisce la conferma che il calendario azteca è stato inventato da una civiltà avanzata non solo da un punto di vista astronomico e matematico, ma anche tecnologico.
L'interesse di questa famiglia di calendari, infatti, non sta tanto nella sua eleganza formale, quanto piuttosto nel fatto che essa è caratterizzata da una settimana di n giorni che "gira" all'infinito ed è un sottomultiplo intero rispetto sia all'anno ausiliario, che al periodo secolare e al ciclo. Ciò consente di realizzare un vero e proprio "orologio" astronomico, valido per l'intera la famiglia, di facile impiego e in grado di conteggiare gli anni indefinitamente, mantenendo lo scarto annuo medio rispetto all'anno solare nell'ordine di 1 secondo.
L'orologio si basa sulle relazioni 1) e 2); la sua realizzazione, pertanto, è pressoché obbligata.
Il meccanismo base consiste in una ruota centrale, che avanza di uno scatto al giorno e compie un giro completo dopo n scatti, cioè una settimana.
All'esterno c'è una ghiera circolare, divisa in 20 parti, lungo la quale si muovono due lancette, una lunga ed una corta. La lancetta lunga conta i giorni e avanza di una unità ad ogni scatto della ruota centrale. La lancetta corta conta le settimane ed avanza di una unità ogniqualvolta la ruota centrale completa un giro.

 Fig. 1

Un giro completo della lancetta lunga rappresenta un mese di 20 giorni.
Un giro completo della lancetta corta rappresenta 20 settimane, cioè 1 anno ausiliario completo (T=20n).
Per le relazioni 1) e 2) si ha che:

  • la lancetta lunga compie 73 giri completi ogni 4 anni di 365 gg. ;
  • la lancetta corta compie 73 giri completi ogni periodo secolare (4n anni di 365 gg)
Al termine del periodo secolare, quindi, le due lancette si vengono a trovare in fase sullo zero, avendo la lancetta lunga effettuato n volte i giri della corta.
A questo punto per rifasare il calendario con l'anno solare bisogna aggiungere n giorni, cioè una settimana. Ciò si ottiene arrestando momentaneamente la lancetta lunga e facendola avanzare soltanto al termine della settimana, assieme alla lancetta corta. Il nuovo periodo secolare inizia perciò con le due lancette in fase sull'1, che diventa il nuovo zero di riferimento.
L'operazione si ripete identica per 31 periodi secolari. Al termine del 32.mo periodo secolare il meccanismo deve provvedere ad azzerare il tutto, senza aggiungere la solita settimana, ed ha inizio un nuovo ciclo di 32 periodi secolari. E così via indefinitamente.

Come si vede, si tratta di un meccanismo molto semplice, ma per farlo funzionare in modo automatico è necessario disporre di "contatori", che tengano il computo dei giri delle lancette e facciano scattare i meccanismi di autoregolazione al momento opportuno. Si vede subito che sono necessari 3 contatori, che effettuino il conteggio rispettivamente di:

  • numero di giri della lancetta lunga (proporzionale agli anni solari)
  • numero di giri della lancetta corta (proporzionale agli anni ausiliari)
  • numero dei periodi secolari trascorsi.

Cominciamo con il contatore dei periodi secolari. Il fatto che 32 = 2^5, suggerisce di utilizzare un contatore binario, costituito da quattro registri in cascata, ognuno in grado di contare fino a 4.

 Fig. 2

che potranno essere posizionati sul quadrante nel seguente modo:

 Fig. 2


Quando il primo registro ha completato il conteggio di 4 unità, il secondo registra 1. Il terzo registro inizia a contare soltanto dopo che il secondo è arrivato a 4 e così via. Poiché il conto finale deve essere 32 periodi secolari di 4n anni ciascuno, il contenuto dei registri sarà, a partire dal più alto:
- 32 S (128n anni) - 8 S (32n anni) - 2S (8n anni) - ½ S (2n anni)
L'ingresso al primo registro è costituito dall'uscita del contatore di giri della lancetta corta (contatore degli anni ausiliari). Un periodo secolare è indicato da 72+1= 8x9 +1 giri; per ragioni di controllo, conviene conteggiare i giri a gruppi di 3, a loro volta raggruppati in gruppi di 9 (3x3), conteggiati infine in due gruppi di 4, ciascuno rappresentante mezzo periodo secolare (2x4x3x3 - il 73.mo giro non viene conteggiato e può servire per predisporre gli automatismi di fine periodo secolare). Questa modalità di conteggio consente all'utilizzatore del calendario di avere il miglior controllo possibile delle durate astronomiche di qualche interesse.
Infine viene il contatore di giri della lancetta lunga, indispensabile perché indica il trascorrere degli anni solari. Dovendo conteggiare 72+1 giri ogni 4 anni, sarà l'esatta replica del precedente e indicherà il trascorrere del tempo di 9 mesi in 9 mesi (mezzo anno).
Il quadrante del contatore, pertanto, sarà propriamente rappresentato nel seguente modo:

 Fig. 4


L'orologio astronomico completo avrà un aspetto grosso modo come quello della figura 5.


 Fig. 5

Il fatto di registrare i periodi secolari in contatori in cascata consente di rappresentare il loro contenuto graficamente mediante cerchi concentrici: il primo cerchio rappresenta il contenuto del registro più alto e quindi dell'intero ciclo calendariale, di 32 periodi secolari, ed è suddiviso in 4 settori di 8 periodi secolari ciascuno. Ogni settore contiene per intero il terzo registro ed è quindi a sua volta suddiviso in 4 settori, ciascuno contenente 2 periodi secolari. Il cerchio più esterno, infine, rappresenta i 64 mezzi periodi secolari che costituiscono l'uscita del primo registro.
Da notare che la scala dei tempi dell'orologio cambia al cambiare di n. Dovrà esserci pertanto un meccanismo che consenta di variare la lunghezza n della settimana, ed il valore impostato dovrà comparire sul quadrante.
L'aspetto finale dell'orologio astronomico, quindi, risulterà quello di fig. 6.

 Fig. 6


La rappresentazione in cerchi concentrici consente di visualizzare altri fenomeni astronomici o astrologici che siano in rapporto costante con la durata dell'anno solare. Per esempio, i mesi lunari, gli anni sinodici di Venere e Marte e così via. All'esterno, poi, si possono rappresentare costellazioni e segni zodiacali e tenere quindi sotto costante controllo anche la precessione.
Questo tipo di calendario, quindi, consente di costruire un orologio astronomico perenne, in grado di controllare in maniera semplice, su di un unico quadrante, praticamente tutte le durate astronomiche di un qualche interesse. Questa anzi sembra l'unica ragione che giustifichi l'invenzione di una famiglia di calendari così complicati come quello descritto e dobbiamo quindi presumere che meccanismi del genere siano stati costruiti e che fossero in possesso di sacerdoti del Centro America.

LA PIETRA DEL SOLE
C'è da osservare che la struttura di un orologio astronomico basato sulla famiglia di calendari ora descritta è praticamente obbligata (a parte varianti stilistiche), per cui se mai dovessimo vedere una sua rappresentazione, dovremmo essere in grado di riconoscerla immediatamente e con certezza. Ed in effetti basta dare un'occhiata alle varie incisioni di calendari ritrovate nel Messico, per rendersi conto che il meccanismo centrale di questo orologio è rappresentato in un gran numero di essi.
La rappresentazione più chiara e completa è quella che si può osservare sulla cosiddetta Piedra del Sol, Pietra del Sole, un grande disco del diametro di circa due metri, scolpito dagli Aztechi a Tenochtitlan nel 1492.

 Fig. 7 - Piedra del Sol

 

Si osserva innanzitutto il fatto che al centro della fascia più esterna, in alto, compare in bella evidenza il numero 13, che stabilisce la scala dei tempi del calendario. Nel mezzo del disco è chiaramente riconoscibile il meccanismo dell'orologio astronomico, con la ruota centrale che conta i giorni della settimana (il sole che gira 13 volte) e due lancette, una lunga e una corta, puntate su una ghiera circolare che rappresenta i 20 giorni del mese. Si riconoscono bene i due contatori dei giri delle lancette, con associati gli indicatori dei semianni solari e dei semiperiodi secolari. Inconfondibili, infine, i 4 registri binari che tengono il conteggio dei periodi secolari di 52 anni.
All'esterno della ghiera dei giorni c'è un primo cerchio, suddiviso in 40 rettangoli, ciascuno rappresentante 5 unità. Vengono definiti quindi 200 periodi che dovrebbero rappresentare i 200 anni sinodici di Marte compresi in 600 anni ausiliari di 260 giorni.
Il cerchio successivo è suddiviso in 8 settori, ciascuno diviso in 10 parti. Tenuto conto che un giro completo rappresenta un ciclo di 1664 anni (32x52), ognuna delle 80 divisioni viene ad avere un valore di 20,8 anni e cioè esattamente 13 anni sinodici di Venere, cifra molto significativa, vista la coincidenza con la "scala" di questo calendario
Nei cerchi successivi sono rappresentati i 32 periodi ed i 64 semiperiodi secolari del ciclo. Interessante è il simbolo che compare periodicamente lungo il cerchio esterno, formato da un rettangolo contenente 5 unità sormontato da 3 "tacche". Sembra logico interpretarlo come la rappresentazione (una sorta di "zoom" sulla scala dei tempi) dei 3x33 mesi lunari e 5 anni di Venere contenuti in 8 anni solari. Tutto combacia.
Non c'è dubbio, quindi, che su questa pietra sia scolpita la rappresentazione di un oggetto meccanico reale, che lo scultore azteca ha riprodotto in maniera fedele, quasi fotografica, al punto che sarebbe facile costruire un orologio astronomico basato sul ciclo dei 128 anni perfettamente funzionante e funzionale, in tutto identico alla rappresentazione della pietra.
Questo orologio costituisce una delle tante prove che si stanno accumulando a favore dell'esistenza di una civiltà molto avanzata, che sarebbe esistita in un lontano passato da qualche parte nel mondo.
Il marchio di Atlantide
La domanda che sorge immediatamente è: "Chi fece questo orologio astronomico e quando?" Una risposta precisa e attendibile potrebbe essere data dalla rappresentazione stessa.
Di solito sugli oggetti del tipo di quello rappresentato c'è una firma, un'etichetta o un marchio che identifica in qualche modo l'autore e/o il paese da cui provengono. Qualcosa del genere potrebbe essere rappresentato nella parte inferiore della "Pietra del Sole", dove è illustrata una scena che non è funzionale nel meccanismo dell'orologio e sembra piuttosto strana.

 Fig. 8

L'interpretazione convenzionale di questa immagine è che rappresenti due "serpenti piumati" che ingoiano due uomini. Ci sono, però, alcuni dettagli in esso che non hanno senso con questa interpretazione. E' evidente che l'artista azteca ha scolpito la pietra osservando direttamente l'orologio meccanico, od una sua riproduzione fedele. Sembra però che non abbia capito cosa fosse rappresentato nel modello da cui stava copiando e, quindi, che abbia introdotto alcune piccole modifiche per ottenere una rappresentazione che avesse senso per lui. Se noi potessimo scoprire che cosa rappresentava veramente il suo modello, avremmo delle indicazioni sull'origine del dispositivo meccanico rappresentato sulla Pietra del Sole.
Possiamo risolvere il problema esaminando l'immagine pezzo per pezzo, cominciando dalle due figure umane. Se le isoliamo dal resto della rappresentazione otteniamo un'immagine chiaramente definita, che ha di per se stessa un senso completo.

 Fig. 9

Essa rappresenta due persone, con alcuni attributi significativi che li caratterizzano come due "dei", o comunque due personaggi di altissimo rango. Gli orecchini, o meglio i piatti auricolari, per esempio, sono un attributo tipico degli "dei" in tutta l'America Centrale (notare che anche il Dio-sole al centro della pietra ha orecchini dello stesso tipo), India, Cina e Sud-est asiatico. Anche il loro "copricapo" è tipico degli "Dei" nelle stesse aree.
Il soggetto è chiaro e coerente e quindi possiamo ritenere, per questa parte, che non sia stata introdotta nessuna modifica significativa dallo scultore, rispetto al suo modello. Eventuali modifiche, quindi, dovrebbero essere state introdotte nella restante parte della rappresentazione.
Esaminando la figura 2, identifichiamo chiaramente una prima possibile modifica nei "copricapi" dei due supposti serpenti. Sembra evidente che nel modello originale dovessero avere una forma simmetrica e che una delle due estremità sia stata leggermente modificata dallo scultore per rappresentare le "narici" dei due mostri. Una seconda ovvia modifica, poi, fu fatta per dar loro degli occhi.
Se ripristiniamo la forma originale dei copricapi e cancelliamo gli occhi dei serpenti, otteniamo un'immagine che dovrebbe essere molto vicina a quella del modello originale

 Fig. 10


La nuova immagine è chiara, coerente ed ha perfettamente senso per noi: invece di due improbabili "serpenti" che ingoiano due teste umane, essa rappresenta due elefanti ben riconoscibili, del tipo indiano, con la proboscide alzata, che fanno da sfondo a due "Dei". Questa era, con tutta probabilità, l'immagine rappresentata nel modello che lo scultore della "Pietra del Sole" stava ricopiando. Era un'immagine, però, che non poteva avere senso per un azteca, il quale non conosceva nulla che assomigliasse ad un elefante. Quindi, egli dovette cambiare alcuni dettagli, in modo da ottenere una rappresentazione che avesse senso per lui.

"Un marchio di fabbrica" costituito da due "dei" con sullo sfondo due elefanti, da dove mai può venire? La prima risposta che viene in mente è dal sud-est asiatico, India o Indocina. La civiltà indiana possedeva conoscenze molto avanzate nel campo dell'astronomia e della matematica ed era in grado di costruire congegni meccanici piuttosto complicati e ha lasciato numeri sacri collegati al ciclo dei 128 anni. Ma non abbiamo prove che fosse in grado di costruire meccanismi del genere, né che avesse mai elaborato un calendario sul tipo di quello centroamericano, basato sull'unità di misura naturale del tempo. Fra l'altro non ci sono prove che abbia mai avuto contatti con l'America.
L'India, però, non è il solo posto dove esistessero nei tempi antichi elefanti del tipo rappresentato nella Pietra del Sole. Un fatto a cui viene data poca pubblicità dagli studiosi è che anche in Sud America esistevano elefanti fino alla fine del Pleistocene, circa 11.500 anni fa. Non si trattava di mammuth, che erano diffusi nel nord America ed in tutta l'Asia e l'Europa. Erano veri e propri elefanti, di aspetto simile a quello indiano, da cui però gli scienziati tengono a distinguerli, chiamandoli col nome di "mastodonti".
Di dove venissero non si sa; sta di fatto che le loro ossa si trovano ovunque, anche in relazione con l'uomo, come nel famoso sito archeologico di Monte Verde, in Cile, i cui occupanti vivevano 12.500 anni fa proprio cacciando il mastodonte. Elefanti e antiche civiltà misteriose fanno del Sud America un candidato più convincente dell'India come luogo d'origine del calendario meccanico azteca. Ma in tal caso la data si sposta a prima della fine del Pleistocene, quando i mastodonti scomparvero dal Sud America. La stessa epoca in cui Platone sostiene esistesse Atlantide. Anche quest'isola, la patria per eccellenza degli "dei", a detta di Platone pullulava di elefanti, al punto che se dovessimo immaginare un "marchio" per l'Atlantide, quello rappresentato dalla Pietra del Sole sarebbe tra i più indicati e suggestivi. L'orologio meccanico riprodotto sulla pietra dall'ignoto scultore azteco era un prodotto di quella civiltà, costruito per misurare i millenni, con materiali in grado di durare per tutto il tempo necessario.
Sarebbe quindi Atlantide la misteriosa e antichissima civiltà che per prima ha misurato la lunghezza dell'anno solare con una precisione della quarta cifra decimale e che ha concepito quelle unità di misura del tempo da cui sono derivati i calendari ed i sistemi numerici di tutto il mondo antico.

di Flavio Barbiero
flbarb@tin.it